Sulla strada che da Napoli conduce a San Giovanni a Teduccio , sul ponte dei francesi . in prossimità del mare , in una zona un tempo abitata da pescatori e da costruttori di barca , esistono le rovine di un fortino oggi abbandonato e sconosciuto a molti che invece un tempo ha rivestito un importante ruolo nella storia di Napoli . Si tratta del forte di Vigliena che ha dato nome a tutta la zona dove si trova anche la Via Marina del Giglio che deve il nome invece al giglio borbonico inciso a bassorilievo su un’antica lastra di granito trovata in località.

 

Il forte venne realizzato  secondo i progressi dell’arte militare spagnola dell’epoca nel 1706 sotto il regno di Filippo Vdi Borbone , dall’ultimo Vicerè Juan  Emanuele Fernandez, Pacheco , duca di Escalona e Marchese di Villena ( da qui il nome ) per la difesa della costa e per tale motivo fu soprannominato ‘fortino di guardia ‘

Il forte aveva la forma di un pentagono , basse mura bastionate , costituite da scarpate , cordoni e parapetti , che consentiva di nascondersi perfettamente al bersaglio nemico dalla parte del mare ed un fossato attraversato da un ponte . Il lato verso terra terminava con due bastioni da cui si sviluppavano  in senso longitudinale , ai due lati , delle mura che terminavano anch’essi in altri due bastioni , dei quali quello a destra era adibito a deposito di attrezzatura militare e l’altro alla cui entrata era posta una guardia , a deposito della polveriera . Da questi ultimi due bastioni partivano gli ultimi due lati che si riunivano ad angolo offrendo in tal modo un fronte di fuoco meno esposto ai tiri che provenivano dal mare.

A destra e a sinistra dell’ingresso erano disposte le casermette in cui si trovavano i locali di guardia , le osterie e le officine , mentre sugli altri lati una serie di archi davano accesso a locali adibiti a deposito e  dormitori .Inoltre nel fortino erano presenti una cisterna, un pozzo, ed un fornello a riverbero che serviva a fondere i metalli per farne palle da cannone e pallettoni per fucili e pistole . Vi era ovviamente ad un piano di ronda posto in alto al quale ci si arrivava per mezzo di due piccole scale in muratura dove erano disposti sul lato mare su determinate piattaforme sette cannoni mentre sul lato terra si trovavano due cannoniere e numerose fucilerie .

Il fortino si rese celebre nel 1799 , anno della rivoluzione di Napoli . Il 23 gennaio 1799 , infatti , Napoli aveva proclamato la Repubblica Partenopea e il re Ferdinando IV di Borbone fu costretto , suo malgrado ad imbarcarsi sulla nave inglese comandata dall’ammiraglio Nelson sempre accompagnato da lady Hamilton  (di cui oramai Nelson era profondamente e perdutamente innamorato)  scortati  dal vascello del generale Caracciolo , per riparare in Sicilia , seguito dal Cardinale Fabrizio Ruffo di Bagnara , uomo scaltro e avido,

Le navi vennero colte da una tempesta di proporzioni eccezionali che rese la traversata difficilissima. Da questa brutta situazione che si venne a creare le navi ne vennero fuori solo grazie alla bravura dell’ammiraglio Francesco Caracciolo che desto’ l’ammirazione del re che ne vantò le lodi.
Questo episodio scatenò una terribile gelosia in Nelson a tal punto che una volta giunto in Sicilia egli insieme al ministro Acton costrinsero Caracciolo a disarmare la sua nave.
Incollerito e deluso a questo punto l’abile uomo di mare chiese ed ottenne di tornare a Napoli per curare il propri interessi (con grande gioia di Nelson).

Questo episodio condizionò enormemente il napoletano nel prendere la decisione di assumere successivamente il comando della flotta repubblicana e le sue simpatie per gli ideali giacobini.
Quando tornò a Napoli fu accolto con onore ed ebbe la proposta di aderire alla repubblica e comandare i resti della flotta. Dopo qualche esitazione, convintosi che si trattava dell’occasione giusta per riscattare il regno dalla pessima e cieca amministrazione borbonica, pensò bene di accettare la  proposta. Successivamente dimostrò quindi le sue qualità nella difesa dalla flotta inglese che minacciava Napoli dalle isole di Ischia e Procida al punto da combattere contro la stessa flotta reale di ritorno a Napoli.
Dopo la fine della repubblica, si nascose nei suoi feudi a Calvizzano, ma fu tradito da un servo e consegnato a Nelson, che ne impose l’impiccagione ad un albero della nave. Il corpo, gettato in mare, fu raccolto dai marinai e sepolto nella chiesa della Madonna della Catena a Santa Lucia.

 

Ma la durata dei nuovi regimi che si ispiravano ai principi della rivoluzione francese dipendevano, sopratutto , dall’andamento della guerra tra la Francia e l’Europa coalizzata  e allorchè i francesi in quello stesso anno subirono in Italia una serie di rovesci e di conseguenza ritirarono il presidio posto a guardie in città della suddetta Repubblica partenopea, Ferdinando IV, ritenendo che il cardinale Ruffo fosse l’uomo più adatto , lo nominò precario del Regno con pieni poteri  e gli affidò l’incarico di formare un esercito per occupare Napoli e  riconquistare il Regno.

 

Il Cardinale Ruffo contava di sollevare il popolo contro i rivoluzionari, contando sopratutto sulla Calabria, terra di molti suoi feudi. Partì da Palermo con un gruppo di uomini con scarse provvigioni e pochi denari e una volta giunto nella terra natale, emanò un proclama ai bravi e coraggiosi calabresi perchè vendicassero le offese fatte alla religione, al re e alla Patria invitandoli a unirsi sotto il vessillo della Santa Croce, per scacciare i francesi  dal regno di Napoli e ristabilire la monarchia

Il Ruffo si apprestò così a bandire che tutti i cittadini devoti a Dio e fedeli del re dovevano sentirsi in dovere di arruolarsi suo esercito ; in cambio avrebbero ottenuto i premi eterni , l’ esenzione fiscale per sei anni e parte dei beni che sarebbero stati confiscati ai repubblicani durante la guerra .Nel suo editto garantiva inoltre il perdono a tutti i galeotti o banditi che si fossero pentiti e uniti al suo esercito e fu instaurata a tal proposito una grazia sovrana che condonava colpe  e delitti che riguardava sopratutto i capimassa.

Quell’esercito si sarebbe chiamato Santa Fede e tutti gli appartenenti avrebbero dovuto portare sul cappello , come distintivo , una croce bianca , segno di devozione a Dio , e la coccarda rossa dei Borboni , segno di fedeltà al re. L’allettante  promessa non mancò di attirare un gran numero di contadini ed alcuni noti briganti , come i famigerati Fra Diavolo ( MIichele Pezza ) , Panzanera , ed il sanguinario Gaetano Mammone , un crudele essere umano cha amava bere in un teschio  sangue umano .Alcuni racconti dicono  dice che egli durante quelle guerre civili uccise più di 400 uomini tra francesi e napoletani ma nonostante questo godeva della simpatia del re Ferdinando e della regina. al punto che quando gli scrivevano lo definivano generale ed amico.

 

FRA DIAVOLO – MICHELE PEZZA

 

MAMMONE

 

Il Cardinale radunò i volontari, sopratutto contadini a Pizzo Calabro e incominciò una lunga marcia verso Napoli, alla raccolta di soldati volontari.
Ben presto cominciò a formarsi un piccolo esercito che raccoglieva uomini di tutti i ceti sociali e finanche carcerati e briganti. Non aveva importanza chi fossero: nobili e plebei, villici e cittadini, briganti e galantuomini, sbandati, malfattori, disertori, reclusi, evasi e frati sfratati, erano tutti bene accetti per formare l’esercito della Santa Fede.
Il suo piccolo esercito presto si ingigantì  fino a contare 25.000 uomini divenendo, sotto le bandiere borbonica e della Chiesa, l’Esercito della Santa Fede.  Ruffo conquistò tutte le città e i villaggi che attaccò. Il cardinale emise inoltre un altro editto con il quale garantiva il perdono a tutti i rivoluzionari che si fossero pentiti, che gli consentì di avanzare rapidamente e di giungere presto alle porte di Resina e di occupare il palazzo reale di Portici.
Intanto i francesi battuti nell’Alto Adige erano costretti ad indietreggiare dal territorio Italiano. Per rinforzare il loro esercito decimato e stanco richiamarono uomini dai presidi dislocati nelle varie regioni d’Italia, compreso quello dalla Repubblica Partenopea.
Lasciarono quindi solo 900 uomini a Napoli  nel Castel sant’Elmo affidando la sorte della Repubblica in città alle poche forze liberali.
Russi e Turchi, alleati di Ferdinando erano già sbarcati a Brindisi mentre la flotta Spagnola comandata da Nelson giungeva via mare.

Fu pertanto facile quindi al Ruffo occupare la città . I  repubblicani difesero non solo strenuamente Napoli ,ma  sebbene inferiori numericamente fronteggiarono anche l’insurrezione dei lazzari e aggrediti su più fronti ( le truppe del cardinale per via terra, la flotta russa alleata con i turchi per via mare ) furono alla fine costretti ad arrendersi al Ruffo con la promessa di essere risparmiati . Alcuni riuscirono a scappare e molti altri invece oramai sconfitti sul poco distante ponte della Maddalena ,si rifugiarono proprio nel forte di Vigliena . Immediatamente furono assediati dall’avanzata Sanfedista . Il tragico assedio avvenne la sera del 13 giugno 1799, mentre nel forte c’era solo una parte della legione calabrese ( 150 uomini in tutto) comandati dal dal sacerdote di Corigliano Calabro  Antonio Toscani  .Dal lato mare le flotte russe e turche ( gli inglesi erano tenuti a bado lontano dalla costa impegnati dal Caracciolo  che nel frattempo era passato dalla parte dei repubblicani ) vedendo la grande resistenza del forte dovettero abbattere le mura a colpi continui di cannone , riducendo notevolmente il numero dei suoi uomini e rendendo più vulnerabile e problematica la sua difesa. Assaltati infatti da tre battaglioni sanfedisti calabresi al comando del tenente colonnello Francesco Rapini e successivamente colpiti da un intenso fuoco di artiglieria russa , i difensori furono ridotti ad una sessantina .

I legionari calabresi superstiti ( strano a dirsi ma erano calabresi contro calabresi ) combattereno  strenuamente contro il battaglione borbonico comandato dal colonnello Rapini e dai suoi alleati . Sul parapetto del forte vi fu una terribile lotta : i repubblicani con grande coraggio e ardore erano intenti a respingere col calcio del fucile , con daghe e persino con pugni e calci i nemici più audaci che tentavano di salire dal fossato , Ogni uomo che precipitava giù era un nemico in meno , ma anche ogni repubblicano ucciso era una forza in meno.

Allo scendere della notte assaliti e assalitori combattevano al buio e ben presto i superstiti repubblicani capirono di non poter durare a lungo . In piena notte, mentre gli ultimi repubblicani stavano per soccombere alle imponenti forze nemiche già entrati nel forte , Antonio Toscani , sfuggito agli assalitori nonostante ferito a morte riuscì a trascinarsi carponi verso la polveriera , accese uno stoppaccio che aveva conservato come estrema risorsa e invocando Dio e la libertà , le diede fuoco.Un istante dopo si udì uno scoppio terribile e le mura del forte saltarono in aria con tutti i suoi numerosi invasori i cui cadaveri apparvero il giorno dopo  disseminati sulla a spiaggia .Un solo uomo e precisamente il Fabiani , meravigliato di essere vivo e senza ferite , si tuffò in mare e a nuoto raggiunse Castel Nuovo dove potè raccontare l’avvenimento e la morte dei suoi coraggiosi compagni ma sopratutto il sacrificio dell eroico Capitano .Questo episodio si diffuse in città rendendo  orgogliosi i repubblicani che da quel momento raccogliendo nuova linfa vitale pensarono tutti di imitare l’esempio .

Alexandre Dumas scrisse a ruguardo nella sua opera ‘Storia dei Borbone di Napoli’: …..in quel punto s’intese una spaventevole detonazione e il molo fu scosso come da un terremoto …. nello stesso tempo l’aria si oscurò con una nuvola di polvere e come se un cratere si fosse aperto al piede del vesuvio, pietre, travi ,rottami, membra umane in pezzi, ricaddero sopra larga circonferenza.

L’ultimo presidio della repubblica a quel punto fu Castel Sant’Elmo, ma ben presto capitolò anche questo e i rivoluzionari accettarono la resa a cui fu promessa salva la vita dallo stesso Cardinale Ruffo.
Con la promessa di essere poi condotti in Francia, i repubblicani si arresero e vennero arrestati; i capitolati tra cui Eleonora Pimentel Fonseca, furono portati sulle navi inglesi, pronte a partire per la Francia.

Il 24 giugno, giunse la flotta di Nelson, il quale a questo punto prese nelle sue mani la situazione mancando di rispettare  le onorevoli condizioni della resa garantite da Ruffo, cioè ” salva la vita a tutti “. Nelson non rispettando   i termini dell’accordo e, facendosi mano armata di Ferdinando IV, ordinò di fermare la partenza delle navi dando disposizione di riportare a terra tutti quelli che dovevano essere giudicati.

I patti di resa non furono rispettati per volere dell’ammiraglio Nelson , influenzato dalla sua amante Lady Hamilton , amica e confidente della regina Carolina che era sorella della regina Maria Antonietta di Francia , ghigliottinata dai rivoluzionari francesi odiava in maniera feroce tutti i repubblicani .In conseguenza di questo ignobile gesto centinaia  di cittadini vennero  arrestati e molti condannati a morte e  giustiziati. commettendo un vero e proprio massacro  Caddero così in quel tempo  i nomi più illustri della cultura e del patriottismo napoletano.. Fra questi numerosi personaggi rappresentativi come Mario Pagano , Domenico Cirillo, Eleonora Pimentel Fonseca, Luisa Sanfelice, , Francesco Caracciolo, alla memoria dei quali sono poi state intitolate importanti strade napoletane .

 

Abbattuta la giovane repubblica durata meno di cinque mesi e ripristinato il regime borbonico cominciarono poi le rappresaglie . La plebe ignorante e fanatica che vedeva in questi personaggi illustri non gli assertori di libertà e di giustizia ma solo rivoluzionari venuti a sovvertire l’ordine costituito durante le esecuzioni ballava intorno al patibolo improvvisando dei canti . I lazzari , guidati dall’intrepido Michele Marino detto il Pazzo ricercavano dovunque i giacobini . Molti di questi si erano in passato taglati i capelli per seguire la moda francese e per evitare di essere riconosciuti si applicarono codini posticci . Ma il popolino che aveva capito il trucco girava cantando : …. vuoi conoscere il giacobino? e tu tiragli il codino . Se la coda ti viene in mano , questo è il vero repubblicano!….

 

Il fallimento della rivoluzione napoletana fu il semplice fatto che la sua matrice non nasceva dal popolo ma solo da un gruppo di  intellettuali patrioti che non aveva coinvolto il popolo  che infatti rimase fedele al re al punto da difendere con le armi il suo regno contro quelli che venivano dichiarati nemici francesi e non amici. Non essendo  un’espressione del popolo,  i giacobini vennero considerati dalla maggior parte del popolo traditori in quanto si erano ribellati al re e alle autorità costituite e solo da pochi considerati patrioti. Essi erano per la maggior parte giovani aristocratici colti portatori di idee e di ideali lontane dall’esigenza dell’uomo di strada e la loro colpa fu quella di non arrivare a spiegare e a far capire al popolo i vantaggi delle loro nuove idee.
Il popolo ignorante insomma non capì mai chi erano e cosa volevano questi giacobini creando in tal modo una vera e propria frattura di classe.
Essi secondo la maggior parte di loro  instaurarono una repubblica rivoluzionaria fondata sulle armi di un invasore  straniero contro la volontà della popolazione del Regno fermamente fedele invece al re.

Con la distruzione del forte di Vigliena si diede il via quindi definitivamente alla restaurazione borbonica. Essa , in brevissimo tempo falciò quello che Benedetto Croce definirà “il fiore dell’intelligenza meridionale” ed il primo a pagarne le conseguenze  primo fu Caracciolo che pagò anche per l’odio che Nelson nutriva nei suoi confronti. Fu impiccato ad un pennone della sua nave ed il suo corpo fu gettato in mare.
Sui motivi che indussero Orazio Nelson ad operare in modo così poco onorevole, influì certamente la sua passione per lady Hamilton, la moglie dell’ambasciatore inglese e amica intima, MOLTO INTIMA  di Maria Carolina, la quale si servì appunto della sua amica per far pressione sull’ambasciatore e soddisfare tutto l’odio che nutriva per i repubblicani.
Nelson era pazzamente invaghito della bella Emma Lyon ( avventuriera di gran classe che era riuscita ad irretire fino a farsi sposare, Sir William Hamilton ) che per espresso desiderio di Maria Carolina era a bordo dell’ammiraglia.
Indignato e sinceramente addolorato, il cardinale  tentò in tutti i modi di evitare la feroce carneficina e resosi conto che Nelson li avrebbe massacrati tutti, offrì ai prigionieri  la possibilità della fuga via terra; ma questi purtroppo non si fidarono di lui e si consegnarono all’ammiraglio inglese, il quale  con l’approvazione di Maria Carolina più che di Ferdinando fece impiccare ben 99 di loro.
Il cardinale minacciato addirittura di arresto, assistette impotente agli orrori della repressione e molto amareggiato decise di ritirarsi prima a Roma e più tardi  a Parigi ( al seguito di  papa Pio VII in prigionia ). Solo dopo quindici anni tornerà a Napoli trascorrendo  gli ultimi anni della  sua vita nella sontuosa dimora di famiglia, Palazzo Bagnara, nell’attuale Piazza Dante, numero 89. Alla sua morte fu sepolto nella sontuosa Cappella di famiglia, nella chiesa di San Domenico.
Il  tradimento compiuto da Ferdinando e dai suoi alleati dei patti sottoscritti, lo macchierà da questo momento in poi  per sempre quale individuo vile ed inaffidabile creando di fatto una frattura tra la monarchia e i ceti  colti che non si ricucirà mai più.

Il Forte di Vigliena , dimenticato da storici e napoletani rappresenta quindi uno dei luoghi più importanti che hanno caratterizzato la storia della nostra città . Abbandonato all’incuria esso attende da decenni un suo processo di riqualificazione che dovrebbe inglobare come da tempo si dice tutto l’intero litorale inquinato e composto da edifici per la maggior parte in disuso . Su questo lato costiero dovrebbe nascere un enorme porto turistico, nuovi sedi universitarie ed un centro di sviluppo Apple.

Tra i progetti da realizzare sembra che ci sia anche l’atteso parco Archeologico urbano del forte di Vigliena , che dovrebbe sottrarre alla decadenza uno dei luoghi più importanti ed obliati della storia napoletana , oggi sommerso da rifiuti , cani randagi e manufatti abusivi.

SPERIAMO BENE !

 

CURIOSITA’ :

Nella strada strada dove era presente il forte è presente un pò più avanti un imponente immobile che appare all’orizzonte con il profilo di un castello medioevale . Si tratta invece solo dell’ex  stabilimento Cirio presente un tempo in questa zona . La fabbrica di pelati che ha cessato le attività da neanche vent’anni, ma che a guardarla sembra sia invece passato un secolo.

Il complesso costruito nel 1928 da Aldo Trevisan è oggi completamente in rovina e rappresenta un peso morto per il demanio portuale. Ormai abbandonato da anni all’incuria locale  è stato rubato di  ogni bene che invece poteva essere venduto: cavi di rame, scaffali, sanitari etc etc.

Sventrato dentro e sbriciolato fuori , oggi appare  abbandonato in un triste silenzio interrotto di tanto in tanto dal gran  fracasso prodotto dai vetri che s’infrangono al suolo e dagli infissi sgangherati che pian piano si staccano da soli e precipitano sui  pezzi di cemento che vengono giù dalle pareti marcite.

 

Eppure quella che oggi appare solo come una cattedrale abbandonata nel deserto di Vigliena , era un tempo , negli anni ’60  una delle più importanti industrie conserviere d’Europa.

L’Azienda fondata a Torino nel 1875 da Francesco Cirio sii trasferì poi San Giovanni a Teduccio, dove il pomodoro si coltivava . Essa vendeva infatti pomodoro pelato inscatolato a mano, in maniera maniera artigianale , sdoganando il  primo vero modello di “made in Italy” legato al cibo . Essa divenne in poco tempo un vero e proprio simbolo manufattiero dando  Impiego a ben  10mila persone in tutta la regione assieme all’indotto, nel periodo estivo di circa  3 mila sono occupati solo a Napoli Est, tra San Giovanni e Vigliena.  Con gli  anni Settanta,  e la crisi del modello industriale, dopo le tante battaglie dei sindacati,  l’azienda subì in duro colpo . Fu  venduta alla Sme sopravvivendo  al Sud pochi anni ancora. Chiusero in poco tempo però  i tanti stabilimenti nella Regione, e le 4 tenute agricole.Oggi è di proprietà di Conserve Italia, a cui appartiene anche il gruppo Valfrutta, con base e stabilimenti al Nord.Della grande fabbrica abbandonata , i cui vasti ambienti riqualificati , potrebbero ospitare iniziative sociali e culturali, o anche imprese commerciali in grado magari di restituire un po’ di vita a questa strada , solo una piccola parte dopo tante chiacchiere e pochi fatti , è stata ristrutturata nel 2011 per accogliere i laboratori degli allestimenti scenici del Teatro San Carlo .Attraverso la  riconversione di questi ex stabilimenti nei nuovi laboratori artistici si è voluto promuovere  e realizzare in città , un polo formativo  dove possano confluire , non solo le  attività formative già esistenti  al San Carlo , ma anche  la creazione di nuove opportunità (scuola per tecnici, amministrativi, marketing, comunicazione, produzione, segreteria artistica, orchestra giovanile, canto),  e nuove attività di spettacolo ed ampie aree espositive. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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