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Solo quindici giorni fa, il 19 agosto,del 2025. Tullia Matania,  aveva compiuto la fatidica età di cento anni. Un traguardo quello raggiunto dalla grande artista , che sanciva simbolicamente il percorso di una vita capace di attraversare le passioni, le mutazioni ma anche le disillusioni di un intero secolo denso di passaggi, anche nel campo dell’arte, di cui era stata insieme osservatrice attenta e generosa protagonista.

Un tempo lungo e intenso che si è concluso martedì sera nella sua sempre accogliente casa vomerese, fra via Belvedere e via Aniello Falcone, che Tullia aveva sempre aperto agli amici e a mille iniziative culturali, fra mostre, concerti, presentazioni e conversazioni, nel segno di quei salotti culturali che sin dai primi del ‘900 avevano caratterizzato la sua vita nella neoclassica Villa Lucia sulla  collina napoletana, dove lei era nata nel 1925.

Erede di una incredibile  famiglia in cui l’arte e la cultura erano state sempre al centro degli interessi, Tullia era figlia di Ugo, pittore, disegnatore e grafico pubblicitario de Il Mattino illustrato, ma anche  nipote di nonno Eduardo Matania e di suo figlio Fortunino, anche loro artisti, nonché cugina di Clelia, celebre attrice di teatro e cinema, sul set spesso al fianco di Totò. Una genìa di artisti creativi di cui lei rappresenta l’ultima portabandiera.

Fin dalla sua adolescenza infatti  viveva  e lavorava , negli stessi locali dove  il padre disegnava  copertine e prime pagine di giornali come Il Mattino illustrato dal 1924 al 1947, e poi quelle della Domenica del Corriere e del Corriere dei Piccoli.

Pur esordendo nel campo artistico, come ballerina e musicista, Tullia  al fianco del padre  si è sempre dedicata al disegno e alla pittura, realizzando  fra il 1944 e il 1946 numerosi ritratti di familiari e amici nei luoghi di ricovero, ma anche di militari inglesi e americani di stanza a Palazzo Reale. Ed è questo l’input che la porterà ad abbracciare convinta l’attività di artista visiva, praticata fra pittura e scultura. Come dimostra l’opera «Il Fauno», un bronzo del 1948, presentato alla I Annuale Nazionale d’Arte di Cava de’ Tirreni. A cui fanno seguito alcune personali a Milano, dove si era trasferita con il padre per affiancarlo nella collaborazione con il Corriere della Sera, e dove nel bohémien bar della Jamaica incontrava artisti destinati a diventare famosi come Gianni Dova, Roberto Crippa, Alfredo Chighine e Ibrahim Kodra.

Nella sua lunga e originalissima carriera, iniziata poco più che ventenne, non si è fermata ai soli  colori sulla tela. Famosa per la varietà dei materiali utilizzati, ha messo le mani in ogni tipo di «pasta»: il rame e la cera, il cemento e la sabbia, la carta di giornale, il filo da ricamo, quello di ferroe addirittura fiammiferi e pietra lavica. Mutanti anche i soggetti, nonostante un’attenzione speciale l’abbia sempre riservata alle donne, che ha sempre «raccontato» con dolcezza e rigore.
La sua prima mostra risale al 1950. Da allora ha portato le sue opere,  ma soprattutto il suo pensiero e le sue parole, in giro per l’Italia e il mondo, oltre che nella sua città che sull’arte contemporanea ha molto investito e creduto.

N.B. Una delle sue più belle opere a mio parere si intitola  «Foglie danzanti», figure antropomorfe che evocano l’incessante balletto dell’umanità. Un delicato inno alla vita, che scorre inarrestabile, a volte ruvida e piena di ostacoli, altre liscia e serena, ma sempre degna di essere vissuta. Sta a noi coglierne la poesia e la bellezza.

Affermata ed apprezzata  artista, ha inoltre partecipato alla VII Quadriennale Nazionale d’Arte al Palazzo delle Esposizioni, nel ‘55 e ‘56. Periodo che l’ha vista anche realizzare sedici pannelli monumentali sul tema del lavoro per un palazzo al Rione Carità a Napoli progettato dal marito, l’architetto Raffaello Salvatori. Temi preferiti di questa fase schiettamente figurativa ragazzi di Napoli, madri, operai, studi di animali, indagini nel mondo religioso con quadri eseguiti con tecnica ad olio su cera.

Negli anni ’70 dà poi vita al ciclo delle «Foglie» ad inchiostro su tela e della prima serie dei Marmi (esposta alla Galleria San Vidal di Venezia, al Sagittario di Milano e a Napoli, alla Galleria l’Incontro), frammenti di lastre e scarti di cantiere recuperati.

Nel 1979 fonda poi l’Associazione «Ugo Matania. Libero Centro per le Arti Visive», con la quale organizza mostre, premi, laboratori e corsi di disegno, pittura e scultura nella sua casa-studio in Villa Belvedere.

Negli anni ’90, infine, inizia una nuova fase di ricerca in cui disegno, collage di giornali e scultura in filo di rame si legano nelle installazioni di «Terra Arsa»una mostra multimediale con testi recitati e pannelli figurativi di grande dimensione  allestita  nella Sala Carlo V del Maschio Angioino  e «Victimae Mundi» nella Chiesa di San Francesco delle Monache (di cui il «Gruppo Soccorso» venne poi dato in affido temporaneo all’auditorium dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte.
 
Espressione di un linguaggio polimaterico a cui si dedicherà anche negli anni successivi, fino all’ultima opera, «Sento», realizzata in rame, materiali vari, versi e suoni, completata alcuni mesi fa, ma che non ha fatto in tempo ad esporre.

Nel 2002 ha realizzato la scultura monumentale in ferro e filo di rame: Kabul – reti d’ombra, dal dicembre 2002 in esposizione presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, sua ultima opera è Giordano Bruno del 2003.

Alcune sue opere sono in esposizione permanente: all’Osservatorio Astronomico di Capodimonte in Napoli e all’Istituto di Studi filosofici in Napoli.

Con la sua morte  la grande artista e maestra, ha portato via con se un pezzo di storia della nostra città . La sua figura sarà per sempre un esempio esemplare per generazioni di artisti non solo di Napoli. Tullia fino ai suoi  cento anni portati con lucida grazia e raffinata sapienza è sempre stata un’instancabile sperimentatrice ed  un importante punto di riferimento per conversazioni universali. La sua casa-museo  ha accolto intellettuali, artisti, giornalisti, galleristi ma è stata sempre aperta anche alle persone del popolo, le più diverse. Unico divieto all’accesso: quello alla banalità e alla stupidità. Era lei stessa a porre quest’unico veto.

La sala della sua abitazione al Vomero, è stata per decenni un sicuro  porto di mare ed  un approdo sicuro, per centinaia di artisti votati all’anticonformismo nella vita e nell’arte . Un vero salotto di discussioni intorno all’arte e al pensiero libero concentrato alla costante ricerca della sostanza, mai solo della forma.

Disinteressata ai guadagni materiali, interessata invece alle relazioni umane, ai sentimenti veri e al pensiero che può smuovere le montagne, questa donnaha lasciato  tracce del suo pensiero artistico  in Italia e all’estero con le sue creature esposte da Firenze a Londra.

Con lei spegne con lei una delle voci più innovative dell’Italia contemporanea. Una voce sempre dalla parte delle donne e della libertà.

Senaza la sua presenza a martedì (2 settembre 2025) le notti Napoletane sono un po più sole.

Perdendo Tullia , la nostra città perde la «grande madre» di tutti gli artisti di oggi,

Le sue  opere che si svolgono per un intero secolo tra innovazioni e sperimentazione , rimangono in difesa come alfieri  di tutto il mondo della cultura Napoletana.

Le opere di questa poliedrica artista napoletana che abitano i musei di Napoli sono un armata silenziosa che protegge i Napoletani.

Nel ricordare  Tullia Matania ci piace pubblica un articolo di Katia Golini uscito sulla Gazzetta di Parma il 19 febbraio 2023, nella rubrica «Visioni d’artista» dell’inserto «La Domenica».

Innovare e sperimentare sempre: maestra e «grande madre» Tullia Matania
È la «grande madre» di tutti gli artisti di oggi, Tullia Matania. Bellissima nel suo chignon argentato, avvolta nello scialle candido realizzato con le sue mani. Sempre pronta a ricevere gli amici vecchi e nuovi con un sorriso dolce e sincero. Accogliente, vivace, tiene la porta della casa-museo, dove vive e ancora lavora, aperta a chiunque voglia incontrarla, consapevole di essere un dono in carne ed ossa per chi ha il privilegio di conoscerla.

Da martedì (2 settembre 2025) le notti Napoletane sono un po più sole. Tullia Matania nasceva a Napoli il 19 agosto 1925, la sua opera si snoda tra un immensa capacità accademica del segno e un irrefrenabile voglia di ricerca. Morto un artista non se ne fa un altro, si è più soli, più esposti alle incomprensibile crudeltà che ci circondano. Questo non ci deve rattristare, le opere di Tullia rimangono in difesa come alfieri pronti a difender la propria reggina in questa strana scacchiera nella quale ci troviamo a vivere. Una cosa è certa, ora la memoria di Tullia e la sua Opera sono nelle mani della sua amorevole famiglia e di tutto il mondo della cultura Napoletana, esorto quindi quest’ultimi a sfruttare gli
“alfieri” donatoci da Tullia per continuare a difendere e cullare le notti Napoletane. Le opere che abitano i musei di Napoli sono un armata silenziosa che protegge i Napoletani. E le opere di Tullia devono far parte di questa anarchica armata. Con queste parole saluto Tullia, artista-mamma che sempre occuperà i miei pensieri. Abbraccio forte Gaia, Neri e tutta la famiglia di Tullia».

Napoli, Tullia Matania morta a 100 anni: la sua casa del Vomero era un tempio della cultura
Il ricordo di Brando Pignatelli di Spinazzola: aveva una triplice natura, ovvero pittrice, scultrice e mamma

È morta all’età di 100 anni Tullia Matania, artista poliedrica napoletana e maestra di vita per le tante persone che frequentavano la sua abitazione del Vomero, un vero e proprio tempio della cultura in città.

Tullia Matania è stata un’instancabile sperimentatrice. Figlia di Ugo, famoso illustratore, è stata fino un punto di riferimento per intellettuali, artisti, giornalisti, galleristi, sempre dalla parte delle donne e della libertà.

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