Inizialmente l’intera area oggi occupata dalla Reggia era una grande pianura in parte acquitrinosa, delimitata a nord dal fiume Volturno e a sud dall’antico fiume Clanio ( oggi Regi Lagni ).
Il re Carlo di Borbone ,era un grande amante della caccia e spesso passava intere settimane lontano dalla citta’ per dedicarsi alle sue battute di caccia in questo luogo che egli amava moltissimo . Aveva scelto questa zona per le sue battute di caccia e poichè passava a volte molto tempo lontano da casa decise di costruire in questo luogo una piccola reggia ( casino reale ) dove egli potesse dimorare e sostare nel lunghi giorni che egli dedicava alla caccia .
La Reale tenuta di Carditello, è dunque un complesso sobrio ed elegante di stile neoclassico, che Carlo di Borbone destino’ inizialmente a luogo per la caccia e all’allevamento di cavalli . Con l’avvento poi al trono del figlio Ferdinando questo luogo non divenne solo un semplice posto per lo svago (soprattutto per la caccia) della famiglia reale borbonica e della sua corte, ma delle vere e proprie aziende agricole industrializzate che rappresentarono una delle più alte forme di espressione di imprenditoria borbonica ispirata dalle idee illuministiche in voga in quei tempi. Per volontà di Ferdinando IV venne trasformata in una fattoria modello per la coltivazione del grano e l’allevamento di razze pregiate di bovini e cavalli di razza .
L’intera fattoria era immerso in una vasta tenuta ricca di boschi, pascoli e terreni seminativi, che si estendeva su di una superficie di circa 2.100 ettari. La fattoria divenne una azienda agricola che per l’epoca era considerata all’avanguardia per le sue infrastrutture edili e la sua organizzazione nella produzione e commercializzazione di prodotti agricoli e caseari .La famiglia reale dei Borboni in questo luogo vi creò un importante allevamento di bufali ,un importante allevamenti di pregiate razze di cavalli che divennero famosi in tutta Europa e vi insediò anche un caseificio che portò ad una vera e propria prima industrializzazione della mozzarella di bufala , la “Reale industria della pagliata delle bufale”:
L’azienda dava luogo ad un gran numero di persone e nonostante le sue nuove funzioni era considerato ancora un importante luogo di delizia ( “Reale Delizia” ) perché, nonostante la sua funzione di azienda, offriva ancora una piacevole permanenza al re e alla sua corte per le particolari battute di caccia che i numerosi boschi che la circondavano , ricchi di selvaggina permettevano.
Dalla metà del 1700 fino all’unità d’Italia, la produzione dei prodotti bufalini nel meridione d’Italia corrispondeva ad uno dei primi esempi di industria casearia d’Europa, ed era in continua crescita rientrando nei progetti illuministici d’Industrializzazione Borbonica.
Con l’unità d’Italia ormai avvenuta, il quadro cambiò notevolmente giacchè il numero dei capi fu ridotto a poco più di un terzo come conseguenza diretta ed immediata delle bonifiche che interessarono le piane intorno al Volturno, recuperando terre all’agricoltura, ma riducendo drasticamente quelle idonee all’habitat bufalino.
Dal 1861 al 1871, come tutta l’industria meridionale dell’epoca, anche la produzione della mozzarella di bufala si fermò e molte pagliare vennero dismesse, ed abbandonate.
Carditello, la Campania e l’Italia persero purtroppo uno dei primi esempi in Europa d’industrializzazione casearia, e la produzione ebbe un lento declino fino agli anni 50 e 60 del novecento, che portò l’industria bufalina quasi a scomparire.
Il processo di industrializzazione dei Borboni e la loro crescita economica era molto temuto e invidiato dal resto dell’Europa e in primis da Francia e Inghilterra.
Prima della Unione dell’Italia d’altronde alla rassegna internazionale di Parigi del 1856 l’industria borbonica ottenne il premio per il terzo posto in europa come sviluppo industriale dopo Inghilterra e Francia.
Il fabbricato che oggi vediamo fu costruito dall’architetto Francesco Collecini, allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli. Nel suo interno a testimoniare antichi fasti possiamo scorgere ancora dei bellissimi rimasti affreschi sopravvissuti al degrado e al saccheggio che per anni l’ha vista depredata dei suoi più belli arredi.
“La Reale Tenuta di Carditello detta anche Reggia di Carditello” fu per anni luogo di allevamento di questi cavalli di razza pregiata famosi in tutta Europa
I viaggiatori stranieri del ‘700 non mancano mai di citare nelle loro cronache l’eccellenza dei cavalli napoletani. Due prelati francesi, l’abate de Saint Non e l’abate de la Porte, biasimano il divieto assoluto dei re di Napoli, pena la galera, di esportare anche un solo rappresentante della prestigiosissima razza.
Questi magnifici cavalli erano il risultato bellissimo di una selezione genetica naturale avvenuta nel corso dei secoli grazie all’accoppiamento di stupendi esemplari di varie razze equine portate a Napoli al seguito dei vari eserciti che hanno dominato la città.. Il cavallo corsiero napolitano fu considerato tra i secoli XV e XVIII , uno dei migliori al mondo per le esigenze della cavalleria militare . Bello , forte e resistenze fu esportato in gran numero verso gli altri stati italiani ed europei come miglioratore di altre razze.
L’Unità d’Italia come tante altre cose spazzerà via poco a poco quest’opera d’arte vivente ed anche i prestigiosi e celebri allevamenti, come quello dei Farina , scompariranno all’inizio del ‘900 fin quando la razza fu dichiarata estinta e del cavallo non rimase a Napoli neanche il ricordo, che invece persisteva stranamente all’estero.