Napoli nella seconda guerra mondiale fu la città italiana che subì il maggior numero di bombardamenti, quasi 200 incursioni dal 1940 al 1944.
Dopo l’avvenuto sbarco degli alleati in Sicilia avvenne da parte dei tedeschi e degli americani una intensificazione dei bombardamenti sulla nostra città . Una di queste ( la novantaseiesima dall’inizio della guerra ) in particolare fu quella che più colpì al cuore i napoletani: era da poco scoccata l’una e mezza del 4 agosto 1943 ed in città suonarono quelle solite maledette sirene. Tutti i napoletani corsero verso i rifugi antiaereo. Alcuni minuti dopo ben 400 bombardieri B-17, alleati (? ) sganciarono sulla nostra città centinaia di bombe martoriandola ulteriormente . Un vero massacro che durò quasi un’ora e mezza .
Ad essere colpita inizialmente dalle bombe fu tutta Via Toledo, l’intera area del Monte Echia, Via Chiaia, via dei Mille e la Pignasecca. Ad essi, subito dopo , seguirono i bombardamenti a tappeto del nostro antico centro storico ,
Gli americani, fregandosene altamente della nostra storia e sopratutto della nostra cultura scaricarono una valanga di bombe su Via Benedetto Croce (anche se non si chiamava ancora così), Palazzo Carafa, Palazzo Petrucci, palazzo Sansevero e Palazzo Corigliano danneggiandoli seriamente . Tra gli obiettivi degli aerei alleati, purtroppo era presente sia la chiesa del Gesù Nuovo che la chiesa di Santa Chiara.
La bombe che cadde sulla chiesa Gesuita, fortunatamente non esplose. Essa era infatti una bomba incendiaria, come quelle che poi caddero sul monastero di Santa Chiara.. Pensate che fortuna! Se infatti fosse esplosa avrebbe cancellato per sempre opere d’arte uniche realizzate da Massimo Stanzione, Aniello Falcone, Luca Giordano, Cosimo Fanzago, Francesco Solimena, Belisario Corenzio , Paolo De Matteis , Giovanni Lanfranco, Giovan Bernardo Azzolino, Fabrizio Santafede, Ludovico Mazzante, lo Spagnoletto (Jusepe De Ribera), Michelangelo Naccherino, Dioniso Lazzari,Gian Lorenzo Bernini, Domenico Antonio Vaccaro e tanti altri artigiani , come intagliatori, scalpellini, ottonari,e stuccatori che con la loro maestria hanno contribuito ad accrescere la magnificenza della chiesa … praticamente una vera e propria pinacoteca all’aperto.
La chiesa di Santa Chiara, invece fu addirittura rasa al suolo Essa venne infatti duramente colpita dalle bombe americane e fu totalmente sventrata.
Un atto francamente ingiustificabile dal punto di vista strategico, volto solo a creare un vero dolore per la città di Napoli, colpita al cuore e nell’anima ( ricordatevelo quando sentite dire la oggi sempre più spesso la parola guerra ).
Il conseguente incendio durò incendio che durò due lunghi giorni, distruggendola quasi interamente. Andarono perduti gran parte degli interni, delle opere d’arte settecentesche e soprattutto gli affreschi trecenteschi. Un tesoro inestimabile perso per sempre.
Tutto ciò che infatti restava di questo splendido capolavoro erano le mura perimetrali, la facciata con il grande rosone e il portale. Il restauro avvenne solo nel 1953 e restituì alla chiesa le primitive forme gotiche. Essa fu ricostruita e restaurata sotto la direzione di Mario Zampino, secondo l’originario stile gotico.
Con coraggio e con passione recuperando tra le rovine quanto c’ era da recuperare , la chiesa e’ stata ricostruita ; le linee principali sono state mantenute , ma non ci sono più’ purtroppo molti dipinti e affreschi e possiamo ammirare solo quel che resta dei monumentali sepolcri degli Angioini .
CURIOSITA’:Benedetto Croce nei suoi Taccuini scrisse “Se mi aprissero il cuore troverebbero due ferite insanabili: la distruzione dell’archivio aragonese di San Paolo Belsito e l’incendio di Santa Chiara”.
A San Paolo Belsito i tedeschi in ritirata diedero fuoco alle casse di legno che contenevano i pezzi più pregiati dell’archivio angioino aragonese; le casse erano state prudenzialmente spostate nel paese nolano. L’incendio avvenne proprio il 30 settembre, mentre la città di Napoli si liberava da sola dal giogo del nazifascismo con le quattro giornate.
Solo 10 anni dopo, il 4 agosto del 1953, la chiesa fu ricostruita cancellando i fasti barocchi e riportando lo stile architettonico al suo meraviglioso originario aspetto gotico..
Napoli con quei bombardamenti, venne ridotta ad uno scheletro e messa letteralmente in ginocchio. Il porto fu raso al suolo e i monumenti risultarono gravemente danneggiati. Persino la Reggia di Caserta e gli scavi di Pompei furono ripetutamente e selvaggiamente colpiti perdendo preziosissimi reperti e antichi dipinti.
Ma lo spirito napoletano , lo stesso che secoli prima non aveva permesso all’inquisizione spagnola di insediare un tribunale, non permise con la stessa forza ulteriore abusi ed imposizioni.
L’intera popolazione , stanca ed in preda alla miseria insorse a questo punto da sola contro i tedeschi per ben quattro giorni ( dal 27 al 30 settembre 1943) per liberare la città’ e l’intera nazione dalla loro occupazione .Imbracciarono in questa circostaza il fucile insospettabili professori e intellettuali , ma anche casalinghe , operai e sopratutto giovani scugnizzi . Tutti insieme con un’unici intento : cacciar via fascisti e tedeschi. Combatterono tutte le fasce sociali della popolazione e con tutti i mezzi a loro disposizione : armi, mobili , materassi ed anche vasche da bagno che pur di sbarrare la strada ai tedeschi venivano gettate dai balconi e poste come barriera .
La storia successiva alla liberazione vide un triste periodo fatto di mercimonio di prostitute , mercato nero e contrabbando purtroppo fortemente alimentata dalla ingombrante presenza degli “alleati americani ” .
Ma al male segue sempre il peggio e presto la città si ritrova con un sindaco di nome Lauro che conosceva una solo filosofia : abbattere e ricostruire , perchè l’edilizia da’ lavoro e poco importava se le colline ( Vomero e Posillipo ) ed il verde venivano saccheggiate da costruttori senza scrupoli .
La speculazione edilizia di quegli anni è ancora oggi purtroppo uno dei grandi scempi che deturpano la nostra città nei suoi quartieri e nei suoi paesaggi .
E’ intile aggiungere che la storia della nostra città vede tra i suoi carnefici come protagonisti assoluti anche la famosa camorra e numerosi politici locali che hanno retto in malo modo negli ultimi decenni le sorti della nostra città .
CURIOSITA’: Giusto per vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, con la ricostruzione della chiesa almeno tre cose positive avvennero:
Primo: dimostrammo grande efficienza ricostruttiva perché in soli dieci anni il restauro fu terminato e Santa Chiara venne ricostruita e inaugurata proprio il 4 agosto 1953, dopo 10 anni esatti.
Secondo: la ricostruzione avvenne spogliando Santa Chiara degli orpelli barocchi e riportandola al suo meraviglioso originario aspetto gotico.
Terzo: la distruzione della chiesa ispirò a Michele Galdieri la più bella canzone napoletana del dopoguerra: Munastero e Santa Chiara.
Il brano con la sua musica ampia e drammatica, trasmette esattamente quel coro collettivo di smarrimentoche l’intero popolo napoletano in quel lontano 1945 doveva provare : la paura, il desiderio e la speranza di un popolo sofferente che doveva vivere ricostrendo un mondo migliore senza guerra e senza armi. Senza fanatici che inneggiano alla guerra come mezzo di difesa . Rimboccarsi le mani per ricostruire le proprie case mantenendo comunque viva la propria anima nella memoria collettiva.
Dolore, incertezze, desiderio di ricostruzione.. è in questo clima, che Michele Galdieri scrive il testo della canzone per la rivista teatrale Imputati… alziamoci!, cui partecipavano Totò, Alberto Sordi e altri celebri attori.
Il brano ammagina un emigrante lontano, con il cuore colmo di nostalgia: ogni sera si ritrova a pensare a “Napule comm’era, Napule comm’è”. Le sue parole portano sullo sfondo quello che fu un simbolo visivo di bellezza e spiritualità, ridotto ormai a macerie: il Monastero di Santa Chiara, colpito e distrutto dai bombardamenti del 4 agosto 1943.
In questa canzone non è solo la città a essere devastata, ma il “core”, il cuore della sua gente e della sua cultura… la paura di trovare Napoli distrutta, diversa, spoglia delle sue antiche armonie; e al tempo stesso il desiderio ardente di ritrovarla, di riabbracciare quel “mare blu” che non è cambiato.
Il Monastero di Santa Chiara, immagine centrale e tragica del brano, diventa così simbolo della distruzione, ma anche di ricostruzione e della possibilità di risorgere.
La melodia, incarna quell’attesa carica di nostalgia e speranza. Ascoltandola, sembra di sentire il cuore della città e del paese intero, dolorante ma pronto a tornare a vivere.
Un inno di rinascita.
CURIOSTA’: La storia e le foto di questo doloroso bomardamento sulla basilica di Santa Chiata la potrete megliooservare se vi recatea visitare per qualche il suo museo, storico annesso al monastro : in questo luogo possiamo trovare foto e alcuni pezzi scampati al bombardamento del 1943.
