Nel lontano 693 giunsero a Napoli, alcuni carmelitani eremiti provenienti dal Monte Carmelo in Palestina ,sfuggiti ai saraceni , che recavano  con loro una tavola dipinta della Vergine Maria , chiamata ” la bruna del monte Carmelo ” che si dice dipinta da S. Luca in persona . Il  Monte Carmelo in Palestina era il luogo dove  si rifugiarono molti cristiani, subito dopo la morte di Gesù,  per continuare a dedicarsi alla loro devozione  religiosa . Essi  decisero  poi  di costruire proprio su quel monte un santuario dedicato alla Vergine che prese così poi il nome di Vergine del Carmelo o del Carmine.

Quando arrivarono in  Europa , l’Ordine dei frati carmelitani visse inizialmente  un forte momento critico poichè incontrarono una  forte resistenza da parte di altri ordini religiosi. Erano ostacolati e perfino derisi per il loro modo di vestire. L’Ordine era all’epoca guidato  da Simone Stock, ( poi divenuto santo ) uomo di fede e grande devoto alla Madonna al quale si racconta che la Vergine del Carmine sia apparso in sogno il 16 luglio del 1251 per donargli uno scapolare che se indossato garantiva la salvezza dell’anima una volta morti.

Lo scapolare, divenuto in seguito il segno distintivo dell’ordine carmelitano è un grembiule usato dai monaci durante il lavoro per non sporcare la tonaca. Messo sulle scapole, è una parte dell’abito che usano ancora oggi i carmelitani.

Con il tempo i carmelitani hanno pensato di dare ai fedeli laici uno scapolare ridotto con il quale essi possono così partecipare  alla spiritualità del Carmelo e alle grandi grazie ad esso legate, tra le quali il privilegio sabatino ( nella sua bolla chiamata Sabatina, papa Giovanni XXII , al quale la Madonna era apparsa , afferma infatti che chi usa lo scapolare sarà rapidamente liberato dalle pene del Purgatorio il sabato successivo alla sua morte) .

Lo scapolare attuale è una miniatura dell’abito carmelitano ,fatto di due quadratini di tessuto marrone uniti da cordoni, che hanno da una parte l’immagine di Nostra Signora del Carmelo e dall’altra il Cuore di Gesù, o lo stemma dell’Ordine carmelitano. Chi si riveste di questo scapolare passa a far parte della famiglia carmelitana e si consacra alla Madonna.

Ancora oggi è possibile usufruire della Grande Promessa (fatta a S.Simone Stock), ma occorre ricevere lo scapolare da un sacerdote autorizzato, indossarlo sempre e iscriversi nei registri della Confraternita, mentre per ricorrere al Privilegio Sabatino,  è necessario rispettare la castità e recitare delle preghiere che il sacerdote determina nell’atto di consegnare lo Scapolare.

Da oltre sette secoli i fedeli portano ancora oggi  lo Scapolare del Carmine (detto anche abitino) per assicurarsi la protezione di Maria in tutte le necessità della vita e, in particolare, per ottenere, mediante la sua intercessione, la salvezza eterna e una sollecita liberazione dal Purgatorio.

La promessa di queste due grazie dette pure “Privilegi dello Scapolare” sarebbe la stessa  fatta dalla Madonna a S. Simone Stock e a Papa Giovanni XXII.

 

I Carmelitani giunti a Napoli si insediarono laddove prima si trovava un ospizio per i pescatori invalidi , che fu a loro ceduto . Si trattava di una piccola grotta ( cripta sotterranea ) dove i frati iniziarono ad esporre l’immagine della madonna che essi veneravano  .Fu questo il motivo per cui  inizialmente fu  chiamata ” S. maria della Grotticella”.

L’ immagine della Madonna divenne presto oggetto di culto per il popolo ed al quadro nel corso dei secoli vennero attribuite doti taumaturgiche: Federico d’Aragona, ad esempio, ordinò che  il 24 giugno, tutti i malati del regno andassero  al Carmine per implorare la grazia divina per riprendersi dal loro stato di infermità.

 

All’immagine, dato anche il color della pelle della Madonna raffigurata, fu dato il nome di “Vergine Bruna”, in napoletano Mamma bruna  e fu artefice di tanti di quei miracoli o fenomeni inspiegabili  che ancora oggi dinanzi a particolari  episodi di grande meraviglia il napoletano è solito affermare “Madonna (0 mamma) d’ ‘0 Carmene “.

Accadde poi che ai tempi della conquista del regno di Napoli da parte degli Aragonesi  in un’ultima disperata battaglia il povero Corradino ed i suoi compagni una volta sconfitti fossero arrestati, condotti a Napoli e rinchiusi nelle prigioni di Castel dell’Ovo .Il tutto in attesa di un verdetto che una volta giunto fece rabbrividire tutti :  decapitazione !

La sua sorte era stata decisa da papa Clemente IV che considerava gli svevi una propaggine di vipere da estirpare ed eliminare in maniera definitiva.

La mamma Elisabetta temendo  per il giovane figlio , raccolse con se forti quantita’ di oro e pietre preziose e si mise in viaggio verso Napoli con la speranza di arrivare quanto prima possibile  per poter almeno tentare di pagare il riscatto del figlio

Ma la purtroppo la sventurata madre di Corradino , arrivo’  in ritardo a Napoli , quando il figlio era stato, oramai gia’ decapitato.

Il mattino del 29 ottobre 1268, infatti, sul patibolo eretto in Piazza del Mercato, gremita da una folla muta ed angosciata il biondo capo di Corradino cadde sotto la mannaia del boia.

Aveva solo 16 anni . Le sue spoglie non ebbero alcuna onoranza funebre e furono sepolte poco distante dal luogo dell’esecuzione. Solo in seguito la sua salma fu traslata nella chiesa del Carmine.

I carmelitani , con la donazione di Elisabetta ebbero la possibilita’ di ampliare la chiesa e  fabbricare l’attuale chiesa del Carmine . Il terreno per ricostruire e ampliare la chiesa era gia’ stato concesso da Carlo I d’Angio , ma fu poi il figlio , Carlo II , a dare ai frati il permesso definitivo , con l’ autorizzazione a conservare il corpo di Corradino .

L’ obbligo di celebrare la messa perpetua e’ assolto ancor oggi , nel giorno dell’anniversario della morte dell’ ultimo degli Hoenstaufen.

Ancora oggi all’interno della chiesa è conservata l’icona della vergine ( detta ” la bruna ” ) : si tratta di una tavola di forma rettangolare , alta un metro e larga 80 cm. di grande tenerezza dove i volti della Madonna e di suo figlio sono rappresentati in una grande espressione di dolcezza . E’ un quadro di un grandissimo valore per i napoletani in quanto viene considerato capace di grandi miracoli .

Intorno a questa immagine miracolosa della Madonna Bruna , che i napoletani chiamano affettuosamente ” Mamma Schiavona” , ovvero la Vergine del Carmelo si racconta una strana leggenda . Si dice che il dipinto della vergine fu per breve tempo spedita a Roma , ma immediatamente rispedita a Napoli per ordine dello stesso papa , per i .. ..troppi miracoli che aveva fatto …. Insomma per paura di offuscare la gloria di San Pietro fu rimandata a Napoli .
Durante il viaggio di ritorno continuo’ a fare miracoli sanando ciechi , sordi e acciaccati e quando finalmente giunse a Napoli fu ovviamente accolta con grandi onori e feste .
L’ intero popolo di Napoli gli ando’ incontro in una solenne processione , e la scortarono fino al suo ingresso in chiesa .
La Madonna oramai famosa divenne immagine di culto e moltissimi fedeli ,nel tempo vennero a Napoli in processione a visitare la figura della Madonna , da tutto il regno di Sicilia .
Si dice che la fama dell’ immagine di Santa Maria della Bruna e dei suoi miracoli fu talmente grande che lo stesso re Federico d’Aragona volle riunire il 24 giugno del 1500 tutti gli storpi , i ciechi, malati, nella chiesa del Carmine per celebrare i miracoli della Vergine Bruna . Per ospitare tutti questi infermi , i carmelitani costruirono un ospedale temporaneo detto di ” Cola Fiore ” ( i napoletani lo chiamavano ‘ del cavolfiore ‘ ) ed il re volle assistere al miracolo da un apposito palco . Il bello e’ che il miracolo ci fu davvero e tutti i malati furono risanati : esistono copie del processo verbale che fu redatto allora e che furono distribuite ai fedeli .

In ricordo dell apparizione della Madonna a San Simone Stock e della sua promessa ,oggi a Napoli la Madonna viene venerata il 16 luglio,  quando a Napoli si può osservare il simulato  ’incendio del Campanile della chiesa con  una grande festa popolare che si svolge nella piazza . Tutto questo perchè  anticamente , oltre che onorare la ” Mamma Schiavona ” si ricordava , qui’ un fatto d’arme , la battaglia della Goletta. Si costruiva un castello ed intorno ad esso si scatenava una finta battaglia fra i saraceni , difensori della Goletta , ed i cristiani , che finivano per conquistare e bruciare il castelletto . Con l’andar del tempo il castelletto non fu piu’ costruito e si penso’ di fingere l’ incendio del campanile.

 

 

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