Un tempo la cinta muraria della città lambiva proprio il punto di largo mercatello ,e la piazza era quindi completamente fuori dal perimetro difensivo della città .
Quando però incominciarono a sorgere vari insediamenti fuori le mura , sorse anche l ‘ esigenza di dover collegare questi nuovi quartieri con la città in maniera più diretta e funzionale .
il popolo risolse a suo modo il problema con i ” PERTUGI ” cioè varchi non autorizzati , veri e propri buchi nella cinta muraria . in particolare nei pressi di largo mercatiello i popolani avevano praticato un grosso buco nel muraglione per evitare di fare un lungo giro onde entrare in città dalla porta reale o da quella di Costantinopoli.
Nel 1625 il vicerè Antonio de Toledo , duca d ‘ alba , su sollecitazione di Paolo di Sangro , principe di Sansevero , che accolse la petizione dei napoletani e la presentò al vicerè , acconsentì alla trasformazione del “pertigium” in porta , a condizioni che le spese fossero sopportate dalla popolazione locale .La porta fù quindi realizzata e assunse il nome del vicerè ( PORT’ALBA ), ma i napoletani per lungo tempo ( ed ancora oggi di tanto in tanto ), hanno continuato a chiamarla “porta sciuscella ” dal nome dei frutti di carrubo , che sospinti dal vento , dal giardino del vicino convento di san Sebastiano piovevano in strada e venivano raccolti dalla gente del popolo Le “sciuscelle” sono saporiti frutti, ricchi di zucchero, che normalmente erano il pasto di asini e cavalli , in passato erano gustati dai napoletani poveri come “dolce di strada”.
La porta che ora si vede , non è quella originale , in quanto nel 1797 fu ristrutturata e fu posta sopra la statua bronzea di san Gaetano che prima sormontava la demolita Porta Reale
Un tempo alla sommità di Port’Alba vi era un bellissimo affresco realizzato dal grande pittore Mattia Preti di origine calabrese , seguace dell’ancor più celebre Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.
Si trattava di un ‘ opera votiva realizzata in occasione della peste che imperversò a Napoli nel 1656 in cui i personaggi principali della composizione : la vergine , S. Gennaro e S. Gaetano , tra una massa di moribondi colpiti dal morbo implorano in plateali atteggiamenti .
Tale opera purtroppo è andata completamente perduta nel tempo
La Storia di questo affresco e di altre che erano presenti su tutte le porte di Napoli nasconde un’incredibile episodio legato al famoso artista Mattia Preti detto il Cavalier Calabrese , che giunse a Napoli in circostanze quantomeno singolari grazie al suo temperamento animoso e aggressivo.Il pittore era un abile spadaccino dal carattere irruento ed a Roma l’aveva combinata grossa. Aveva infatti sfidato a duello un uomo che , vantandosi di essere il miglior schermitore di Roma aveva apposto vari cartelli in città di sfida verso chiunque volesse metterlo alla prova. Mattia Preti fu l’unico a cogliere la sfida e nel corso del combattimento colmo di ira a causa della tracotanza del suo avversario finì per ferirlo a morte. Inoltre , sempre a Roma dopo una violenta discussione, assassinò un critico d’arte che male aveva giudicato i suoi affreschi in Sant’Andrea della Valle .
Costretto quindi a fuggire inseguito dalle guardie papaline che volevano impiccarlo fuggì nottetempo alla volta di Napoli . Quando finalmente giunse alle porte della nostra città , venne fermato dalle milizie armate napoletane che messe a guardia delle porte impedivano a chiunque di entrare nel regno per motivi di sicurezza . Imperversava infatti a quei tempi la terribile peste mietendo migliaia di morti ed era stato pertanto organizzato un cordone sanitario armato che vietava l’accesso in città a chiunque arrivasse da fuori .Il Mattia Preti era in una situazione tragica , alle sue spalle gli inseguitori e davanti un gendarme ostinato a non lasciarlo passare. Egli era inseguito dalle guardie papali che di li a poco lo avrebbero raggiunto e dinanzi a lui una guardia ostacolava la sua fuga .Egli cercò in tutti i modi di oltrepassare il blocco sanitario . Pregò e supplicò il gendarme di lasciarlo passare invitandolo a chiudere un occhio. Arrivò anche ad offrire del danaro e non ottenendo alcun risultato alla fine arrivò a minacciarlo. Il gendarme ostinato gli puntò l’alabarda sul petto e gli ordinò di allontanarsi Divampò una grossa discussione ed infine dopo l ‘ennesimo alterco non riuscendo ad aggirare in alcun modo il divieto , preso da un insano gesto ,non esitò a sguainare la spada ed uccidere la guardia commettendo un secondo grave delitto . Riuscì quindi a fuggire in città e a nascondersi facendola franca dalle guardie papali che intimoriti dal morbo ben si guardarono di sostare oltre in città ma venne comunque ricercato, ed infine arrestato dalle guardie napoletani che lo portarono prigioniero nelle carceri della Vicaria dove fu condannato alla pena capitale. .Implorò il Vicerè di non condannarlo a morte in quanto valente artista e pittore . Questi una volta informatosi decise di non uccidere un pittore di quel valore e pensò bene di fargli salva la vita al solo patto però di affrescare tutte le otto porte allora presenti in città come ex voto per la scampata peste che nel frattempo per intercessioni di vari santi e della Vergine Maria si era oramai placata.
Il tribunale della vicaria decise così di commutargli la pena : avrebbe dovuto dipingere quadri votivi su tutte le porte della città con scene sacre in segno di ringraziamento per lo scampato pericolo dalla peste . PORT’ALBA – PORTA NOLANA – PORTA CAPUANA – PORTA S. GENNARO . Egli a quel punto fu quindi costretto pur di aver salva la vita , a dipingere tutte le allora esistenti porte della città avendo come elemento comune la Vergine Maria supplicata da vari santi ed i corpi senza vita dei cittadini che, o sullo sfondo, o in basso, sono portati al cimitero oppure sono dilaniati dagli animali .
Di tali affreschi purtroppo non vi è rimasta alcuna traccia tranne quelli ancora visibili ma molto degradati situati sopra l’ arco di Porta S. Gennaro .
Dopo questo episodio invece , il temuto spadaccino , si trasformò nel più mite dei monaci e si trasferì a Malta .