Oggi con questo articolo vi narriamo la storia di uno degli uomini più colti che abbia generato la città di Napoli . Egli amava ogni forma d’arte, la musica, il teatro, il cinema ed ogni tipo di rappresentazione.
Alessandro Cutolo fu amico dei più illustri personaggi della sua epoca, tra i tanti citiamo Thomas Mann, Luigi Einaudi, Stephen Zweig, Francesco Flora, Riccardo Baccelli, e soprattutto fu amico e discepolo di Benedetto Croce.
I suoi tanti interessi per il mondo della cultura lo portò ad essere non solo il primo direttore del mensile Historia (periodico), edito da Cino del Duca, ma anche professore ordinario di storia medievale all’Università degli Studi di Roma di Bibliografia e Biblioteconomia all’Università Statale di Milano, dove insegnava storia medievale e biblioteconomia, scriveva libri di alto valore scientifico e saggi d’interesse internazionale che rappresentano ancora oggi un punto di riferimento per gli studiosi.
L’insegnamento tuttavia non era l’unica sua attività; lui è infatti stato non solo un importante personaggio storico italiano nel momdo della cutura , ma anche un attore e sopratutto un famoso conduttore televisivo . Divenne infatti molto popolare come conduttore della trasmissione ‘Una risposta per voi’ trasmessa dalla RAI dal 1954 al 1968, uno dei primi programmi di divulgazione culturale offerti dalla televisione .
In questa prima rubrica fissa della Rai , Il prof Cutolo, con il suo faccione tondo ed il caratteristico baffetto, dietro una grande scrivania, con immancabile garofano all’occhiello nel suo appuntamento serale e poi pomeridiano del giovedì, rispondeva con straordinaria facondia ai quesiti più strambi e difficili, una specie di Dottor So-tutto, sempre pronto alla battuta, alla citazione, al fatterello ironico e istruttivo.
Cutolo, esprimendo la sua grande cultura con parole semplici e facili discorsi ricchi di ironia, l’eleganza attraverso la sua eleganza e la rara arte affabulatoria che erano il segreto del successo, entrava nelle case defli italiani di quel tempo che lo accoglievano ogni sera come un gradito ospite, sempre pronto a regalare una risposta.
Allora gli italiani, amavano gli uomini di cultura . Essi sentivano il bisogno di non essere un popolo ignorante . La nostra prime televisione per accrescere i suoi ascolti non aveva bisogno di personaggi come la De Filippi , la D’Urso , Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e del loro programmi ricchi di gossip di programmi come “uomini e donne” , il grande fratello, ‘l’isola dei famosi o Temptation Island .
Allora contava più la mente e la cutura di un uomo piuttosto che un corpo palestrato e pieno di tatuaggi ma vuoto di cultura.
In quel periodo , servivano uomini che dovevano con la loro mente costruire una nuova societa libera e pensante,… i politici non erano dei rubagalline , ai quali servviva una società in cui anadava esaltato il modello di ragazzo “ bello , palestrato ma scemo ed ignorante e facile preda dei media e dello sfrenato consumismo .
La pubblicità non basava i suoi filmati sulle ultime palestre di tendenza in città oppuresul dove comprare miracolosi cosmetici… e come intraprendere ferree diete per diventare più belli e attraenti .
Sui nostri schermi non gianteggiava gente ignorante come la De Crescenzo o chi per esso che oggi stanno rovinando intere generazioni di ragazzi da un punto di vista culturale .
Oggi , a questi politici rubagalline , serve una società in cui va esaltato il modello di ragazzo “ bello , palestrato ma scemo ed ignorante e facile preda dei media e dello sfrenato consumismo .
Oggi le persone per essere distratte dai seri problemi quotidiani come le guerre ,la vendita delle armi, la corruzione dilegante nel mondo politico, l’inquinamento ambientale, le nuove malattie emergenti , ed il lavoro precario , hanno bisogno che il libri vadano messi da parte , perchè un uomo che oggi si arrichisce umanamente e culturalmente può essere pericoloso …
Che la gente abbia bisogno di non pensare troppo .. di non leggere molto .. di non capire molto … di non ragionare .. di non contestare e quindi incapace di ribellarsi.
Il mondo politico ha quindi bisogno di distarre il loro popolo come facevano gli antichi romani con i giochi circensi che hanno sostituito con banali sociala come TikTok o Instagram dove avere tanti follower vale più di una laurea e per avere tanti like serve qualcosa che deve avere il dono della mediocrità. Serve insomma qualcosa capace di distrarre e alleggerire tutti dal mondo reale… qualcosa che spinga tutti alla frivolezza , alla pausa dal pensiero, mai alla profondità, o al ragionamento dei valori veri.
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Nel salotto buono del grande Alessandro Cutolo , le cose allora funzionavano invece diversamente, A quell’epoca la Rai aveva bisogno di un uomo dalla enciclopedica e lui era l’uomo idaele . Egli era un grande conversatore e divulgatore culturale della televisione italiana: riceveva circa 200 lettere al giorno con i quesiti più disparati ai quali, con competenza e chiarezza, dava sempre una risposta, avvalendosi dell’aiuto di esperiti inviati nel suo studio, qualora non fosse in grado di darla personalmente. A volte ricorreva alla prova dei fatti traendo da una sorta di armadio delle meraviglie gli oggetti che rendessero più facile e accessibile la spiegazione. Per anni la cultura pedagogica della televisione delle origini è espressa attraverso questo signore che con un garofano all’occhiello, zelo, meticolosità, sapienza enciclopedica e un pizzico di civetteria, regalava “sapere” a un pubblico curioso e stupito
Alessandro Cutolo nacque a Napoli il 28 marzo del 1899. Suo padre , anche lui napoletano, era un farmacista che continuava nella professione la tradizione di famiglia e aveva sposato una Bovini, di un’antica famiglia di Lucera in Puglia.
Sandrino ( così lo chiamavano in famiglia e gli amici), non volle continuarae quella antica professione di famiglia , preferndo alla stessa i suoi grandi studi . Visse la sua gioventù in piena Belle Epoque, ne gustò la spensieratezza e ne apprezzò il benessere. Era il tempo dei caffè letterari, che frequentava facendo sfoggio della sua precoce erudizione; l’interesse per lo studio era per lui un altro modo per divertirsi: i libri lo affascinavano come lo seducevano le belle donne.
A diciassette anni era al fronte; la grande guerra lo vide sulle montagne del Carso a comandare una batteria di artiglieri, si vantava di essere stato il più giovane ufficiale del reggimento. Finita la guerra, ritornò ai suoi studi. Aveva appena ventidue anni Alessandro Cutolo nel 1922, ed era già laureato in lettere antiche quando vinse il concorso per gli Archivi di Stato. Lo destinarono alla «sala di studio», nella quale perfezionò la conoscenza della scrittura gotico-medioevale dei Registri Angioini, che un maggiore dell’esercito tedesco fece purtroppo poi dare alle fiamme durante l’ultima guerra mondiale.
In questo tempio della cultura Cutolo fece la conoscenza di Fausto Nicolini, ispettore generale degli Archivi di Stato e grande esegeta di Giambattista Vico; di Alessandro Luzi, Accademico d’Italia e tra i maggiori storici del nostro Risorgimento; del conte Riccardo Filangieri De Candida Gonzaga, interprete di difficilissime pergamene relative alla Repubblica di Amalfi; di Salvatore Di Giacomo che alternava la passione per la poesia allo studio degli atti riguardanti gli antichi Conservatori di Napoli.
Fu in questo periodo che si recò a Roma per visitare la ricca biblioteca di Gennaro Serena di Lapigio. Aveva appena iniziato a passare in rassegna i vecchi volumi, quando lo sguardo si posò su un fascicolo di carte ingiallite; lo aprì e, dando una rapida scorsa alle prime righe, subito si accorse di aver messo le mani su qualcosa di prezioso. Era un’autobiografia originale di Antonio Genovese (con la finale «e»- e non con la «i» come molti erroneamente hanno scritto e continuano a scrivere), il grande filosofo ed economista allievo di Giambattista Vico. Ne parlò con il padrone di casa, il quale si mostrò meravigliato dell’inaspetta-ta scoperta. Cutolo gli chiese di portare con se quel mate. rale, per avere conterma dell’ipotesi da qualcuno più esper-to. Il barone non ebbe difficoltà e gli affidò le preziose carte.
Il giovane Sandrino (così lo chiamavano in famiglia e gli amici) si recò da Fausto Nicolini e gli sottopose il mano-scritto. Nicolini lo girò tra le mani, lo comparò con altri scritti olografi di Genovese e il verdetto fu positivo: «Questo documento è autentico. In ogni caso, prima di pubblicare la scoperta», disse Nicolini «ti consiglio di sottoporlo all’unico che può darcene la certezza: Benedetto Croce».
«È una parola!», esclamò Cutolo, «e come ci arrivo a Benedetto Croce?».
Infatti, per il giovane Cutolo il grande filosofo era considerato una sorta di entità astratta irraggiungibile; viveva nel suo Olimpo, lontano dai comuni mortali, circondato solo da una selezionata schiera di amici. Ma Nicolini, conoscendo la disponibilità dell’uomo, specie quando si trattava di esaminare cimeli, si offrì di accompagnarlo.
La sera del 20 febbraio 1922 Cutolo, preceduto dal suo mentore, salì le scale del tamoso palazzo Filomarino con le ginocchia che gli tremavano dall’emozione. Poi, «nella severa ed ampia casa de la sapienza/che in cento armadi allinea gl’innumerevoli volumi»’ percorse i sessantacinque metri di corridoio e si trovò davanti allo studio di Croce.
Nascosto dietro Nicolini, il giovane Cutolo vi entrò e fu presentato al filosofo, che lo accolse con quella sua cortesia un pỏ ghignante, di falso addormentato, come soleva dire Antonio Baldini; sedeva in una vecchia poltrona di colore giallo sullo sfondo di uno dei due grandi balconi che sporgeva sulla più rumorosa strada di Napoli.
L’imbarazzo di Cutolo era grande, ma presto fu messo a suo agio e riuscì a esporre con chiarezza i suoi dubbi. Croce esaminò il manoscritto e poi con il suo abituale tono disteso soggiunse: «È un manoscritto affatto sconosciuto e ve ne confermo l’autenticità; comunicate la scoperta all’Accademia Pontaniana e poi vi farò pubblicare queste memorie nell’Archivio Storico per le Province Napoletane».
Alessandro Cutolo era entrato nel mondo della cultura e ad aprirgli la porta era stato il più grande degli uomini allora viventi, Benedetto Croce, che da quel giorno gli schiuse anche le porte della sua casa.
Nel 1923 si sposò con la giovanissima Anna Maria Pepere, figlia del senatore Alberto, illustre docente universitario che fu il vero grande amore di Sandrino,
Nel 1924 si celebrava il settimo centenario della fondazione dell’Università di Napoli ed eminenti studiosi scrissero una voluminosa storia del prestigioso ateneo. Il rettore dell’epoca, Ferruccio Zamboni, ritenne che un’altra opera di più facile lettura, affiancata a questa, giovasse a divulgare la conoscenza della gloriosa istituzione, carica di primati sia per molteplicità d’insegnamenti, sia per essere stata tra le prime fondate in Europa.
Zamboni andò da Croce per avere il suo parere; questi ritenne valida l’idea. Si trattava ora di trovare chi potesse realizzare nel più breve tempo possibile un’opera semplice, completa e ricca d’illustrazioni. Croce, sebbene fosse restio ad affidare ad altri la stesura di un saggio, questa volta non ebbe dubbi e indicò Alessandro Cutolo come la persona adatta. Il giovane, gratificato dall’incarico, ma anche preoccupato di compiere qualcosa atto a compromettere la fiducia del Maestro, alla quale tanto teneva, si mise all’opera con tutta la diligenza e lo scrupolo necessari per accontentare un uomo come Croce.
Nessun angolo di biblioteca, archivio, museo venne risparmiato per ritrovare documenti e riproduzioni in grado di fare di quel lavoro un testo di grande valore. Le bozze furono riviste dallo stesso Croce, che le corresse e vi appose una serie di glosse.
Casa Croce all’epoca del fascismo era ritenuta un covo di sovversivi. I fascisti si limitavano a tenerla sotto stretta sorveglianza e a mettere in atto una serie di meschine scaltrezze. Una delle tattiche, necessariamente non frontali, era di isolare il Maestro dalla schiera di amici e discepoli; agganciavano quelli ritenuti più promettenti e offrivano loro incarichi di tutto riguardo. A Cutolo proposero l’Università di Milano e nel 1935 Sandrino fece le valigie e raggiunse la sua nuova sede dove incominciò ad insegnare .
Divenne un critico serio di grande talento e amava discutere delle produzioni artistiche che via via venivano immesse sul mercato, distinguendo le buone dalle cattive con quella competenza e bravura derivategli tanto da una innata capacità di analisi estetica, quanto da una particolare formazione.
ll suo grande amico ed estimatore Sergio Pugliese, allora direttore dei programmi Sergio Pugliese ebbe l’intuito di scritturarlo per quella rubrica “UNA RISPOSTA PER VOI ” che si affermò come una delle trasmissioni più viste dell’epoca . Lo share della sua trasmissione ( come dicono ora ) era altissimo ed il professore di storia Medievale formatosi alla scuola di Benedette Croce, divenne uno dei personaggi televisivi di grande popolarità del varietà televisivo. Egli con il suo spiccato accento napoletano e gli amabili modi da gentiluomo entrò con discrezione e garbo nelle case di milioni di telespettatori italiani tutte le sere intorno alle 19 con auna bellisima sigla che era canzone di Carlo Alberto Rossi, Stradivarius, in una versione eseguita al pianoforte.
Allora quel mezzo di comunicazione aveva anche una funzione pedagogica, il trionfo della cialtroneria , della revisione piena di insulti, programmi trash e inviti di ignoranti influenzer era molto lontano.
N.B. Divenne talmente famoso da essere chiamato come attore a recitare anche in alcuni famosi film di Alberto Sordi ( Finché c’è guerra c’è speranza ed Il prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue.
Ciò che stupiva del professor Cutolo era la facilità di parola mista a una grande ironia, all’eleganza dei modi, che facevano toccare alla sua arte affabulatoria livelli irraggiungibili.
N.B. Alessandro Cutolo ha scritto anche numerosi libri tra cui ‘La storia dell’Università di Napoli’ su incitamento di Croce. Ha tradotto ‘Le vite dei dodici Cesari di Svetonio’.
Si spense la notte del 15 marzo del 1995 a Milano ,con una struggente nostalgia per la sua Napoli ,Negli ultimi mesi della sua vita si beava della fortuna che aveva avuto nel nascere a Napoli, la città che amava e che, ormai vecchio, rimpiangeva: ricordava le passeggiate per Caracciolo, le rappresentazioni al San Carlo, i salotti esclusivi, la Villa comunale, il Vesuvio, Posillipo e sognava il suo mare. Ne parlava come un innamorato parla della sua amante.
