Alla fine di via Foria si trova una chiesa dedicata San Antonio Abate , protettore dei maiali ( e successivamente di tutti gli animali ) e patrono del fuoco.
La chiesa fu fondata da Giovanna di’ Angio’ con a fianco un ospedale per i lebbrosi .
Nello spazio antistante questo luogo , proprio di fronte al portale gotico della chiesa, il 17 gennaio si accalca una marea di animali di ogni specie.
Tutti gli animali , condotti dai rispettivi padroni , sono agghindati a festa con fiocchi , nastri colorati , ghirlande di fiori e foglie in attesa della santa benedizione che secondo vecchie credenze protegge l’ animale da future malattie e aiuta nella guarigione di quelle in atto.
Sant’ Antonio, ( al pari di San Francesco ) prima di convertirsi a vita monacale era un nobile ricco giovanotto che ne aveva fatto di tutti i colori, poi preso dal credo di Cristo , vendette tutti i suoi beni e si ritiro’ a vivere da eremita nel deserto .
Sant’ Antonio era di origini egiziane e non si e’ mai saputo come dalle rive del Nilo sia poi giunto a Napoli ma certamente sappiamo che grazie alla sua intercessione circa trecento maiali furono salvati da una grave epidemia : da qui lo vediamo in tutte le iconografie ufficiali circondato di maiali dei quali ne divenne il patrone per volere dei napoletani che, lo elessero per generosita’anche patrono di tutti i restanti animali .
Fu un santo molto amato e venerato dai napoletani che in maniera confidenziale , lo chiamarono Sant’Antuono , forse per distinguerlo , dal suo omonimo di Padova.
In origine i monaci di Sant’ Antonio avevano l’abitudine di recarsi nelle campagne per la questa e benedire con acqua Santa gli animali.. La benedizione , secondo la credenza, li avrebbe preservati da ogni epidemia. Poi pian piano con l’andare del tempo, prevalse l’uso di portare gli animali direttamente a Sant’Antuono. Una tradizione che continua ancora oggi .
In segno di gratitudine , venivano offerti alla chiesa dei piccoli maialini , che i monaci portavano con loro durante la questua, legati con una cordicella , come tranquilli cagnolini.
Quando i maialini diventavano adulti , facevano la fine di tutti gli altri loro simili e i reverendi, oltre a preparare salsicce, prosciutti e capicolli, mettevano da parte del grasso che vendevano in gran quantita’ avendo scoperto in esso delle proprieta’ terapeutiche per quella particolare infiammazione cutanea che prese il nome di ” fuoco di sant’ Antuono “dal miracoloso unguento del santo.
I monaci erano quindi considerati con i loro unguenti , in città come esperti nella cura delle malattie della pelle ed in particolare dell’Herpes Zoster ( chiamato fuoco di San’Antonio ) ed i loro maialini dal quale proveniva il miracoloso unguento (che vediamo rappresentati nell’iconografia ai piedi del santo ) erano liberi di circolare in città senza essere toccati da nessuno. I Monaci potevano allevarne un gran numero e venivano riconosciuti perchè portavano una campanella al collo ed il loro libero circolare in città , nonostante potesse rappresentare un succulento appetibile piatto del giorno per l’affamato popolo , non tentava nessuno : quelli erano i ” maiali di SantìAntonio ” e non si dovevano toccare .
Sant’Antuono , pero’ non e’ solo il protettore degli animali , e’ anche il patrono del “fuoco “.
Il giorno della sua festa , il 17 gennaio , nei piu’ popolari rioni della citta’, ancora oggi si preparano ‘ e cippi ‘, cioe’ delle piccoli catasti di mobili vecchi , carte e cartoni ma sopratutto alberi di natale cippi di albero) che hanno assolto il loro compito e oramai abbandonati vengono raccolti per le strade dai ragazzi e ammucchiati per poi arderli.
Quando la catasta raggiunge una certa altezza , si da’ fuoco tra la baldoria generale che raggiunge il culmine con il lancio , tra le fiamme di tronole e tric tracche ( fuochi d’artificio).
Una volta che tutto era ridotto in cenere e carboni , le donne si ammassavano intorno a raccogliere quei resti infuocati e li mettevano nei loro bracieri, sia perche’ , secondo la tradizione , erano dotati di poteri benefici, sia perche’ si assicuravano per una notte un dolce tepore.
La devozione per Sant’Antuono e’ ancora viva nel popolo napoletano nei rioni della vecchia Napoli e ancora oggi si vedono , la sera del 17 gennaio qua’ e la’ piccole vampate di cippi illuminare le strade , in ricordo di una antica tradizione oramai al tramonto.
Temo purtroppo come successo per tantissimi altri edifici sacri della nostra città che venga dimenticata e sopratutto abbandonata nel voluto degrado che arricchisce vandali e predatori di arte . Al momento vi posso solo dire che alcune abitazioni laterali ( alcune addirittura dentro il campanile ) già ” caratterizzano ” l’antica chiesa …….
I monaci speziali di Sant’Antonio Abate oltre alla efficacia pomata contro l’herpes , erano anche molto bravi nel fare altre innumerevoli rimedi per la cura della pelle.
Questi frati in epoca medioevale avevano accolto tra loro , molti di quei monaci all’epoca fuggiti dalla persecuzione iconoclastica scatenata a Costantinopoli dall’Imperatore Leone III, che portavano con loro molte conoscenze provenienti dal lontano mondo arabo e quindi nuovi rimedi per curare ” strane ” malattie.
I Monaci erano inoltre deputati , ad accogliere nel loro annesso ospedale pellegrini e crociati di ritorno dalle guerre crociate e tra questi avevano accolto molti medici templari che portavano con loro ben più efficaci rimedi naturali per i malanni del tempo . Grazie ai loro insegnamenti essi incominciarono a produrre una serie di medicamenti all’epoca ritenuti miracolosi perchè sconosciuti al mondo occidentale . Molti ex cavalierie medici templari erano infatti depositari di conoscenze alchemiche avute da contatti con medici arabi a loro volta eredi della sapienza mesopotamica , egiziana e greca .
CURIOSITA’ : Secondo alcuni studiosi la figura del santo pare nasconda dei simboli alchemici – templari : il vecchio barbuto con il bastone rappresenti l ‘abacus degli antichi iniziati con in mano il libro ( grimoire )della sapienza , sormontato dalla fiamma dell’adepto . Senza dimenticare il ” tau ” che appare sulla tonaca dei monaci .