La scoperta della penicillina è legata al nome di Alexander Fleming, che nel 1928 osservò per puro caso una muffa – il penicillium notatum – che impediva la crescita dei batteri. Trent’anni prima del biologo inglese, tuttavia, il potere delle muffe era già stato notato e studiato da Vincenzo Tiberio, un giovane ufficiale medico di marina di origini molisane (era nato a Sepino nel 1869) che viveva ad Arzano.
Proprio nella casa di Arzano, Tiberio aveva notato che i suoi parenti soffrivano di infezioni intestinali ogni qualvolta il pozzo a cui si attingeva l’acqua da bere veniva ripulito dalle muffe; e che curiosamente i disturbi cessavano proprio al ricomparire delle muffe sui bordi del pozzo. Lo studioso mise allora in relazione i due fenomeni, e i risultati delle sue osservazioni finirono in un lavoro intitolato Sugli estratti di alcune muffe, pubblicato negli Annali di igiene sperimentale del 1895 e poi anche in opuscolo l’anno seguente.
Tiberio fu il primo a notare chiaramente che «nella sostanza cellulare delle muffe esaminate sono contenuti dei principi solubili in acqua forniti di azione battericida». Nei suoi documenti sono dettagliatamente descritte le condizioni di crescita delle varie muffe isolate, il metodo di estrazione acquoso delle muffe e il loro potere battericida, sia in vitro che in vivo. Viene evidenziato il potere chemiotattico degli estratti delle muffe nelle infezioni del bacillo del tifo e del vibrione del colera – utilizzando conigli come cavie – e la tecnica delle infusioni sottocutanea e intraperitoneale. Si tratta di un lavoro molto meticoloso, con dettagli sperimentali e una serie di tabelle che riportano l’azione degli estratti sulle cavie.
A differenza di Fleming, i cui esperimenti furono deludenti (la penicillina sarà perfezionata solo nel 1939 nei laboratori dell’Università di Oxford), Tiberio ottenne interessantissimi risultati.
Ma purtroppo la scarsa diffusione degli Annali e la limitata comprensione della lingua italiana negli ambienti scientifici internazionali non diedero un’adeguata eco alla sua eccezionale scoperta. I casi della vita, inoltre, lo portarono ad abbandonare gli studi. Nonostante le sue sollecitazioni alle autorità sanitarie militari, la Regia Marina lo inviò infatti in Africa per la disastrosa campagna coloniale. Al ritorno a Napoli, nel 1915, fu stroncato da un infarto. Della sua silenziosa impresa non parlò più nessuno per molti anni, fin quando fu lentamente riscoperta nel secondo dopoguerra. Anche se ormai era tardi: per la storia lo scopritore della penicillina era già ufficialmente Fleming.