Dalla metà del 1800 circa, un gruppo di popolane del rione Sanità, denominate “e’ maste”, riordinò tutti i resti mortali ammassati disordinatamente all’interno della cave di tufo nel corso delle varie epoche. Tutte le ossa furono disposte in una sorta di “pietas popolare” a ridosso delle pareti tufacee seguendo schemi e raggruppamenti ben precisi. Questa sistemazione è ricordata con una lapide all’esterno della chiesa di Maria S.S. del Carmine realizzata alla fine dell’800 e tende a ricordare tutti coloro che morirono in occasione delle pestilenza, in povertà o nelle carceri e classificati pertanto come resti mortali “anonimi”.
Nell’ordinare le ossa furono messe nella navata retrostante la chiesa quelle provenienti dalle parrocchie e dalle congreghe, per cui essa fu detta “navata dei preti”; la centrale fu chiamata “navata degli appestati” perché in essa erano stati sotterrati questi morti. L’ultima è la “navata dei pezzentelli” perché qui furono accomodate le ossa della gente povera. Così il cimitero entrò nel costume cittadino. Oggi, è insieme un luogo di culto e di macabro fascino, in cui si concentrano anche molte leggende e racconti di miracoli.
A guidare e coordinare i fedeli nella opera di sistemazione dei resti mortali è stato il canonico Gaetano Barbati, fondatore e promotore di un’Opera pia per il suffragio delle “anime in pena”. Nel marzo del 1872 il cimitero delle Fontanelle venne aperto al pubblico e le chiavi dal Municipio vennero consegnate al parroco di Materdei. Grazie a Barbati e al Cardinale Sisto Riario Sforza fu istituita un’Opera di suffragio ai defunti nel detto cimitero”…adibendo a chiesa provvisoria la prima cava, sgombrata all’uopo dagli ossami con gran concorso di popolo …”. Il 13 maggio 1877 fu celebrata nel cimitero una prima manifestazione religiosa alla presenza del Cardinale Sforza che prese parte anche alla processione che seguì il detto rito di pietà ed espiazione.
Dal 1884, anno in cui fu terminato il riordino dei resti umani, la “pietas popolare” napoletana si è rivolta alle “ossa e crani anonimi” con devozione religiosa familiare, con un culto che spesso richiama arcaiche tradizioni di tipo pagano. Alle anime in pena si rivolgevano amorevoli cure e suffragi, garantendo loro il cosiddetto “refrisco”. Questo “refrigerio” sarebbe poi stato successivamente ricambiato con l’intercessione dell’anime in pena per la protezione del fedele nei momenti di bisogno. I napoletani, in un clima di venerazione e culto anonimo, iniziarono dunque ad esprimere la propria devozione verso un ideale diverso dalla santità.
La devozione spinta fino all’ “adozione” del teschio e la collocazione di immaginette votive e messaggi scritti all’interno dei reliquari esprimeva una forma di equilibrio tra il culto dei Santi e la devozione popolare delle anime del purgatorio. Il grande numero di urne devozionali site nel Cimitero delle Fontanelle rappresentano i ringraziamenti dei fedeli per le grazie ottenute con l’intercessione delle anime in pena. Le “Maste”, ossia le popolane-devote alle quali la tradizione locale aveva attribuito una particolare sensibilità per il culto delle anime purganti, hanno aiutato migliaia di fedeli nella ricerca delle anime particolarmente bisognose di cure e preghiere. All’interno del cimitero si snodavano le processioni religiose, e venivano recitate le caratteristiche “giaculatorie e litanie” per le anime in pena, tra le tante una:
Anime sante, anime purganti,
Io son sola e vuie siete tante
Andate avanti al mio Signore
e raccontateci tutti i miei dolori
Prima che s’oscura questa santa giornata
da Dio voglio essere consolata.
Pietoso mio Dio col sangue Tuo redento
a tutte le anime del Purgatorio salutammelle a tutti i momenti,
Eterno Riposo

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