Nato nel 1568, in Calabria , nell’antico borgo di Stilo , il giovane Tommaso era figlio di una famiglia povera che certo non poteva permettersi di mandare i figli a scuola . Si racconta a tal proposito che egli non potendo pagarsi gli studi, origliasse alla finestrella della scuola le lezioni del maestro del paese,
Suo padre Geronimo era un umile ciabattino analfabeta mentre la madre Catarinella Martello, non incise molto nel suo sviluppo in quanto morì precocemente dopo aver dato alla luce un altro maschio, Giovan Pietro, e parecchie figliuole.
Si avviò ai primi rudimenti di grammatica e di catechismo, sotto la guida del maestro Agazio Solea, dove presto si mise in vista eccellendo fra i coetanei per prontezza d’ingegno e memoria .
Era quello comunque un periodo che in Calabria, come in tutta Italia imperversava la peste,e la sua terra di origine con la diffusa epidemia , associata al solito sfruttamento feudale, l’oppressione spagnola, i frequenti terremoti , le scorrerie turchesche e la pletora dei monaci oziosi, soffriva piu che mai un periodo di grossa miseria e carestia.
Accadde quindi che nel 1581 la sua famiglia sempre più povera fu costretta a trasferirsi nel vicino “casale” di Stignano; fu allora che il ragazzo, ravvisando nella carriera ecclesiastica la sola via per proseguire gli studi, dopo sei mesi da grave malessere febbrile,una volta guarito , decise di vestire l’abito di “prevetello” o chierico.
CURIOSITA’: Si racconta che egli guarì dalla sua malattia solo grazie allle magiche arti di una fattucchiera, affacciandosi così, attraverso la superstizione popolare, alla dimensione tentatrice dell’occulto e del soprannaturale.
N.B. Il De rerum natura iuxta propria principia di Bernardino Telesio fu per Campanella una rivelazione e una liberazione insieme: egli scoprì attraverso quest’opera che non esisteva soltanto la filosofia scolastica e che la natura poteva essere osservata per quello che è, e poteva e doveva essere indagata con i mezzi concreti posseduti dall’uomo, con i sensi e con la ragione, prima osservando e poi ragionando, senza schemi precostituiti e senza mandare a memoria quanto altri credevano di aver già scoperto e di conoscere su di essa.
Queste nuove idee che dai suoi superiori furono considerate intemperanze, gli costarono comunque ,in quel periodo un cattivo rapporto con i suoi confratelli domenicani e in punizione di vecchie e nuove intemperanze, da lui domostarte per il dichiarato entusiasmo per le rivoluzionarie dottrine telesiane, tanto avverse all’aristotelismo delle scuole, al cadere dell’anno venne relegato dai superiori nel piccolo e remoto convento di Altomonte.
Ma giunto in quel luogo, Campanella, subito raccoglie attorno a sé un piccolo gruppo di medici, gentiluomini, estimatori, che gli forniscono i libri di cui è affamato: Galeno, Ippocrate, ma soprattutto i testi degli ermetici, le opere di divinazione, di cabala e di magia. Nel corso di queste fervide letture, venuto in possesso del libello di un acre detrattore del Telesio, il giurista filosofante Giacomo Antonio Marta, allievo dei gesuiti e idolatra di Aristotele (Pugnaculum Aristotelis adversus principia B. Telesii, Roma 1587), il Campanella . lo ribatte con una vasta dissertazione polemica in otto libri, composta fra il gennaio e l’agosto 1589, intitolata Philosophia sensibus demonstrata. In essa Campanella ribadisce la sua adesione al naturalismo di Telesio, inquadrato però in unacornice neoplatonica, di derivazione ficiniana, per la quale le leggi della natura non mantengono piùla loro autonomia, come in Telesio, ma sono spiegate dall’azione creatrice di Dio, dal quale deriva anche l’ordine provvidenziale che governa l’universo: «chi regola la natura è quel glorioso Iddio, sapientissimo artefice, che ha provveduto in modo da non reprimere le forze della natura, nella quale tuttavia agisce con misura»
Al cadere dell’anno, stanco di beghe conventuali, di rimproveri dei superiori, di meschinità provinciali, lascia la Calabria e, forse per mare, si spinge a Napoli; la vita libera dei frati del tempo non consente di dare a quel viaggio il nome di fuga, poiché, se mancò il consenso, certo non vi fu neppure rottura aperta con l’Ordine e in Napoli il Campanella , visse per alquanti mesi indisturbato, vestendo l’abito, nel grande convento di S. Domenico Maggiore, favorito dalla regola rilassata che vi si praticava e dalla folla dei frati conviventi.
CURIOSITA’: Si vociferò più tardi nei chiostri calabresi che egli avesse abbandonato la provincia in compagnia d’un misterioso rabbino, certo Abraham, esperto di magia e d’astrologia, istigatore del giovane frate indisciplinato, cui avrebbe rivelato segreti naturali e promesso, per disegno degli astri, uno smagliante avvenire.
Nel monastero di San Domenico Maggiore, dove aveva sede la facoltà di Teologia di Napoli e vi insegno’ anche San Tommaso d’Aquino era presente anche una ricchissima biblioteca che raccoglieava numerosi libri che dal 500 in poi sarebbero stati considerati proibiti . Essi erano libri di filosofia e di storia ma anche di scienza in grado di aprire la mente a chi sapeva guardare oltre il discorso della fede e questo spiegherebbe probabilmente il perchè dei tanti frati eretici domenicani transitati per San Domenico Maggiore .lI convento infatti ospitò ancora sedicenne il giovane Bruno Giordano che vi mise piede nel 1566 e vi restò per circa undici anni formando presso la preziosa biblioteca quelle teorie che lo avrebbero portato sul rogo di Campo de’ Fiori nel 1600.
Tommaso Campanella vi transitò invece nel 1589 pubblicando il suo primo libro che gli procurò un processo all’ interno dello stesso ordine domenicano e il suo conseguente ritorno forzato nella sua Calabria , Dieci anni dopo nel 1602 , a causa dei suoi scritti fu poi addirittura imprigionato e rinchiuso nelle anguste segrete di Castel Sant’Elmo per lunghi quattro anni dove pur vivendo in condizioni miserabili scrisse il suo capolavoro ” La città delle scienze “.
N.B. Nel 600 Nei monasteri e nei conventi erano gelosamente custodite le poche biblioteche dove si conservavano preziosi manoscritti greci e latini sopravvissuti ai barbari o appena tradotti dagli arabi ( che a loro volta li avevano ereditati da egiziani e antichi greci ) relativi all’alchimia , alla farmaceutica , alla botanica , alla medicina , alla storia e alla filosofia . La preziosa collezione di libri conservati in questo monastero dovette non poco influenzare alcune grandi menti di allora che portarono a mettere il discussione l’allora vigente dottrina cattolica ed entrare in contrasto con il modo di pensare di quei tempi .
Nel 1590, desideroso di maggior libertà, si trasferì in casa di Mario del Tufo, verosimilmente con ufficio di precettore dei figliuoli di quel marchese; qui fu ospitato con signorilegenerosità frequentò gentiluomini di gran sangue e distinti scienziati, acquistandosi fama di immensa e precocissima cultura.
Quasi dimentico della propria condizione di religioso, lungi dai rigori conventuali, studia, scrive, sperimenta, discute: conduce così a termine i tre libri del De investigatione rerum, abbozzato fin dall’87, che perderà definitivamente per sequestro nel ’92 (solo in minima parte la materia verrà rifusa nella Dialectica).
A Napoli lui conobbe anche Giambattista Della Porta,il più celebrato esponente della magia naturale, con il quale strinse una profonda amicizia interessandosi a ricerche e pratiche di magai e astrologia che lo perteranno a pubblicò la Philosophia sensibus demonstrata per il quale fu sottoposto nel 1592 ad un primo processo per eresia all’ interno all’ordine domenicano, che riteneva incompatibili quella sua adesione alle dottrine telesiane,nettamente in contrasto i con il pensiero tomistico, basato sulla filosofia di Aristotele.
La pubblicazione della Philosophia sensibus demonstrata provocò molto scandalo nel convento di San Domenico : un domenicano che non frequentava il convento e che rifiutava Aristotele e San Tommaso per Telesio non poteva certo essere un buon cattolico. Anche se nessuna affermazione eretica era contenuta nel libro, in un giorno imprecisato del195 Campanella fu arrestato dalle guardie del nunzio apostolico con l’accusa di pratiche demoniache. Non si conoscono gli atti del processo ma è conservato il testo della sentenza, emessa in San Domenico il 28 agosto 1952 contro «frater Thomas Campanella de Stilo provinciae Calabriae» dal padre provinciale di Napoli, fra Erasmo Tizzano e da altri giudici domenicani. L’accusa di praticare con il demonio e di aver pronunciato una frase irriverente contro l’uso delle scomuniche vengono a cadere, ma resta quella di essere un telesiano, di non tener conto dell’ortodossia filosofica di Tommaso d’Aquino e di essere stato per mesi «in domibus saecolarium extra religionem»: dopo quasi un anno di carcere già scontato, è allora sufficiente che reciti dei salmi e torni, entro otto giorni, nel suo convento di Altomonte.
Tommaso , anziché fare ritorno forzato ai luoghi d’origine nella sua Calabria come l’ordine Domenicano aveva consigliato,si guardò bene dall’ubbidire all’ordine del tribunale, che lo avrebbe costretto a rinunciare, a soli 24 anni, a un mondo di cultura nel quale egli era convinto di poter offrire un contributo fondamentale.
Così, munito di una lusinghiera lettera di presentazione al granduca di Toscana rilasciatagli dall’amico ed estimatore, il padre provinciale di Calabria fra Giovanni Battista da Polistena, il 5 settembre 1592, fra Tommaso , dopo un breve soggiorno a Roma , partì alla volta di Firenze con il suo carico di libri e manoscritti, contando su di un posto di insegnante a Pisa o a Siena,
La prudente diffidenza di Ferdinando I, che non mancò di chiedere informazioni sul suo conto al cardinale Del Monte , furono causa di una risposta negativa,che spinse il 16 ottobre Campanella a lasciare Firenze durante il cui soggiorno entrò comunque in contatto con la corte medicea, per bologna , dove l’inquisizione che lo sorvegliava, per mezzo di due falsi frati gli rubò gli scritti che si portava appresso, per poterli esaminare in cerca di prove a suo danno.
Allo scadere dell’anno si stabilì poi a Padova, dove ovviamente subì un altro processo. Ospite del convento di Sant’Agostino.dopo soli tre giorni dal suo arrivo, il Padre generale del convento venne infatti nottetempo sodomizzato da alcuni frati, senza che egli potesse identificarli, e perciò, fra i tanti sospettati del grave abuso, anche il Campanella fu messo sotto inchiesta, il quale dopo un processo ne uscì innocente.
A Padova visse miseramente con la speranza di trovarvi lavoro e forse impartendo lezioni private, Seguì corsi i universitari come studente spagnolo e studiando medicina assistette a alle dissezioni anatomiche. Strinse allora amicizia con Galileo, che, nominato di fresco professore, gli aveva recato una lettera del granduca, e a Venezia ebbe incontri con Paolo Sarpi e rivide il Della Porta, che aveva lasciato Napoli per noie con il Sant’Uffizio.
N.B. La sua amicizia con Galileo Galilei ed il medico e filosofo Andrea Chiocco certamente non giovò a Campanella nei suoi rapporti con il Sant’Uffizio che lo teneva ormai sotto osservazione.
CURIOSITA’ : Campanella addirittura intervenne sul cosiddetto “primo processo a Galileo Galilei con la sua coraggiosa Apologia di Galileo (scritta nel1616 e pubblicata nel 1622 ).
Il 23 giugno presenziò in qualità di testimone al conferimento della laurea in medicina ad un giovane udinese, Giambattista Clario, che presto gli sarebbe stato compagno nel carcere dell’Inquisizione.
Ai primi del 1594 venne infatti arrestato per ordine dell’Inquisizione, insieme con l’amico Clario e un tale Ottavio Longo da Barletta, sotto l’accusa di aver disputato “de fide” con un giudaizzante (cioè con un ebreo convertito al cattolicesimo e ritornato poi alla religione avita); all’atto dell’arresto fu trovato in possesso di un libro di geomanzia, superstizioso e vietato, che gli venne sequestrato insieme con tutti i suoi manoscritti.
CURIOSITA: Il Clario, che era in rapporto con influenti personaggi di casa d’Austria (successe più tardi al padre nella carica di protomedico della Stiria), ottenne che l’arciduchessa Maria d’Asburgo scrivesse al papa una lettera di raccomandazione per gli inquisiti.
Il 30 luglio un gruppo di amici tentò dall’esterno l’effrazione delle carceri di Padova al fine di far evadere i tre detenuti, ma la mossa terneraria fallì e, in conseguenza, la posizione degli imputati riuscì aggravata.
Una volta nuovamente arrestato fu accusato di:
- aver scritto l’opuscolo De tribus impostoribus – Mosè,Gesù,e Maometto – diretto contro le tre religioni monoteiste ( un libro della cui esistenza allora si favoleggiava, ma che nessuno aveva mai letto)
- di sostenere le opinioni atee di Democrito evidentemente un’accusa tratta dall’esame del suo scritto De sensu rerum et magia, rubatogli a Bologna;
- essere oppositore della dottrina e dell’istituzione della Chiesa
- essere eretico;
- aver disputato su questioni di fede con un giudaizzante ,forse condividendone le tesi, e di non averlo comunque denunciato
- aver scritto un sonetto contro Cristo, il cui autore sarebbe stato però, secondo Campanella,Pietro Aretino.
- possedere un libro di geomanzia che in effetti gli fu sequestrato al momento dell’arresto.
A Padova, in un primo tempo gli furono contestate solo le ultime tre accuse: per estorcere le confessioni, Campanella e due imputati presunti «giudaizzanti», Ottavio Longo, e Giovan Battista Clario ( medico dell’arciduca Carlo d’Asburgo) ,non solo vennere arrestati ma poi sottoposti a tortura. .
Nel frattempo, dall’esame del suo De sensu rerum, fatto a Roma, dovettero trarsi nuove imputazioni, che richiesero lo spostamento del processo da Padova a Roma, dove infatti Campanella fu condotto e rinchiuso nel carcere dell’Inquisizione nell’ ottobre del 1594 , in cui erano anche rinchiusi l’eretico fiorentino Francesco Pucci e Giordano Bruno; nel 1595 dopo un terzo processo , e la tortura a cui fu sottoposto , subì la condanna alla pubblica abiura «per gravissimo sospetto d’eresia».
CURIOSITA’; Visto il tentativo di fuga andato male, il Sant’Uffizio avocò la causa a Roma e l’estradizione, per evitare un lungo e incerto negoziato con le autorità venete così gelose delle loro giurisdizioni, fu eseguita clandestinamente,e con illegalità tanto più sfacciata in quanto il Clario era suddito della Repubblica.
il 16 maggio Campanella abiurava nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva e veniva confinato nel convento domenicano di Santa Sabrina ,sul colle Aventino.
N.B. Per difendersi dalle accuse di essere oppositore della Chiesa, Campanella scrisse già nel carcere padovano un De monarchia Christianorum, perduto, e il De regimine ecclesiae, ai quali fece seguito, ne 1595 l , per contestare l’accusa di intelligenza con i protestanti, il Dialogum contra haereticos nostri temporis et cuisque saeculi e, a difesa dell’ortodossia di Telesio e dei suoi seguaci, la Defensio Telesianorum ad Sanctum Officium.
Le disavventure giudiziarie di Campanella però non finirono qui.
Mentre lui era confinato nel convento domenicano di Santa Sabrina accadde che a Napoli ,un concittadino , condannato a morte per reati comuni, (Scipione Prestinace) , prima di essere giustiziato , forse per ritardare l’esecuzione, denunciava diversi suoi conterranei e il Campanella in particolare, accusandolo di essere eretico: così, il 5 marzo, Campanella fu nuovamente arrestato.
Non si conoscono i precisi contenuti della deposizione del Prestinace né i dettagli del nuovo processo, che si concluse nel dicembre del 1597 ma certamente sappiamo che nella sentenza finale, Campanella fu assolto dalle imputazioni e, diffidato dallo scrivere, liberato «sub cautione iuratoria de se representando toties quoties», finché, consegnato ai suoi superiori, questi lo confinino in qualche convento «senza pericolo e scandalo».
Ai primi del 1598 Campanella prese la via di Napoli , dove si fermò diversi mesi, dando lezioni di geografia, scrivendo le perdute Cosmographia e Encyclopaedia facilis e terminando l’Epilogo Magno.
Ma il suo soggiorno a Napoli dava fastidio e ben presto , alla fine del 1597 gli venne di nuovo ingiunto di fare ritorno in Calabria dove fu ospite a Stilo del convento domenicano di Santa Maria di Gesù.
Per poco tempo il Campanella rimase tranquillo in convento, dove scrisse il piccolo trattato De predestinatione et reprobatione et auxiliis divinae gratiae, nel quale affermò la dottrina cattolica del libero arbitrio
In un abbozzo dei suoi Articuli prophetales, appare già l’attesa del nuovo secolo che gli sembra annunciato da fenomeni straordinari: inondazioni del Po e del Tevere, allagamenti e terremoti in Calabria, il passaggio di una cometa , profezie e coincidenze astrologiche. Un nuovo mondo sembra alle porte, a sostituire il vecchio che in Calabria, ma non solo, vedeva «i soprusi dei nobili, la depravazione del clero, le violenze d’ogni specie […] la Santa Sede […] sanciva i soprusi e proteggeva i prepotenti. Il clero minore, corrottissimo nei costumi, abusava ogni giorno più delle immunità ecclesiastiche, e profanava in ogni modo il suo ufficio. Fazioni avverse contendevano talvolta aspramente tra loro, e non poche lotte erano coronate da omicidi e delitti d’ogni specie. Gruppi di frati si davano alla campagna, e, forniti di comitive armate, agivano come banditi, senza che il governo riuscisse a colpirli […] I nobili e le famiglie private, dilaniate da inimicizie ereditarie, tenevano agitato il paese con combattimenti incessanti tra fazioni […] l’estrema severità delle leggi, che comminavano la pena di morte per moltissimi delitti anche minimi […] la frequenza delle liti e delle contese, aumentavano in maniera preoccupante il numero dei banditi».
In tale situazione di degrado e nell’illusione di un rivolgimento già scritto nelle stelle, Campanella , divenne l’ispiratore di un vasta cospirazione antispagnola e progettò , senza preoccuparsi di valutare realisticamente le possibilità di realizzazione, la costituzione in Calabria di una repubblica ideale, comunistica e insieme teocratica. Era necessario per questo cacciare gli Spagnoli, ricorrendo anche all’aiuto dei Turchi: cominciò a predicare dai primi mesi del 1599 l’imminente ed epocale rivolgimento, intessendo nell’estate una fitta trama di contatti con le poche decine di congiurati che aderirono a quella fantastica impresa.
Scoperta la congiura, in cui si erano espresse anche forti aspirazioni di un rinnovamento sociale e varî modi di reazione all’oppressione spagnola e alla disciplina ecclesiastica, il vicerè spagnlo percepito il sentore di un tentativo di insurrezione, si affrettò ad inviare in Calabria nell’agosto del 1599 delle truppe armate al comando di Carlo Spinelli,il quale diede inizio ad una durissima repressione, con processi ed esecuzioni sommari. Il 17 agosto Campanella fuggì dal convento di Stilo, nascondendosi prima a Stugnano , poi nel convento di Santa Maria di Titi. Infine, nascosto in casa di un amico, progettò di imbarcarsi da Roccella , ma venne tradito e consegnato il 6 settembre agli spagnoli.
Tutto questo portò verso la fine d’ottobre, all’accusa e prigionia di centocinquantasei prigionieri laici e frati( compreso Campanella ) che incatenati a coppie in lunghe file vennero trasferiti a piedi a Monteleone (oggi Vibo Valentia) per poi scendere a Bivona, presso il Pizzo, ed imbarcarli su quattro galere alla volta di Napoli.
Campanella venne incarcerato a Castelvetere per poi essere trasferito a Napoli insieme ai suoi compagni di avventura, fu rinchiuso in Castelnuovo ( Maschio Angioino ).
I processi che seguono risultano estremamente complessi a causa di intricati conflitti giurisdizionali e della doppia accusa di lesa maestà ed eresia. Egli sotto tortura, aveva riconosciuto le proprie eresie e, in quanto relapso , era diventato passibile della pena capitale.
Il rischio per il nostro Tommaso era a quel punto la pena capitale ed egli per poterla evitare si finse pazzo.
La sua strategia di difesa di fingersi pazzoera disperata e rischiosissima, ma era l’unica possibile via di uscita da questa triste posizione poiché un eretico insano di mente non poteva essere messo a morte dal Sant’Ufficio.
N.B. La pena capitale infatti , in quel periodo, non poteva venire inflitta ai folli, in quanto i giudici si sarebbero resi responsabili della dannazione della loro anima,
I giudici, ovviamente dubbiosi, lo sottoposero il 18 luglio, per un’ora, al supplizio della corda per fargli confessare la simulazione, ma egli resistette, rispondendo alle domande cantando o dicendo cose senza senso. L’accettazione da parte dei giudici della pazzia avvenne il 4 e 5 giugno 1601, durante una terribile seduta di tortura attraverso il tormento della veglia nel quale fu denudato, legato mani e piedi e costretto a sedere su un legno acuminato, con poche interruzioni per 40 ore. La resistenza morale e fisica di Campanella gli permise di superare la prova, anche se rimase poi tra la vita e la morte per sei mesi.
Dopo questa terribile prova della tortura della veglia gli fu ratificata la diagnosi di essere “pazzo” e grazie ad essa, Tommaso, evitavà la pena capitale, che venne tramutata in carcere perpetuo.
Nei primi anni la condanna venne scontata nel carcere duro di Castel Sant’Elmo, e in quelli successivi nelle reclusioni più mitigate di Castel dell’Ovo e Castel Nuovo.
CURIOSITA’:Tommaso Campanella ,restò in prigione ventisette anni: in questo periodo egli riuscì comunque a lavorare e comporre gran parte delle sue opere maggiori: la Monarchia di Spagna (1601), la Città del sole (v.), De sensu rerum (1603), Monarchia Messiae (1605), Antiveneti (1606), Atheismus triumphatus (1607), Philosophia rationalis (1619), Quod reminiscentur (1625).
N.B. Nell’estate del 1612 il prigioniero entra in contatto con il dotto sassone Tobia Adami, che soggiorna a Napoli per alcuni mesi e che, preso da vivissima ammirazione per la sua filosofia, una volta tornato in patria curerà per le stampe alcune fra le sue opere più significative (pubblicate a Francoforte tra il 1617 e il 1623).
Nella primavera del 1626, dopo quasi ventisette anni di prigionia, Campanella fu scarcerato da Castel Nuovo , e a Maffeo Barberini, arcivescovo di Nazareth a Barletta poi papa col nome di Urbano VIII , che personalmente intercedette presso Filippo IV di Spagna.
Campanella fu portato a Roma e tenuto prigionniero per qualche tempo nel carcere del Sant’Uffizio per poi essere liberato definitivamente nel 1692 sempre grazie alla benevolenza di Papa Urbano IV (che gli aveva fatto dare il titolo di magister e lo teneva come consigliere in fatto di astrologia) .
Visse per cinque anni a Roma dove fu il consigliere di Urbano VIII per le questioni astrologiche, avendo con successo, secondo il Papa, impedito il verificarsi di profezie che preannunciavano la sua morte imminente in occasione di due eclissi del 1628 e 1630.
CURIOSITA’: Nonostante una forte condanna papale degli oroscopi da parte di Sisto V nel 1589, gli astrologi erano ampiamente consultati all’inizio del XVII secolo. I nemici di Urbano VIII pensavano di poter approfittare della sua credulità pubblicando la loro versione del suo oroscopo. Essi erano fiduciosi che le eclissi del 1628 e 1629 avrebbero preannunciato la morte del Papa.Lo scopo della congiura sarebbe stato quello di uccidere Urbano o, quantomeno, di renderlo incapace di proseguire nel suo ruolo. È a questo punto che entra in scena Campanella, liberato dalla prigione ed assurto al ruolo di esperto in campo astrologico. Il Papa era convinto che solo quest’ultimo sarebbe stato in grado di aiutarlo, grazie ai suoi poteri magici, e proteggerlo dai pericoli delle imminenti eclissi. Campanella e il Papa si chiusero ermeticamente in una stanza sigillata, spruzzarono del profumo, bruciarono del rosmarino e drappeggiarono la stanza con dei lenzuoli bianchi. Al centro della stanza posero due candele e cinque torce accese per rappresentare i pianeti. Con grande sollievo di Urbano, i riti magici di Campanella funzionarono, permettendo al Papa di scampare il pericolo. Come ricompensa, Urbano concesse al filosofo di aprire una propria scuola a Roma, nonostante le sue idee eretiche.
Riconquista la sospirata condizione di libertà, essa venne però turbata da nuove persecuzioni nei confronti della sua persona e dei suoi scritti. Nel 1634 in Calabria esplose una nuova cospirazione contro il governo spagnolo, portata avanti da uno dei suoi seguaci,, Questo gli procurò nuovi problemi poichè gli spagnoli in seguito a rinnovati sospetti nei suoi confronti chiese addirittura la sua estradizione che il papa però rifiutò, consigliando tuttavia al Campanella la fuga.
Il 21 ott. 1634 il C. lasciò Roma e l’Italia:per recarsi a Parigi, dove ebbe accoglienze amichevoli, Qui vennea ccolto con favore da Luigi XIII e dal cardinale Armand-Jean Du Plessis de Richelieu, scrisse nuovi testi politici e curò la stampa dei primi volumi dei propri Opera omnia, fra i quali la monumentale Metaphysica (1638), a lui particolarmente cara.
Per celebrare la sospirata nascita del Delfino, il futuro Re Sole (5 settembre 1638), compone una lunga Ecloga latina. Dopo avere tentato di scongiurare i presagi astrali funesti minacciati da un’eclisse, la morte lo colse all’alba del 21 maggio 1639.nel convento di Saint-Honoré, qua Prima di morire, aveva dettato a G. Naudé una sua autobiografia, De libris propriis et recta ratione studendi syntagma (postuma, 1642).
Come possiamo notare da quanto scritto Tommaso Campanella certamente pagò a caro prezzo un modo di essere e idee che apparvero destabilizzanti per i tempi. Per la complessità dei temi che si intrecciano nel suo pensiero, egli sembra infatti raccogliere da un lato l’ultima eredità Rinascimentale, soprattutto del naturalismo Telesiano e dei Bruniani programmi di riforma, mentre dall’altro si volge a nuovi problemi, quali quelli posti dalla Controriforma, dal nuovo assetto politico sociale dell’Europa e dai nuovi orientamenti legati alle nuove scoperte geografiche ed astronomiche e alla nascita della nuova scienza.
Forse Tommaso Campanella non importa capirlo. Quel che conta e ci colpisce oggi è soprattutto quella sua straordinaria libertà di giudizio della quale va recuperato lo spirito in una società, come quella odierna, che pare aver allineato tutti in un generale quanto volgare appiattimento. Quella sua rivendicazione ostinata, ma coerente, di una libertà interiore e di giudizio che mal si adattava ad ogni orientamento dottrinale e quel suo patire per le sue idee dovrebbero esserci da esempio e spingerci sempre alla ricerca del giusto e del vero, per poter risvegliare la nostra coscienza “addita” e per poter contribuire, con le nostre idee e con i nostri ideali, all’edificazione di una grande casa comune dove tutti gli uomini possano vivere in pace ed in armonia.
Frate domenicano, di origini calabresi, si era formato in un periodo di grandi rivolgimenti storici e culturali: da un lato gli spunti del contemporaneo ragionamento filosofico ed il propulsivo progresso scientifico, dall’altro la presenza opprimente della Chiesa controriformata; nel mezzo, suggestioni squisitamente popolari, superstizioni e tensioni profetiche. Tutto questo ben condito da un carattere poco incline al silenzio ed alla sottomissione, intollerante verso soprusi ed incoerenze, sinceramente convinto di poter riformare il mondo.
Nel suo pensiero egli si riallaccia quindi al naturalismo telesiano, sostenendo che la natura vada conosciuta nei suoi propri principi, che sono tre: caldo, freddo e materia. Essendo tutti gli esseri formati da questi tre elementi , allora gli esseri della natura sono tutti dotati di sensibilità, in quanto la struttura della natura è comune a tutti gli enti.
Campanella porta a differenza di Telesio, cerca invece di rivalutare l’uomo e pertanto afferma l’esistenza di due tipi di conoscenze: una innata, una sorta di coscienza interiore, e una conoscenza esteriore, che si avvale dei sensi. La prima è definita ‘sensus inditus’, che è la conoscenza di sé, la seconda ‘sensus additus’ che è la conoscenza del mondo esterno. La conoscenza del mondo esterno appartiene a tutti, anche agli animali; la conoscenza di sé, invece, appartiene solo all’uomo, ed è la coscienza di essere un essere pensante.
La sua metafisica è la dottrina delle primalità, cioè dei principi basilari dell’essere da cui dipende tutta la struttura dell’universo. Esse sono tre: la potenza, la sapienza e l’amore.
Delle tre primalità, la sapienza è innata. Più precisamente Campanella sostiene che nell’uomo vi è una prima “sapientia innata” o nozione di sé, cui si aggiunge, mediante l’esperienza, la “sapientia addita” delle cose esterne. Tale secondo sapere, sebbene vago ed insicuro, nasconde il primo che si abbassa a “sapientia abdita” o nascosta. L’anima è perciò come alienata nelle cose e dimentica di sé. La filosofia ha allora il compito di risvegliare la primitiva conoscenza di sé, mostrando che neppure il sentire sarebbe possibile senza un preliminare sentire di sentire o senso innato di sé.
Ogni essere, perciò, deve prima di tutto “sentire” sé stesso, “sapere” di sé (sia pure in modo confuso e nascosto) e poi del mondo, deve amare prima sé stesso e poi con-sente con gli altri, ha potenza su di sé e poi sugli altri esseri.
E questa capacità di “sentire” non è prerogativa esclusiva dell’uomo, ma è insita a tutte le cose.
Solo in Dio però potenza, sapienza e amore sono perfetti. Nelle creature, invece, alle tre primalità dell’essere si congiungono tre opposte primalità del non essere: impotenza, ignoranza e odio, che spiegano il disordine dell’universo e l’imperfezione della società umana.
Il mondo delle creature è, perciò, un miscuglio di ordine e di disordine, di contingenza e di armonia, di finalismo e di caso.
In base a queste premesse, Campanella si sofferma sulla religione che egli distingue in due tipologie: una religione naturale e religioni positive. La religione naturale è una religione che rispetta l’ordine universale dell’universo stesso; le religioni positive sono invece religioni che vengono imposte dallo stato. Campanella afferma però che il cristianesimo è l’unica religione positiva, poiché è imposto dallo stato, ma al contempo coincide con l’ordine naturale (cui però aggiunge il valore della rivelazione). Tuttavia anche questa teoria della religione razionale contrastava con i dogmi della Chiesa della Controriforma . Egli sostenne, del resto, la superiorità del potere temporale su quello spirituale, individuando poi il potere supremo, di volta in volta, nella Spagna e poi nella Francia, a seconda di convenienze politiche e personali.
N.B. Egli nonostante certe apparenze,è un pensatore della Controriforma. Vive tra Carlo V e Luigi XIV, in un’età in cui prima la Spagna sembra imporsi come potenza universale, poi inizia a decadere a vantaggio della Francia, fino al profilarsi dell’astro di Luigi XIV, nato un anno prima della morte di Campanella. Campanella, quale cultore di astrologia, aveva previsto per il nascituro Luigi XIV un grande avvenire e nell’ ecloga composta in occasione della nascita del futuro Re Sole, lo aveva designato fondatore di una città eliaca: l’immagine solare che aveva elaborato nella Città del Sole Campanella pensò di vederla prefigurata dagli astri nell’opera di Luigi XIV. Al cospetto della formazione degli Stati territoriali, che era stata considerata ormai un dato di fatto da Machiavelli, Campanella spera ancora nella nascita di un potere unico che ponga la base di una comunità universale. Prima auspica che sia la Spagna a creare un fondamento comune di tutta la cristianità, poi, di fronte alla irresistibile decadenza della Spagna, vede nella Francia la potenza mondiale che potrà creare l’unità politica, premessa dell’unità religiosa e morale dell’umanità intera.
Strumento secolare di questa unificazione avrebbe dovuto essere la monarchia spagnola ed in seguito, per il declinare dell’egemonia spagnola, la monarchia francese, anche se il suo ideale poetico fu la monarchia universale che fa dell’unico sovrano, riunendo in sé il potere temporale e quello spirituale, il vero luogotenente di Dio sulla Terra.
Campanella , come vi abbiamo accennato fu anche autore di un’importante opera di carattere utopico, ovvero ” La città del Sole ” dove egli descrive una città ideal. ,utopica, e governata dal Metafisico, un re-sacerdote volto al culto del Dio Sole, un dio laico proprio di una religione naturale, di cui Campanella stesso è sostenitore, pur presupponendo razionalmente che coincida con la religione cristiana.
Questo re-sacerdote si avvale di tre assistenti, rappresentanti le tre primalità su cui si incentra la metafisica campanelliana: Potenza, Sapienza e Amore. In questa città vige la comunione dei beni e la comunione delle donne.
Strettamente legato soprattutto agli inizî agli insegnamenti telesiani, Campanella svolge platonicamente una visione della natura come un tutto organico animato per la presenza ovunque di uno spirito corporeo, principio del sentire, dell’immaginare, del ricordare e del discorrere. Secondo Campanella tutti gli esseri hanno avuto da Dio la capacità di conservarsi, di amare sé stessi, di conoscere il proprio fine, manifestando così le primalitates divine (potentia, sapientia, amor); ma l’uomo emerge sugli altri esseri naturali perché nella sua natura accoglie e manifesta un impeto verso l’infinito, un’intuizione intellettuale che si radica nella mens data da Dio ai singoli uomini. Ma anche tale primato dell’uomo non scinde l’unità del tutto: questa è il fondamento di tutta la speculazione di Campanella , che sembra a volte tentato di identificare Dio e natura.
Questo è anche quello che troviamo nel suo pensiero religioso e politico: unità di natura che sembra esprimersi anche nell’indicazione del cristianesimo come religione universale in quanto naturale (nell’ambito di una natura che riceve completamento dalla divina rivelazione ) e nel sogno della finale pacificazione di tutti gli uomini nell’unica fede e in una non scissa società civile, sogno di cui Campanella si sentiva profeta dopo averne letto nei cieli i segni dell’imminente realizzazione (in natura, ogni cosa ha la sua abina e Dio è in ciascuno e in tutti)
Come per Giordano Bruno, come potete notare, nell’opera di Campanella , non è possibile scindere la problematica che si sarebbe tentati di considerare più propriamente scientifico-filosofica da quella politico-religiosa che sembra dominare tanto la sua multiforme attività di congiurato, di profeta e di riformatore; anche l’interesse alle teorie e alle tecniche astrologico-magiche e alle possibilita aperte all’uomo dalla “nuova scienza” è sempre retto in Campanella . da un desiderio di approntare i mezzi per la sognata riforma sociale e religiosa.