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Se vi recate nella nostra città nella splendida Piazza del Gesù Nuovo verrete subito colpiti  ed attratti dall’omonima chiesa di epoca rinascimentale con il suo bugnato a punta di diamante. Si tratta della facciata dell’antico palazzo Sanseverino e purtroppo anche dell’unica cosa rimasta del palazzo completato nel 1470 da Noviello da San Lucano , un importante architetto  e compositore italiano  attivo principalmente a Napoli che fu  uno dei primi protagonisti dell’architettura rinscimentale al sud.

La chiesa che oggi possiamo ammirare con il suo impianto a croce greca , rappresenta certamente il più significativo esempio di barocco napoletano , ma un tempo era  niente altro che  un bellissimo  Palazzo che apparteneva alla nobile famiglia Sanseverino.

I Gesuiti che nel recente passato è stato un ordine religioso divenuto uno dei più potenti al mondo, una volta venuti in possesso del bene, decisero di trasformare l’intero complesso in una chiesa e alla fine dei lavori del palazzo non rimase nessuna traccia a parte la facciata e il portale rinascimentale in marmo.

Nel suo interno, non tutti lo sano, ma si trova una incredibile pinacoteca all’aperto ad ingresso gratuito. Qui potrete infatti ammirare senza pagare alcun biglietto magnifiche  opere d’arte uniche realizzate da Massimo Stanzione, Aniello Falcone, Luca Giordano, Cosimo Fanzago, Francesco Solimena, Belisario Corenzio , Paolo De Matteis , Giovanni Lanfranco, Giovan Bernardo Azzolino, Fabrizio Santafede, Ludovico Mazzante, lo Spagnoletto (Jusepe De Ribera), Michelangelo Naccherino, Dioniso Lazzari,Gian Lorenzo Bernini, Domenico Antonio Vaccaro e tanti altri artigiani , come intagliatori, scalpellini, ottonari e stuccatori che con la loro maestria hanno contribuito ad accrescere la magnificenza della chiesa.

Ma non  tutti sanno  di un vero e proprio gioiello di questa incredibile  pinacoteca  che si trova in quel cappellone di Sant’Ignazio di Loyola, vero fondatore della Compagnia di Gesù . Esso  fu fatto costruire dal famoso Carlo Gesualdo da Venosa, compositore di madrigali, per conservare nel tempo il suo sepolcro  .

N.B.  Carlo Gesualdo fu famoso perché fu colui che ammazzò la moglie Maria D’Avalos beccata in fragrante adulterio con il suo amante Fabrizio Carafa.

Ci troviamo di frone ad una  cappella straordinaria … basti dire che le due statue del David e Geremia furono eseguite personalmente da Cosimo Fanzago, mentre la  tela raffiguranti la Madonna col Bambino  è di Paolo De Matteis .

 

 

 

 

 

 

 

 

Quelle  raffiguranti  invece Sant’Ignazio in Gloria sono  dello Spagnoletto (Jusepe De Ribera) che in verità concepì per quest’opera tre tele con Storie di Sant’Ignazio  di cui solo due sono rimaste in loco (Sant’Ignazio scrive la Regola della Compagnia di GesùSant’Ignazio in gloria e Papa Paolo III approva la Regola gesuitica.

 

 

 

 

 

 

 

 

Le due tele sono miracolosamente scampate ai feroci bombardamenti del 4 agosto 1943 , quella invece purtroppo andata distrutta (frammentata è oggi conservata nei depositi di Capodimomte )  è stata poi sostituita con una Madonna col Bambino e sant’Anna di ignoto autore di fine Cinquecento, proveniente dalla chiesa napoletana di Sant’Aniello a Caponapoli.

N.B. La  bomba cadde  nella sacrestia adiacente l’altare di Sant’Ignazio e per fortuna non esplose altrimenti avrebbe  definitivamente distrutto tutto.

Come pala d’altare fu utilizzata inizalmente una tela di  Girolamo Imparato  del 1601 sulla Visione di Sant’Ignazio alla Storta, la cui provenienza non è nota. Questa venne poi sostituita in seguito al danneggiamento che riportò dopo il terremoto da una  pala d’altare con la Madonna con i santi Ignazio e Francesco Saverio di  Paolo De Matteis

La coppia di cherubini reggenti la croce al centro del timpano, sono opera di Pietro e Bartolomeo Ghetti

Ai piedi  di questa maestosa cappella giace il corpo di Carlo Gesualdo.

 

Il terremoto del 1688 causò ingenti danni alla chiesa, tra cui agli affreschi di Belisario Corenzio sulla volta del cappellone di Sant’Ignazio e alcune fratture all’altare fanzaghiano, cui necessitò di restauri nel 1693 effettuati dai fratelli Pietro e Bartolomeo Ghetti che  si occuparono  di sistemare anche le sculture del David e Geremia, ( il tutto  finanziato da Don Gesualdo ),  uno tra i massimi compositori del tempo, anch’egli ricordato tramite una lastra commemorativa del 1705 posta ai piedi dell’altare.

I potenti Gesuiti ,sempre vicinissimo ai sovrani della nostra città,  avevano avuto in concessione da Francesco I di Borbone l’antico monastero di San Sebastiano ed essi vi fondarono in quel luogo due istituti di istruzione che ebbero un gran successo tra la nobilta’ napoletana , il cui ingresso principale si trovava alle spalle di largo mercatello , cioe’ nella stretta via San Sebastiano . Questa ricca nobilta’ ben presto pero’ reclamo’ un ingresso piu’ largo e spazioso che consentisse alle loro carrozze che accompagnavano i figli una maggiore facilita’ di manovra, e fu cosi’ che il portone fu aperto dal lato opposto dell ‘ edificio , al centro del colonnato della piazza.

CURIOSITA’: Il collegio che istituirono in sede i gesuiti fu immediatamente dotato di rendite in quanto poteva contare su diversi benefattori . Esso reso bellissimo dai gesuiti divenne l’istituto di scelta per l’educazione dei giovani di nascita aristocratica e alto borghese. L’istituto divenne  quindi fin da primo momento un importante luogo di formazione per i giovani rampolli della nobiltà napoletana . Esso era considerato una vera e propria università per i giovani di nascita aristocratica e alto borghese ed i gesuiti vennero in città  considerati i veri specialisti per l’educazione e la formazione della nuova classe dirigente.

Ovviamente quando parliamo di Gesuiti, non possiamo che pensare per prima cosa al fondatore di quest’ordine religioso che ebbe all’epoca   grande rilievo presso il papato e le varie dinastie monarchiche compresa quella vicereale e borbonica della nostra città.

Egli ancora oggi , a distanza di tanti anni , resta famoso nel mondo cattolico per i suoi ESERCIZI SPIRITUALI  da lui scritti ed a noi tramandati  nel tentativo di ritrovare nel momento del bisogno noi stessi per distaccarci dalle cose cattive e ingannevoli del mondo e al contempo capire cosa Dio si aspetta da noi per fare qualcosa  di buono nella vita.

Tramite essi possiamo forse superare quegli  ostacoli  più difficili che una persona è chiamata a superare durante la vita: cambiare, mutare, rinnovarsi.

D’altronde nessun uomo può riuscire a conquistare la pace interiore e affrontare il difficile cammino della vita inventandosi ogni cosa da solo. Ogni uomo solitamente progredisce o regredisce imitando l’esempio positivo o negativo di altri uomini.

Secondo Ignazio di Loyola tutto questo possiamo invece trovarlo in un solo uomo  : nell’uomo-Dio, Gesù di Nazareth. È quindi Gesù che, conclusivamente, Ignazio propone come esempio da imitare fino a poter dire con san Paolo «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».

 Sono belle parole e bei pensieri che hanno del meravigioso sopratutto se pensiamo che ad averle dette ed elaborato è stato un uomo che abbandonata la carriera milititare fatta di battaglie e  sangue , si è poi convertito alla fede cristiana , fondando alla fine la più potente compagnia religiosa di tutti i tempi.

 

Íñigo López de Loyola, più noto come Ignazio di Loyola, nacque nella  casatorre di Loyola ( compensorio municilale di Azpeita ) nella provincia basca di Guipuzcoa  il 23 ottobre 1491; egli era il minore della numerosa famiglia di tredici figli, otto maschi e cinque femmine,

Il padre era stato soldato al servizio di Enrico IV e per  la sua fedeltà alla corona ricevette  dal re, la  nomina di  proprio vassallo con relativi  antichi privilegi concessi alla sua famiglia tra i  quali  una rendita annuale e il diritto di patronato sulla parrocchia di  Azpeita.

Il suo fratello primogenito cadde in battaglia a Napoli  combattendo contro le truppe di Carlo VIII di Francia e mentre altri suoi fratelli scelsero,  come il padre la vita militare, egli fu  l’unico invece ad intraprendere la carriera ecclesiastica, esercitando il sacerdozio nella parrocchia di Azpeitia, patrocinata dalla sua stessa famiglia.

Rimasto orfano dei genitori, nel 1506 venne mandato nella città di Arévalo, alla corte del ministro delle finanze del re Fernando il Cattolico, Giovanni Velázquez de Cuéllar per ricevere un’educazione cavalleresca e religiosa.  In casa del Velázquez dove egli rimase per undici anni, fino al 1517, trascorrendo una vita agiata, dedita ai banchetti, alla musica, alla lettura di romanzi cavallereschi e alla composizione poetica , egli  ebbe modo di conoscere i grandi del Regno.

Con la morte del re Ferdinando la situazione della famiglia Velazquez precipitò in breve tempo. Vennero infatti sottratte alla facoltosa famiglia numerose proprietà che portarono la stessa a cadere in disgrazia .

A ventisei anni quindi  Íñigo  abbandonò la famiglia Velazquez, ormai caduta in disgrazia – fatto che peraltro lo turbò notevolmente dato l’affetto che lo legava al suo patrono .

Da quel momento egli  alla corte del vicerè Navarra, come cavaliere della Corte Reale di Spagna , divenne un condottiero armato protagonista di alcune famose battaglie compresa quella dell’assedio di Pamplona dove durante i bombardamenti subiti, un tiro colpì in pieno la gamba destra  rompendogliela in più parti…

Dopo l’assedio durato sei ore, i  francesi, e particolarmente il generale nemico, che aveva già precedentemente manifestato stima nei confronti dell’avversario, gli risparmiò la vita e ordinò che se ne prendessero cura, Subì allora  due operazioni a cui fece seguito  una lunga convalescenza che lo costrinse a mettere ordine nella sua vita  e con un nuovo sguardo, percorrere strade nuove.

Dopo quindici giorni di degenza a Pamplona, Íñigo venne trasportato in barella alla casa paterna. Il suo stato era grave e più volte si temette per la sua vita. Solo dopo dolorose sofferenze egli fortunatamente poté ristabilirsi pur non potendosi reggere bene sulla gamba, a causa della quale rimase zoppicante per il resto della vita.

Durante il suo periodo di degenza cominciò pian piano a dedicarsi alla preghiera, alla lettura di testi sacri, alla meditazione, scrivendo alcuni appunti che in seguito avrebbero dato vita ai suoi Esercizi spirituali.

Una  volta ristabilito, decise di partire pellegrino per i santuari mariani della Spagna, con una particolare sosta presso il celebre santuario di  Montserrat  dove, durante una vera e propria veglia militare dedicata alla Madonna, come un antico cavaliere, appese i suoi paramenti militari davanti a un’immagine della Vergine Maria  e da lì, entrò nel monastero di  Manresa in Catalogna, assumenndo il nome di  Ignazio,

A Manresa Ignazio praticò un severo ascetismo che causò un indebolimento del suo fisico e dello spirito tanto da pensare al suicidio. In questo periodo di penitenze, digiuni e rimorsi per la vita passata, Ignazio ricevette una “grande illuminazione” presso il fiume Cardoner:

«Camminando così assorto nelle sue devozioni, si sedette un momento, rivolto verso l’acqua che scorreva in basso, e, stando lì seduto, cominciarono ad aprirglisi gli occhi dell’intelletto. Non già che avesse una visione, ma capì e conobbe molte cose della vita spirituale, della fede e delle lettere, con una tale luce che tutte le cose gli apparivano nuove.
Nel 1523 decise di  imbarcarsi per Gerusalemme, dove visitò i luoghi santi  al fine  di operare per la conversione degli infedeli in Oriente. Ma presto dovette bbandonare questo progetto per il divieto di soggiorno impostogli dai frati francescani   dalla Custodia della Terra Santa.

Tornato in Spagna abbracciò il sacerdozio e riprese   gli studi dapprima a Barcellona e poi presso l’Università di Alcalà dove, per il suo misticismo, fu sospettato di essere un alumbrado  e  tenuto in carcere dall’Inquisizione per quarantadue giorni.

Si trasferì quindi a Salamanca e poi, per completare la sua formazione a Parigi , dove si scrisse all’Università  che frequento per lunghui   sette anni, ampliando la sua cultura letteraria e teologica, e cercando di interessare gli altri studenti ai suoi “Esercizi spirituali”.

In questo periodo progettò di fondare un nuovo ordine religioso che «non si dedicasse, come gli altri alla preghiera e alla santificazione dei suoi componenti, ma, libero da ogni impaccio di regole claustrali, esercitasse praticamente il cristianesimo, servendo ai grandi scopi della Chiesa»

Il  15 agosto del 1534 Ignazio e altri sei studenti  si incontrarono a Montmartre  a Parigi  a  legandosi reciprocamente con un voto di povertà, castità e obbedienza,  fondaron o un ordine a carattere internazionale chiamato con un termine d’origine militare, la COMPAGNIA DI GESU’.  Esso aveva lo scopo di eseguire lavoro missionario e di ospitalità a Gerusalemme   o andare incondizionatamente in qualsiasi luogo che  il Papa  avesse ordinato loro. Compare in quest’occasione, sia pure marginalmente, un quarto voto che si aggiunge ai soliti tre monacali: quello della assoluta obbedienza al papa che richiama il valore militare della disciplina.

N.B, Ad Ignazio si racconta che  apparve proprio Dio in persona che gli chiese di accompagnare Cristo sulla via del Calvario. Allora Ignazio decise di creare una famiglia religiosa che aiutasse Gesù, la Compagnia di Gesù, perché formata da veri “compagni” di Gesù, i “gesuiti”.

Nel 1537 Ignazio e i suoi seguaci si recarono in Italia per ottenere l’approvazione papale per il loro ordine religioso . Il papa Paolo III  li lodò e consentì loro di ricevere l’ordinazione sacerdotale, che poi confermò con una  bolla papale

Ignazio, venne ovviamente  eletto come primo prepostto generale della Compagnia di Gesù e come prima cosa che fece,  inviò i suoi compagni come missionari in giro per tutto il mondo per creare scuole, istituti, collegi e seminari, penetrando attraverso la predica, la confessione e l’istruzione in tutti gli strati sociali. Spesso i sovrani dell’epoca ebbero come confessori e padri spirituali i padri gesuiti che ebbero modo così di influire sulle condotte politiche dei governi

CURIOSITA’: Nel 1548 Ignazio fondò a messina il primo Collegio dei Gesuiti  al mondo, il famoso Primum ac Prototypum Collegium ovvero Messanense Collegium Prototypum Societatis, prototipo di tutti gli altri collegi di insegnamento che i gesuiti fonderanno con successo nel mondo facendo dell’insegnamento la marca distintiva dell’ordine

Ignazio scrisse le Costituzioni gesuite, adottate nel 1554, che creavano un’organizzazione monarchica e spingevano per un’abnegazione e un’obbedienza assoluta al Papa  e ai superiori( perinde ac cadaver) “[lasciati guidare] come un cadavere” scrisse Ignazio). La regola di Ignazio diventò il motto non ufficiale dei gesuiti: Ad maoiorem Dei gloriam.

 

N.B. I gesuiti hanno dato un apporto determinante al successo della Controriforma che poteva ora opporsi alla germanicità della Riforma contando tramite lo zelo dei Gesuiti, che diverranno i custodi della dottrina, sulla spagnolizzazione della Chiesa cattolica.

Ignazio soffriva di una acuta colecistopatia.  La sera del 30 luglio del 1556 sentì prossima la morte e chiese i conforti religiosi e la benedizione del Papa, ma il suo segretario rimandò la soddisfazione del suo desiderio al mattino dopo, cosicché Ignazio morì, senza ricevere l’unzione degli infermi, la mattina del 31 luglio. Venne sepolto il 1º agosto nella chiesa di Santa Maria della Strada a Roma.

Venne canonizzato il 12 marzo 1622, mentre  Il 23 luglio 1637 il suo corpo fu collocato in un’urna di bronzo dorato, nella Cappella di Sant’Ignazio della Chiesa del Gesù   in Roma. La statua del Santo, in argento, è realizzata da Pierre Legros . La festa religiosa viene celebrata il 31 luglio, giorno della sua morte.

La Compagnia di Gesù, come vi abbiamo prima sottolineato era all’epoca l’ordine religioso che divenne uno dei più potenti del mondo   e questo valeva ovviamente anche nella nostra città . Essi protetti da Domenico Cattaneo , principe di San Nicandro, gestivano in epoca borbonica  la quasi  totalità delle scuole e dei collegi, ( oltre a  chiese e  biblioteche ), possedevano inoltre molte proprietà e varie terre. Erano quindi questo un ordine religioso enormemente ricco ma anche  molto potente in quanto capace di influenzare con la loro posizione acquisita a cortei   vari esponenti delll’aristocrazia locale e gli stessi regnanti al solo fine di ottenre quanti più vantaggi personali  da un punto di vista economico .

Il Tanucci che aveva ereditato una disastrosa situazione economica e giuridica di preoccupante degrado lasciata loro da duecento anni di vicereame spagnolo aggravata ulteriormente dalla breve ma negativa gestione austriaca , incominciò daal’alto della sua intelligenza a guradre con un certo interesse i beni dei Gesuiti per ripagare buona parte dei problemi economica del regno.

Esistevano in quel periodo, radicati nel Regno secolari privilegi feudali della nobiltà e del clero ai quali si erano aggiunti quelli dei Togati , cioè di magistrati , avvocati e giudici che sotto i vicerè e gli austriaci avevano amministrato la giustizia , in assenza di codici ,  a modo loro , applicando , interpretando e invocando leggi scritte ( o addirittura non scritte )  in maniera molto confuse .Tutto questo portò a far assumere loro un notevole potere nel regno seguito da un altrettanto  successo economico. Gli aristocratici  godevano infatti del privilegio di non pagare tasse se non quella sulla successione ( sul popolo invece  gravavano tasse di ogni genere ) .

In conseguenza di tutto questo , Tanucci si trovò di fronte ad un sistema fiscale il cui lo stato garantiva le proprie entrate attraverso i soli ricavi provenienti dalla vendita di beni e uffici pubblici  il cui sistema di riscossione era gestito da privati a cui era concesso l’ appalto . Questi erano solitamente gestiti da nobili aristocratici ” raccomandati ” a cui era concesso ” il favore ” ( ogni mondo è paese ) .Gli aristocratici che si erano ” accapparati ” questo servizio , ignorando qualsiasi principio di equità fiscale , tartassavano il popolo con gabelle di ogni  genere , creando in tal modo un regime fiscale in cui paradossalmente pagava di più chi aveva meno.

Tanucci tentò di mettere ordine a questo caos ma cozzò subito  contro un invalicabile muro che finì per fargli ottenere in un primo momento  solo pochi risultati : il primo ad contrastarlo fu il principe di San Nicandro che come tutti sanno godeva all’epoca dei favori del re e vantava un grosso credito nei confronti dello stato borbonico .

CURIOSITA’: Per capire l’ importanza a corte basta del principe di San Nicandro, basta solo pensare che al tempo di Carlo di Borbone  venne inviato come ambasciatore in Spagna, alla corte di Filippo V  ed in quel luogo  poco tempo dopo gli venne conferita la massima onorificenza del  il titolo di “grande di Spagna”. Nel 1759, quando re Carlo salì al trono spagnolo, il principe , che era precettore del piccolo Ferdinando IV, entrò addirittura a far parte del Consiglio di reggenza.

Il Principe di San Nicandro, fu quindi uno dei più accaniti nemici ed  oppositori del Tanucci nel consiglio di reggenza . Egli appoggiato dalla regina Amalia e dai gesuiti  guidava una sorta di piccolo partito a cui aderivano vari esponenti dell’aristocrazia tradizionale che detenevano il monopolio finanziario a Napoli . Essi sfruttando la propria posizione acquisita a corte cercavano di ottenere quanti più possibili vantaggi personali  da un punto di vista economico  e sopratutto  ottenere potere e  influenza sul re .

Per Tanucci non era quindi  combattere contro un avversario così potente e sopratutto così protetto da regina e autorità ecclesiastiche . Ogni volta che vi era  consiglio, egli trovava puntuale ,  ferma e decisa  la sua opposizione ad ogni decreto proposto contro i privilegi dell’alta  aristocrazia ma sopratutto contro quelli della chiesa ( come per esempio  l’opposizione alla prammatica, emanata dalla stessa Camera di S. Chiara, che obbligava i possessori dei beni ecclesiastici a destinare un terzo dei loro redditi ad elemosine: in questo caso trovò  un’opposizione tanto efficace da far revocare il provvedimento).

Ma Tanucci nonostante le difficoltà presenti, continuò la sua politica  anti-clericale,  impegnandosi   molto per affermare lo stato laico sulla chiesa che tentava continuamente di comprimere il potere statale . Inizialmente tentò di mettere in atto due  normative che   ottennero comunque  solo pochi risultati : la prima  fu la tassazione dei beni ecclesiastici , mentre la  secondafu  l’istituzione di un catasto detto onciario  con il quale  si introduceva un’imposta reale sulle proprietà fondiarie,  che finì però poi per mantenere le esenzioni per i beni feudali ed ecclesiastici: questa ” piccola ” variante alla norma fu introdotta nel catasto per le forti pressioni di nobili e clero, intaccati nei loro privilegi dal rendiconto introdotto nel provvedimento. In questo modo il  tentato progetto di alleviare il carico fiscale dei ceti umili non sortì l’effetto sperato.

Ma grazie alla sua tenacia,nella seconda metà del settecento le cose incominciarono a cambiare ( 1767 ) . Il Tanucci  nella sua politica anti -clericale, nonostante la forte opposizione fatta da  principe di San Nicandro , che  godeva dei favori del re e vantava un grosso credito nei confronti dello stato borbonico , iniziò  una rigorosa politica riformatrice che portò all’espulsione dei potenti gesuiti dal regno e alla confisca  dei loro beni, corrispondenti a soldi , terreni e immobili con i quali il Tanucci rimise in sesto le finanze dello regno.

Curiosita’: L’espulsione dal Regno dei Gesuiti e  la confisca del loro patrimonio economico e terriero (nella sola Sicilia si trattava di 40.000 ettari di terreni coltivati in vario modo) , influenzò molto la politica del Tanucci. Su consiglio di Antonio Genovesi (economista di grande prestigio dell’università napoletana) egli scelse  riguardo ai beni immobili agricoli, di non acquisirli al regio demanio ma di parcellizzarli e concederli in uso ai contadini. Questa fu una grande riforma e vista l’enormità dei beni gesuitici in Sicilia ebbe sopratutto nell’isola un peso notevolissimo.

N.B. Tutte le entrate dei vari episcopati a abbazie affluirono alla corona, conventi e monasteri superflui vennero soppressi, le decime abolite e nuove acquisizioni di proprietà da parte delle istituzioni ecclesiastiche tramite la manomorta  vietate.

CURIOSITA’ : Il termine manomorta indica il patrimonio immobiliare degli enti, civili o ecclesiastici, la cui esistenza è perpetua. Tali beni, solitamente fondiari, erano inalienabili (cioè non trasmissibili ad altri) secondo un vecchio istituto giuridico di origine addirittura longobarda . . Essi, perciò, riducevano la capacità impositiva dello stato perché non davano luogo né al pagamento di imposte sulla vendita né a imposte di successione. Il termine giuridico trae origine dal  francese antico main morte per indicare una forma di possesso rigida come quella della mano di un morto che non lascia più la presa perché contratta dalla rigidità cadaverica.

Tanucci fece arrestare quasi seimila gesuiti. E, dopo averli imbarcati a Pozzuoli su delle imbarcazioni sgangherate, li spedì  seguendo l’esempio di Carlo III nel porto di  Civitavecchia . Papa  Clemente XIII  permise ai profughi di sbarcare e assegnò loro un piccolo sostegno, bastante a non farli morire di fame e trascorrere  in miseria il resto della loro esistenza.

Ma la battaglia contro i diritti clericali da parte del Tanucci non finiva quì . Egli infatti abolì la famosa chinea , cioè il tributo annuale che i re di Napoli versavano al papa come segno del loro  vassallaggio presente  sin dal tempo di Carlo d’Angiò e decretò che  la pubblicazione delle bolle papali necessitavano sotto il suo governo della previa autorizzazione reale (il cosiddetto exequatur) aggiungendo che da quel momento in poi  le concessioni non si considerarono più eterne.  Le nomine vescovili nel Regno avvenivano per  mano del sovrano ( era lui a raccomandare il nome ). Gli appelli a Roma vennero in generali  proibiti  e possibili talvolta solo con  l’assenso del re.  il matrimonio venne sottratto alla chiesa e dichiarato un contratto civile.

Vennero inoltre sottratti ai Gesuiti inoltre la quasi  totalità delle scuole e dei collegi( oltre a  chiese e  biblioteche ) che essi gestivano mantenendo in tal modo il monopolio culturale dei nuovi giovani .  L’istruzione  dei giovani napoletani era sempre stata fino ad allora in città una  pecularietà dei Gesuiti  e la  loro chiusura  implicò quindi  che decine di migliaia di studenti si trovassero di colpo senza scuole e senza professori.

N.B.L’ ‘istruzione dei giovani napoletani era  nelle  mani dei Gesuiti.

La loro espulsione  portò  di conseguenza  finalmente all’istituzione di una scuola pubblica .Lo Stato borbonico , si appropriò delle strutture ma stavolta  non delegò l’insegnamento ad altri ordini religiosi e al contrario creò un corpo docente costituito da laici che potevano accedere all’insegnamento solo per concorso e senza conflitto d’interesse ( in tal modo  un canonico ad esempio, anche se preparato non poteva contemporaneamente ricoprire l’incarico di insegnante e di canonico ). Si crearono inoltre biblioteche pubbliche precedentemente gestite solo dal corpo clericale e l’Università laica di Palermo . Ovviamente non mancarono le proteste dei vescovi contro i nuovi insegnamenti nelle scuole a seguito dell’espulsione dei Gesuiti  ma queste vennero liquidate dal Tanucci “come non valide “.

Quasi nello stesso periodo, nella  notte del 31 marzo 1767, ben  5800  gesuiti vennero arrestati a Madrid per ordine di Carlo III.  Essi , dopo essere stati spogliati dei loro beni, furono imbarcati su una piccola flotta di velieri sconquassati e costretti ad abbandonare il paese natale. Ammassati nelle stive e tormentati dalla fame,  e dalle malattie, gli esuli raggiunsero dopo settanta giorni di navigazione il porto di Civitavecchia, che era il porto principale della Santa Sede. Contavano ovviamente sull’accoglienza del papa, e si disperarono quando invece Clemente XIII li respinse minacciandoli  addirittura di prenderli a cannonate se non fossero andati via. Gli esiliati furono così obbligati a riprendere la navigazione e vagare per altri quattro mesi, in cerca d’un paese disposto ad accettarli, prima di poter mettere piede a terra in Corsica.

Tutto questo comportò ovviamenete una violenta reazione del papa Clemente XIII che reagì   scomunicando il Tanucci,  il quale per reazione occupò  immediatamente le enclave pontificie nel territorio di  Napoli , Benevento e Pontecorvo , che vennero restituite alla Santa Sede solo dopo la soppressione della Compagnia di Gesù .

L’espulsione dal Regno dei Gesuiti e  la confisca del loro patrimonio economico e terriero (nella sola Sicilia si trattava di 40.000 ettari di terreni coltivati in vario modo) , influenzò molto la politica del Tanucci.

Alla fine per preservare i rapporti fra stato e Chiesa  venne tra le due parti  sancito  un concordato fatto nel  1741 la cui applicazione però andò ben oltre quanto avesse auspicato la Santa Sede. Tanucci si impegnò infatti  molto per affermare lo stato laico sulla chiesa che tentava continuamente di comprimere il potere statale . Egli di fatto lo fece riducendo  notevolmente il numero degli ecclesiastici e la costruzione di nuovi conventi , monasteri ed altri pii edifici ed eliminando una serie ed esagerato numero di strani diritti acquisiti dalla chiesa .

N.B. Per capire quanto prima avveniva,  basta pensare all’abuso del diritto di asilo che vedeva le chiese piene di delinquenti che venivano sottratti alla giustizie statale e gli abusi del clero che in possesso di immunità commettevano illeciti non punibili . Inoltre gli ecclesiastici godevano del diritto di  esenzione fiscale.

Anche la bellissima chiesa del Gesù Nuovo  venne ovviamante sottratta ai Gesuiti e  affidata ai francescani di Santa Croce e della Trinità che la ribattezzarono Trinità Maggiore.

Quando il nemico Tanucci finì di esistere , i gesuiti , dopo alterne vicende , il 30 luglio del 1804 ebbero ristabilito a Napoli ed in Sicilia , grazie a Pio VII  la loro compagnia,  ma vennero di nuovo poi espulsi durante il decennio francese che trasformò il monastero prima in   conservatorio musicale, poi nel 1820 in  sede del  Parlamento.

Dopo l’abolizione del parlamento  i Gesuiti rientrarono in possesso dei loro beni ed anche del Monasteri di  San Sebastiano che lo trasformarono in liceo “del Salvatore” detto pure  “Collegio dei Nobili”. Essi furono comunque di nuovo allontanati durante i moti del 1848  e di nuovo nel 1860 .

CURIOSITA’: Durante la rivoluzione napoletana  i gesuiti , considerati i preti della monarchia furono costretti a scappare con 25 carrozze chiuse , protette e scortate dalla guardia nazionale . I padri di sant’ Ignazio erano infatti considerati un’ unica cosa con i ricchi nobili e la monarchia ed erano visti non molto bene dall’ affamato popolo napoletano .

Dopo lunghe vicende, nel 1900 i Gesuiti riuscirono ad ottenere di nuovo la chiesa ed una parte dell’antica casa professa dove ancora oggi vivono, mentre con  l’ unità dì Italia avvenuta nel 1861, l’antico monastero fu  requisito ai religiosi  e da allora  è divenuto  il primo  liceo classico statale della città : il ” Vittorio Emanuele “.

 

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