Ai piedi della collina di Poggioreale, un tempo chiamata monte di Leutrecco ( o, popolarmente, Lo Trecco ) sorge un antico cimitero oggi dimenticato dai napoletani che fu realizzato nel 1736 dall’architetto Ferdinando Fuga su commissione di Ferdinando IV di Borbone : Il cimitero di Santa Maria del Popolo, conosciuto come cimitero delle 366 fosse o come cimitero dei Tredici .
Il re commissionò l’opera del cimitero all’architetto Ferdinando Fuga già artefice del Real Albergo dei Poveri, voluto da Carlo di Borbone, del palazzo dei Granili, ( ora crollato) , e della facciata della chiesa dei Girolamini.
L’origine del termine “Leutrecco” del monte , proviene dalla deformazione del nome di Odetto de Foix visconte di Lautrec che dopo il sacco di Roma perpetrato dai lanzichenecchi di Carlo V, installò in questa zona nel 1528 l’accampamento francese per porre sotto assedio la citta’ di Napoli .
Odetto de Foix fu mandato in Italia da Francesco I per vendicare lo scempio di Roma .
In questa citta’ , i Lanzichenecchi e tutti coloro che militavano nell’esercito imperiale di Carlo V , dopo aver massacrarono tutti quanti si trovavano con un’arma in mano , senza alcun rispetto per nessuno , uccisero uomini , rapirono donne, profanarono chiese , violarono conventi ,torturarono preti , violentarono monache , rubarono beni pubblici e privati e distrussero numerose opere d’arte .
Fu un giorno terribile per Roma ( 6 maggio 1527 ) che dai tempi dei barbari non aveva visto nulla di piu’ spaventoso e tutti giurarono vendetta.
Il visconte di Lautrec per ordine del re francese doveva attaccare e conquistare la città di Napoli occupata dagli spagnoli e capitale vicereale spagnola in Italia .
Il sanguinario generale francese , giunse alle porte di Napoli nel 1528 con il suo esercito di ventimila uomini , insediandosi nell’antico luogo occupato dall’acquedotto della Bolla nella zona di Poggioreale poi chiamata Cupa Lautrec di Poggioreale, ( “Cupa Leutreh“). Egli pensò bene dopo un lungo assedio di cingere d’assedio la città occupandone sopratutto le alture . Lo scopo era quello di evitare i rifornimenti alimentari in città e lasciar morire di fame tutti i suoi cittadini. Lo schieramento francese andava dalla sommità del colle di Poggioreale fino al mare e gli attendamenti erano disposti al margine di una zona inurbanizzata, paludosa e acquitrinosa detta, le “paludi “.
L’intera Napoli fu circondata dalle truppe francesi ed il porto della città fu chiuso dalle navi del mercenario Filippino Doria, nipote del leggendario capitano Andrea Doria.
Gli attacchi erano continui , ma la città si difendeva bene . Successe allora che dopo mesi di assedio ,per vincere la forte resistenza , decise , in prossimità dell’estate e del caldo , di togliere anche l’acqua alla città per rendere ancora più crudele l’agonia dei napoletani e conquistare la città .
Lautrec , penso’ quindi di distruggere l’acquedotto e le condutture dell’acquedotto della bolla . Le acque della conduttura si sparsero di conseguenza nei vicini terreni della zona acquitrinosa . Gli spagnoli approfittarono di questa mossa ed in quelle acque stagnanti , già’ di per se malsane immisero una grande quantita’ di canapa in modo che i miasmi della macerazione appestassero l’accampamento francese .Il vicerè di Napoli infatti ,ormai rassegnato nel vedere la sua città prossima alla fine , mandò dei pozzari nelle condutture dell’acquedotto distrutto e vi fece gettare della canapa nelle enormi paludi che si erano venute a creare .
Fu un gesto disperato indirizzato al solo esercito francese e ad Odetto che già pregustava il suo ingresso trionfale in una Napoli devastata dalla fame e dagli stenti .
Il risultato ottenuto pero’ fu ancora piu’ catastrofico di quello atteso , poiché grazie anche al forte caldo si prosciugarono le paludi e si sviluppo’ una micidiale pestilenza che distrusse quasi per intero l’intero esercito francese portando alla morte molti uomini tra i quali lo stesso Lautrec .
I loro resti furono raccolti nella grotta degli Sportiglioni mentre i restanti decimati sopravvissuti soldati , indeboliti dalle febbri , sbandati e senza comando abbandonarono quei luoghi infetti ritirandosi .Il caldo di agosto che nelle intenzioni di Odetto de Foix doveva nelle sue intenzioni essere un suo alleato si rivelo’ essere invece il suo carnefice. Il suo cadavere fu rubato da un ladro spagnolo, che provò a rivenderlo ai francesi, ma nessuno desiderava più rivedere quell’uomo così crudele e dopo essere stato gettato in uno scantinato per anni, fu riportato a Napoli per essere seppellito nella stessa città che provò a distruggere, nella chiesa di Santa Maria la Nova.
Il nome della collina da quel momento prese il nome di ” colle Leutrecco” (Lo Trecco) in ricordo proprio del visconte di Lautrec , Odetto de Foix , e sara’ poi nel corso del tempo ancora piu’ deformato dal dialetto napoletano e trasformato in “Trivici ” la cui italianizzazione ha poi portato alla parola ” tredici “.
Oggi a ricordare quei giorni che fecero tremare Napoli c’è solo una piccola stradina dal nome strano, la Cupa di Lautrec.
L’insano gesto del vicerè non risparmiò nemmeno la città ,che già fortemente colpita dalla guerra , afflitta da fame , sete e carestia , fu facile preda della terribile peste che si diffuse tra il popolo incominciando a mietere numerose vittime.
Un contributo significativo al diffondersi epidemico del morbo lo diede la contiguita’ delle cisterne e dei pozzi neri all’interno delle cave tufacee
Gli ospedali erano eccessivamente affollati ed il numero dei morti aumentava di giorno in giorno . Era usanza comune all’epoca , sotterrare i morti nelle cavità di ospedali, chiese e grotte , ma il numero dei morti era altissimo e non si trovava in questi luoghi piu’ spazio .
Le Cave di Tufo che accoglievano le salme , come il famoso Cimitero delle Fontanelle non riuscivano più a contenere i numerosi Corpi e divenne urgente trovare una soluzione per non alimentare la nascita di malattie. Inoltre per problemi sanitari si rendeva necessario isolare queste salme per non diffondere ulteriormente il morbo .
Si penso’ bene quindi di non seppellire piu’ i corpi dei defunti all’interno delle chiese, o nelle immediate vicinanze di esse e prevedere la creazione di grandi fosse comuni al di fuori della mura cittadine.
Una delle aree particolarmente in uso e piena di cadaveri , era quella di una grande cavità, detta piscina, posta sotto l’ospedale degli Incurabili dove gli ammalati deceduti venivano gettati alla rinfusa . Si trattava di un’enorme fossa comune , che a causa del cattivo odore che da essa proveniva comprometteva gravemente la salubruta’ dell’ aria con conseguente pericolo di infezioni .
Il grande numero di morti che affligeva l’ ospedale non poteva piu’ essere contenuto in questa fosse comune e si penso’ bene ad un certo punto di costruire un Cimitero a proprio uso esclusivo lontano dall’ ospedale che sorse nella zona di San Antonio Abate su disegno di Ferdinando Fuga. Questo cimitero fu in assoluto il primo cimitero ad essere costruito al di fuori delle mura cittadine anticipando di circa quarant’anni l’editto napoleonico di Saint Claude e fu anche ,il primo esempio cittadino , insieme alla realizzazione del Real Albergo dei Poveri , di un’area specificamente dedicata ai poveri, facente parte del grande progetto illuministico intentato all’epoca dai borbone per le classi meno abbienti.
Ferdinando Fuga per risolvere il problema dei tanti cadaveri che quotidianamente, venivano gettate nella fossa dell’Ospedale degli Incurabili o seppellite senza alcun ordine nelle aree rurali e periferiche della capitale , propose un propose un suo progetto di cimitero , che fu subito approvato dal re Ferdinando IV di Borbone .
Il re, non solo affido’ l’opera di costruzione al grande architetto ma addirittura collaboro’ ‘economicamente alla sua realizzazione con un contributo personale di 4500 ducati .
Il 31 dicembre del 1736 venne finalmente quindi aperto il Cimitero di Santa Maria del Popolo, detto anche “Cimitero delle 366 Fosse”, che per l’epoca fu considerata una vera e propria opera rivoluzionaria d’ingegneria, a metà tra struttura Sanitaria e centro di Smaltimento che restato in funzione fino al 1890, si calcola che abbia ospitato circa due milioni e mezzo di salme delle classi meno abbienti .
Il cimitero a pianta quadrata , delimitato da alte mura possiede al suo interno un cortile suddiviso in 366 ambienti ipogei disposti in 19 file per 19 righe, con una fossa centrale destinata a raccogliere le acque piovane.
Un tempo , prima della ‘allargamento del cimitero nel 1871 vi si trovavano anche altre 6 fosse disposte nell’atrio di un altro edificio rettangolare posto ad un lato dell’ingresso , oggi destinato ai servizi.
Il portale d’ingresso è sormontato da un timpano, nel cui interno è raffigurato un simbolo mortuario mentre ai i lati dell’ingresso due grandi lapidi narrano l’apertura del sepolcreto voluto dal re.
La caratteristica di questo cimitero sono proprio le sue 366 fosse fatte per precauzioni sanitarie in un periodo in cui carestia e peste affliggevano la città’.
Perché così tante? . La risposta la ritroviamo in una antica relazione della segreteria dove possiamo leggere ‘«Seppellendosi i cadaveri ogni giorno in una fossa nuova non viene prima di un intiero anno a riaprirsi quella fossa».
Ovviamente questo per motivi sanitari era un gran vantaggio perché’ permetteva l’inumazione ordinata dei morti secondo un criterio cronologico e questo non permetteva di riaprire quella determinata buca se non prima di un anno riducendo cosi’ il rischio di infezioni .
Le 366 fosse ( come i giorni dell’anno bisestile ) secondo un criterio logico , consentivano di gestire tutte le sepolture durante tutto l’anno, e la procedura prevedeva che ogni giorno venisse aperta una sola fossa diversa in cui venivano deposti tutti i defunti di quella giornata e che poi la sera questa venisse richiusa e sigillata.
Le fosse erano profonde circa sette metri, ed erano allineate diciannove per file.
La sequenza procedeva da sinistra a destra, ( da un muro all’altro ) ma cambiando file la progressione cambiava andamento, da destra e sinistra, e così via.
Le lapidi di basalto, che sigillavano le fosse, furono disposte in modo che i becchini si trovassero a lavorare ogni giorno su una fila differente da quella del giorno precedente. I corpi erano lasciati cadere nelle fosse senza cura né attenzione, fino a quando, nel 1875, una baronessa inglese che aveva perduto la figlia in seguito a un’epidemia di colera, decise di donare al cimitero un macchinario, realizzato da una fonderia napoletana, che calasse con calma e precisione le salme all’interno delle sepolture.
Su ciascuna lapide , secondo un rigido ordine cronologico veniva apposta una lastra con sopra un numero inscritto in un cerchio . Questo consentiva conoscendo solamente il giorno del decesso, di poter almeno individuare, in quella fossa comune” riposava il proprio caro ed individuare il punto preciso in cui pregare .
Il sistema permetteva in tal modo di risolvere da un lato il problema sanitario e dall’altro di non abbandonare delle povere anime senza dedicare loro una degna sepoltura ( cosa improponibile a Napoli, dove il culto dei morti è sempre stato molto diffuso
L’unicità di questo Cimitero consiste a differenza delle Terre Sante, o delle Cave di Tufo, nella possibilità di determinare con assoluta certezza la collocazione della Salma, anche per i poveri che da allora venivano registrati.
Il cimitero realizzato dal grande architetto Ferdinando Fuga, fu affiancato nel 1837 da un altro cimitero realizzato da Leonardo Laghezza ( dei colerosi ) , mentre negli anni sessanta sono stati aggiunti loculi al muro perimetrale.
Nel 1890 l’intera area cimiteriale delle 366 Fosse , dopo aver accolto più di settecentomila corpi venne chiusa in quanto considerato non piu’idoneo alle nuove esigenze del tempo.
Il cimitero realizzato dal grande architetto Ferdinando Fuga, si trova in una traversa di corso Malta ( via Fontanelle al Trivio 51 ) e versa attualmente in condizioni di totale abbandono da parte della Pubblica Amministrazione .
Esso nonostante la sua importanza Storica e Sociale viene oggi snobbato dalle Istituzioni e dalle associazioni Culturali dimenticato dai napoletani e sconosciuto o quasi a turisti .
Il macchinario per il sollevamento delle lapidi , seppur inutilizzabile, è ancora oggi visibile, seppure abbandonato tra la fitta vegetazione del luogo .
Sono pezzi unici che andrebbero gelosamente conservati in un museo, mentre invece sono ridotti ad ammassi di ruggine quasi irriconoscibili e letteralmente mangiati dal tempo e dall’incuria.
L’intero complesso architettonico rimane ancora oggi a mio parere un patrimonio importante dell’architettura settecentesca della Napoli capitale .
Esso necessita però di forti interventi di restauro e sistemazione che vanno ben oltre la manutenzione corrente e andrebbero fatti per valorizzare una delle strutture che ha segnato insieme all’albergo dei poveri il più alto punto del sogno borbonico di voler regolarizzare ogni aspetto della vita dei loro sudditi, secondo un modello di citta’ rinascimentale allora vigente in Europa .
Odetto di Foix , era un generale al servizio di Luigi XII , che gia’ in eta’ giovane aveva dimostrato il suo valore conquistando Genova .
Era considerato sul campo di battaglia , abile , audace , geniale e bravo nella tattica ma era anche tristemente noto per essere crudele e cattivo .
Con il tempo si era andato macchiato dei più atroci crimini: si raccontava in giro che avesse ordinato ai suoi soldati di imprigionare vecchi e bambini, per chiedere poi riscatti al popolo e che addirittura godeva nel torturare i suoi stessi soldati disubbidienti .
Quando sua sorella diventò l’amante del nuovo re di Francia, Francesco I, egli fu nominato , grazie alle intercessioni della sorella , Governatore d’Italia, e successivamente inviato alla volta di Napoli . Nel suo passaggio verso Napoli , a Melfi, massacrò con il suo esercito circa tremila persone, fra soldati e civili, e senza pieta’ brucio’ l’intera città dinanzi ai cittadini, nonostante la mostrata disperazione degli stessi che piangevano dinanzi alla perdita delle proprie case.
Odetto de Foix ,era un uomo senza scrupoli che pensò di conquistare Napoli con la più terribile delle armi: la fame e la sete.Chiuse tutte le vie di approviggionamento e distrusse l’acquedotto .
Egli provocò in tal modo l’impadulamento della zona ai piedi del colle di Poggioreale dove era accampato con il suo esercito . Il caldo, l’arsura e la canapa immessa dai spagnoli generarono la peste che fu causa anche della sua stessa morte