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Oggi vi raccontiamo di uno dei luoghi poco noti al grande pubblico, e all’enorme afflusso di turisti in città ma che a dispetto dei tanti napoletani che non lo conoscono, custodisce uno dei chiostri più belli e armoniosi della Napoli seicentesca.
Esso rappresenta la parte più affascinante dell’intero complesso di Santa Maria degli Angeli alle Croci che si trova accanto all’Orto Botanico, a pochi passi da Via Foria, lungo l’attuale Via Veterinaria, in una zona che dal Cinquecento in poi , veniva scelta con frequenza dagli ordini religiosi per nuovi insediamenti fuori dalla fascia più densa della città.
La presenza dell’attuale Facoltà di Veterinaria nell’ex convento risale già all’età borbonica: fu Ferdinando IV, infatti, a scegliere questa sede per una scuola dedicata alla cura degli animali, riprendendo un uso nato durante il periodo francese, quando, per esigenze militari, qui si formavano specialisti nella cura dei cavalli. Il nome “alle Croci”, legato alla chiesa, conserva una memoria oggi scomparsa: lungo il percorso che dall’attuale Via Foria conduceva al complesso erano disposte una serie di croci lignee, volute dai frati come stazioni della Via Crucis. Il cammino terminava davanti alla chiesa, luogo simbolico di redenzione; con il tempo le croci furono rimosse, ma il toponimo è rimasto come traccia di un’antica consuetudine devozionale.
Esso fu fondato nel 1581 dai Francescani Osservanti e per secoli fu un importante centro religioso divenendo presto un importante punto di riferimento per l’ordine grazie alla protezione di Frate Giovanni da Napoli, Ministro Generale e figura molto influente presso la corte vicereale e molto legato alle famiglie nobili del territorio.
All’esterno la chiesa presenta una facciata semplice in marmo bianco e grigio, con decorazioni attribuite allo stesso Fanzago, mentre l’interno, a navata unica con cappelle laterali, riflette gli schemi controriformati ed è oggi più sobrio rispetto ai modelli barocchi originari, anche per i molti rimaneggiamenti legati ai danni del terremoto del 1980.
CURIOSITA’: Il nome particolare, “alle Croci”, deriva da un’antica Via Crucis che iniziava dalla zona bassa di Via Foria e saliva verso la chiesa: tutto il percorso era segnato da croci in legno, oggi scomparse, volute dai frati come stazioni della Via Crucis. Il cammino, terminava davanti alla chiesa, luogo simbolico di redenzione; con il tempo tutte le croci furono rimosse, ma il toponimo è rimasto come traccia di un’antica consuetudine devozionale.
Nel Seicento il complesso fu rinnovato dal celebre architetto Cosimo Fanzago, che intervenne sia sulla chiesa sia sugli ambienti conventuali, lasciando tracce riconoscibili nella facciata e in alcune parti del chiostro.
Il convento subì poi un cambiamento radicale nell’Ottocento, quando, prima in età francese e poi sotto Ferdinando IV, fu trasformato in sede della scuola di veterinaria, funzione che ha condizionato l’uso del chiostro fino ai giorni nostri.
CURIOSITA’ : Nel 1812, con l’espulsione dei frati in età murattiana, il convento venne destinato a usi militari e messo a disposizione del Ministro della Guerra e della Marina, ospitando una caserma della guarnigione di Napoli. Pochi anni dopo, nel 1815, trovò qui sede la Facoltà di Veterinaria, istituzione che occupa ancora oggi parte degli ambienti, pur in fase di trasferimento verso la zona dei Cangiani. Questo passaggio d’uso, pur funzionale alle necessità della città ottocentesca, introdusse nel chiostro una quotidianità estranea alla sua vocazione originaria: il transito costante di animali, inevitabile per le attività didattiche, ha infatti sempre creato una sorta di discrepanza percettiva tra la nobiltà architettonica del luogo e la sua pratica ordinaria.
N.B. La presenza dell’attuale Facoltà di Veterinaria nell’ex convento risale comunque già all’età borbonica: fu Ferdinando IV, infatti, a scegliere questa sede per una scuola dedicata alla cura degli animali, riprendendo un uso nato durante il periodo francese, quando, per esigenze militari, qui si formavano specialisti nella cura dei cavalli.
L’elemento di maggior interesse del complesso, e anche il più prezioso dal punto di vista architettonico, è il chiostro, uno dei più riusciti esempi dell’architettura claustrale napoletana del Seicento. La struttura, restituita di recente alla sua bellezza originaria, ha una forma quasi quadrata, con quattro lati composti ciascuno da sette campate coperte da ampie volte a crociera ornate da stucchi seicenteschi. Le arcate poggiano su robusti pilastri in piperno, finemente scanalati, che agli angoli raddoppiano il loro spessore, secondo una soluzione ben presente anche in altri chiostri coevi della città, come quello — più noto — di San Gregorio Armeno.L’architrave corre ininterrotto lungo tutto il perimetro, definendo un ordine unico e ben proporzionato che conferisce all’insieme un senso di equilibrio e sobria monumentalità.
L’effetto complessivo è quello di uno spazio armonioso, misurato e fortemente unitario, dove la regolarità delle misure e la solidità dei materiali dialogano con la luminosità dei portici., trasmettendo al visitatore una forte sensazione di calma.
Sotto i portici scorre un ciclo di affreschi tradizionalmente attribuito a Belisario Corenzio; non tutti sono di sua mano, poiché l’artista, ormai anziano, dovette avvalersi di collaboratori, ma l’insieme conserva ancora oggi una notevole coerenza stilistica. Nonostante gli anni di uso universitario e il passaggio continuo di animali ( un elemento che contrasta in parte con la natura raccolta dello spazio) il chiostro si è conservato in buone condizioni, grazie anche a restauri recenti che ne hanno valorizzato la struttura e i decori. Oggi la chiesa è sede parrocchiale, mentre il chiostro attende una destinazione definitiva più adatta alla sua dignità architettonica.
La destinazione attuale del chiostro , pur nata da esigenze estranee alla vita conventuale , si è rivelata nel tempo sufficiente a garantire una manutenzione costante e una valorizzazione tutto sommato adeguata alla consistenza edilizia e decorativa dell’immobile. L’auspicato futuro trasferimento completo della Facoltà, potrebbe restituire a questo luogo la quiete che caratterizzava la vita conventuale e permettere una piena e più consona valorizzazione di uno dei chiostri più eleganti e armonici della Napoli barocca.






