Giambattista Vico fu il figlio di un piccolo libraio di umili origini di via San Biagio dei Librai , che dal 1658 prese bottega in un piccolo locale al n31 di tale strada, unitamente ad un angusto vano soprastante, che era adibito a dimora familiare .
In tale casa , in realta’ un basso con vano superiore di sei metri di lunghezza e tre di larghezza privo di servizi , visse il padre Antonio, con otto figli , in ristrettezze di ogni tipo , dividendo poverta’ e malattie .
Si cucinava in strada su un fornello portatile visto che la casa era sprovvista di una cucina
La bottega era quasi tutta ostruita dal bancone di vendita e dagli scaffali , mentre l” unico punto luce era una piccola finestra sulla strada che affacciava di fronte ad un alto edificio e dalla quale pertanto entrava poca aria , luce e sole.
Qui’ nacque Vico e visse per ventuno anni insieme ad altre nove persone , studiando ininterrottamente sul bancone del padre.
Rimane il fatto che questa casa , in questa stretta buia strada ha dato i natali ad uno dei più grandi letterati italiani . Al civico n 31 di via San Biagio ai Librai , troviamo dunque a Napoli , nel nostro centro storico , lungo la via spaccanapoli , la casa dove nacque Giambattista Vico e la sottostante libreria del padre , ricordata da una lapide deposta segretamente durante la seconda guerra mondiale da Benedetto Croce .
Tale casa , ormai dimenticata da tutti , dovrebbe essere curata , protetta e celebrata come un monumento nazionale, avendo dato i natali al piu’ grande filosofo italiano .
In questa casa egli subi’ un grave incidente , una caduta gli procuro’ una frattura al cranio , che tuttavia non pregiudico’ i suoi studi , ma trasformo’ il suo carattere in malinconico e introverso .
Benedetto Croce nella sua venerazione per colui che universalmente e’ ritenuto il piu’ grande intelletto napoletano, a proposito di questo grave incidente narra :
…… in eta’ di sette anni , essendo col capo in giu’ rotolato da alto fuori d’una scala nel piano ,onde rimase ben cinque ore senza moto e privo di senso , e fiaccatagli la parte destra del cranio senza rompersi la cotenna , quindi dalla frattura cagionatogli uno sformato tumore , per cui molti e profondi tagli il fanciullo si dissanguo’ ; talche’ il cerusico , osservato rotto il cranio e considerato il lungo svenimento , ne fe’ tal presagio : che egli o ne morrebbe o arebbe sopravvissuto stolido . Pero’ il giudizio in niuna delle due parti , la Dio merce’ , si avvero’ ; ma dal guarito malore provenne che indi in poi e’ crescesse di una natura malinconica ed acre , qual dee essere degli uomini ingegnosi e profondi , che per l’ ingegno balenino in acutezze , per la riflessione non si dilettino dell’arguzie e del falso .
Quindi dopo una lunga convalescenza di ben tre anni , restituitosi alla scuola della grammatica , perche’ egli speditamente eseguiva in casa cio’ se gl’imponeva dal maestro, tale speditezza credendo il padre che fusse negligenza , un giorno domando’ al maestro se il suo figliuolo facesse i doveri di buon discepolo ; e, colui affermandoglielo , il priego’ che raddoppiasse a lui le fatiche . Ma il maestro scusandosene perche’ il doveva regolare alla misura degli altri suoi condiscepoli, n’è poteva ordinare una classe di un solo e l’altra era molto superiore, allora, essendo a tal ragionamento presente il fanciullo , con grande animo priego’ il maestro che permettesse a lui di passare alla superior classe , perche’ esso arebbe da se’ supplito a cio’ che gli restava in mezzo da impararsi . Il maestro , piu’ per isperimentare cio’ che potesse un ingegno fanciullesco che avesse da riuscire in fatti , glielo permise e con sua meraviglia sperimento’ tra pochi giorni un fanciullo maestro di se medesimo .
Mancato a lui quest’ultimo , fu menato ad altro maestro, appo’l quale si trattenne poco tempo , perche’ il padre fu consigliato mandarlo da’ padri gesuiti , da’ quali fu ricevuto nella loro seconda scuola . Il cui maestro , avendolo osservato di buon ingegno , il diede avversario successivamente a’ tre piu’ valorosi dei suoi scolari , de’ quali egli, con le diligenze che essi padri dicono , o sieno straordinarie fatiche scolastiche , uno avvili’ , un altro fe’ cadere infermo per emularlo , il terzo , perche’ ben visto dalla Compagnia , innanzi di leggersi la lista che essi dicono , per privilegio d’approfittato fu fatto passare alla prima scuola . Di che, come di un’offesa fatta a esso lui, il Giambattista risentito , e intendendo che nel secondo semestre si aveva a ripetere il gia’ fatto nel primo, egli si riusci’ da quella scuola e, chiusosi in casa , da se’ apprese sull’Alvarez cio’ che rimaneva da’ padri a insegnarsi nella scuola prima e in quella dell’umanita e passo l’ottobre a studiare la logica .
Nel qual tempo , essendo di esta’, egli di poneva al tavolino la sera , e la buona madre, risvegliatasi dal primo sonno e per pieta’ comandandogli che andasse a dormire , piu’ volte il ritruovo’ aver lui studiato infimo al giorno . Lo che era segno che, avanzando di eta’ tra gli studi delle lettere, egIi aveva fortemente a diffendere la sua stima da letterato …………
Da ragazzo passava intere notti a studiare davanti al bancone della libreria paterna, che gli serviva da scrittoio , in compagnia dei soli suoi libri e quaderni e una famosa lucerna di creta . Quante volte la madre , di notte , svegliatasi dal sonno , era costretta a gridargli dall’ alto del suo mezzanino di avere pieta’ della sua salute rovinata e di andare a dormire .
E quante volte , nello scendere la mattina nella sottostante bottega , ella non lo ritrovo’ ancora sul bancone , col volto disfatto di chi ha trascorso la notte nello studio .
Non segui’ un corso di studi regolari : frequento’ per alcuni mesi l’ istituto del Gesu’ Vecchio , retto dai padri gesuiti . Gli insegnamenti di padre Ricci non l’ entusiasmarono affatto e preferi’ tornare agli studi senza alcuna guida , seguendo solo il suo infallibile istinto del sapere . Nella bottega paterna , dunque , completo’ gli studi umanistici e di filosofia .
Frequento’ lo studio del canonico Francesco Verde eminente studioso di diritto e lo studio del rinomato avvocato Fabrizio del Vecchio .
Le sue tristi condizioni economiche lo costrinsero a cercare lavoro e tramite il vescovo di Ischia , monsignore Geronimo Rocca , andò a fare da precettore ai figli del fratello Domenico
Dal 89 al 95 fu quindi precettore presso il marchese Domenico Rocca presso il castello di Vatolla , oggi frazione del comune di Perdifumo nel Cilento , dove utilizzo’ la prestigiosa biblioteca del suo ospitante per completare così’ la sua enorme formazione culturale . L’ aria buona di quella ridente cittadina giovo’ alla sua precaria salute : la tubercolosi che lo affliggeva da anni sembrava sopita.
Ritornato a Napoli nell’ autunno del 1695, all’età di 27 anni, affetto dalla tubercolosi rientrò nella misera dimora paterna e a causa delle grosse difficoltà economiche fu costretto a tenere ripetizioni di retorica e grammatica. Nel dicembre del 1697 tentò vanamente di ottenere un posto di lavoro come segretario al Municipio di Napoli.
Laureatosi presso l’ universita’ di Napoli , vinse presso la stessa il concorso per la cattedra di eloquenza e retorica che insegno’ dal 1699 al 1741 con uno stipendio annuo di soli cento ducati . Tale magro stipendio lo costrinse per arrotondare la somma necessaria (il padre e i fratelli, erano totalmente dipendenti da lui ) ad arrivare a fine mese ad aprire uno studio privato dove dava lezioni di retorica e di grammatica elementare, e a lavorare su commissione alla stesura di poesie, epigrafi, orazioni funebri, ecc.
Nel 1699 potè permettersi di prendere finalmente in affitto una piccola casa in vicolo dei Giganti (una casa di «tre camere, sala, cucina, loggia e altre comodità, come rimessa e cantina» ) e mettere su famiglia . Si sposò con Destito la giovane donna, Teresa Caterina dalla quale ebbe otto figli. La vita familiare, ed i problemi economici, tra ”lo strepitio de’ suoi figlioli “non consentiranno a Vico più di concentrarsi sui suoi studi .Da quel momento non avrà più la tranquillità necessaria proseguirà ugualmente le sue meditazioni .
Anche dopo la pubblicazione di “La Scienza Nuova”, sua opera principale, il pensatore non trovò la stabilità economica: l’argomento trattato era così avanti rispetto al pensiero del tempo da non essere compreso dai colleghi e dai circoli culturali. Vico non ricevette mai, in vita, gli onori per la sua mente brillante, nemmeno dopo che Carlo di Borbone lo nominò, nel 1732, storiografo regio.
Egli non fu molto apprezzato nel suo tempo , per la novita’ della sua dottrina ma anche per lo stile di scrittura poco lineare. Egli sara’ compreso solo piu’ tardi . Saranno difatti le generazioni future ad attingere al mare della sua scienza .
Il suo maggior lavoro e’ ” la scienza nuova ” in cui sviluppa la sua teoria della storia .
Ebbe perenni difficolta’ economiche poiché quei cento ducati al mese erano insufficienti a mandare avanti la casa ( con moglie e cinque figli ) , salute malferma e tanti dispiacere tra cui in particolare quella di vedersi sfuggire all ‘ ultimo momento la cattedra di diritto romano ( con stipendio sei volte maggiore ) . Il Vico aveva tutti i numeri per diventare professore ordinario e sembrava che ormai fosse cosa fatta , quando spunto’ un tal Domenico Gentile che gli soffio’ la cattedra . Fu per lui un dolore assai grande ; nel ricordare il fatto , alcuni anni dopo , gli venivano ancora le lacrime agli occhi .
Altro dolore venne dalla mancata promessa a lui fatta dal cardinale Lorenzo Corsini ( che divenne poi papa Clemente XII ), di pubblicare a sue spese la sua maggiore opera .
L’ ultimo dispiacere venne dalla dissennata vita di suo figlio Ignazio che rifiutandosi di studiare , si dava ad una vita pericolosa e sposo’ una donna di facili costumi .
Questi ando’ ad abitare in una stamberga e viveva nella piu’ squallida miseria ma quando nacque una bambina , Vico per, evitare che la bimba soffrisse , accolse in casa propria il figlio e la nuora . La prematura morte del figlio a soli 30 anni e i continui litigi tre suocera e nuora portarono Vico ad allontanare la nuora . La donna di conseguenza trascino’ la famiglia del marito in una vertenza giudiziaria senza fine .
Il nostro filosofo , debilitato dai dispiaceri , dagli acciacchi e dall ‘ eta’ , si chiuse in se stesso , una forma acuta di ipocondria lo assali’ e poco dopo mori’nel gennaio del 1744.
Filosofo , storico e giurista di grandissimo valore e’ stato rivalutato fortemente da Benedetto Croce .
Il suo sepolcro si trova nella chiesa dei Gerolomini sul Decumano Maggiore .
Una tardiva lapide , ancora oggi visibile , non sta ad indicare il luogo della sua sepoltura , ma solo che in quella chiesa furono deposti i suoi resti mortali .
Il corpo dell ‘ uomo che con il suo pensiero indico’ al mondo il cammino del sapere non si trova dietro quella lapide , ma nella fossa comune, nei sotterranei del tempio .