Piazza Carlo III – Real Albergo dei Poveri – Orto Botanico -Museo d’Arte contemporanea DonnaREgina (M.A.D.RE)- Chiesa di San Giuseppe dei Ruffi – Chiesa di Santa Maria Donnaregina – Museo Diocesano – Il Duomo-  il Museo del Tesoro di San Gennaro – Complesso Monumentale Nazionale dei Girolamini – Il l Pio Monte della Misericordia -Sito Archeologico di San Carminiello ai Mannesi- Chiesa di San Giorgio  ai Mannesi Complesso Monumentale di San Severo al Pendino, ed il  Il Museo Civico “Gaetano Filangieri

Iniziamo il nostro percorso incontrandoci  nella Piazza dedicato al re Carlo di Borbone ( Piazza Carlo III ) per ammirare dal suo esterno il piu’ grande palazzo di Napoli .
Si tratta del Real Albergo dei Poveri o Palazzo Fuga ( nell’uso popolare, Reclusorio o Serraglio) che oltre ad essere   il maggiore Palazzo monumentale di Napoli rappresenta anche una delle più grandi costruzioni settecentesche d’Europa.

Il palazzo disegnato dall’architetto Ferdinando Fuga, nonostante le sue dimensioni risulta essere molto ridotto rispetto al progetto iniziale.L’opera infatti rimase incompiuta per cui la sua attuale mole (oltre 100.000 metri quadri di superficie utile) rappresenta solo un quinto del progetto originale.
I numeri del palazzo monumentale sono tra i più grandi al mondo: la facciata è lunga oltre 350 metri, 9 km di sviluppo lineare dei corridoi, 430 e più stanze distribuite su 4 livelli, 8 metri l’altezza della sala più maestosa e 100.000 metri quadrati di superficie utile.

Nel 1735 fu re Carlo III di Borbone, a volere questa opera immensa che aveva come scopo quello di ospitare in un’unica grande struttura tutti i poveri del Regno , ( tanto che fu chiamato l’ Albergo dei poveri ) gli orfani , i mendicanti del regno ed i veterani che erano tornati mutilati (una delle categorie che più stavano a cuore al Re ) poiche’ chi aveva servito la Patria aveva diritto ad essere assistito e servito egli stesso..
La struttura riusciva ad ospitare circa ottomila persone . Lo scopo di questa struttura era non solo quello di ospitare le persone piu’ povera del regno ma anche quello di guidarli poi in un percorso di formazione nel campo lavorativo .Veniva cioe’ insegnato loro un mestiere che li avrebbe potuti cosi’ rendere autonomi e autosufficienti nella vita quotidiana.

Gli ospiti venivano suddivisi per sesso ed età  : uomini e donne, ragazzi e ragazze che venivano sistemati in settori rigorosamente separati : le attivita’ si svolgevano in ali separate del palazzo : i maschi studiavano grammatica ,matematica,musica, disegno e si dedicavano all’ apprendimento di mestieri manuali come : stampatore , sarto, meccanico, calzolaio o tessitore. Le donne invece oltre che allo studio erano rese pratiche nella tessitura e nella sartoria.
Nonostante i buoni propositi, l’Albergo dei Poveri, tuttavia, divenne un vero e proprio carcere, essendo etichettato come “serraglio”, cioè di un luogo dal quale non sarebbe stato più possibile uscire.
Nel 1838, nelle sale dell’Albergo trovò posto la Scuola di Musica che fornì per vari anni suonatori provetti alle compagnie militari . Sorse anche una scuola per sordomuti, senza mai perdere la sua primitiva impronta assistenziale.

Nel 1937 , Il real albergo dei poveri divenne   Centro di Rieducazione per Minorenni,  che recuperati alla vita sociale ricevevano l’ avviamento pratico ai mestieri.
Il centro di osservazione minorile comprendeva due giardini , due palestre, l’ infermeria , un refettorio con cucina, un’officina ,un laboratorio artigianale, una scuola elementare.
Questi piccoli ospiti, sottoposti ad osservazione, selezioni e curati in relazione alle condizioni ambientali ed economiche in cui erano nati e cresciuti, ed alle cause fisiologiche e sociali che ne avevano determinato la devianza, erano avviati al laboratorio d’istruzione ed alla classe professionale dove ricevevano una preparazione tale da essere poi assunti come operai specializzati nelle aziende pubbliche o private.

Il palazzo con il tempo e’ andato dimenticato e abbandonato, importanti crolli dell’ala su via Tanucci furono registrati nel 1929, e un terremoto del 23 novembre 1943 provocò il distacco di alcuni solai dai muri laterali.
Nel crollo a seguito del terremoto del 1980 persero la vita alcune anziane donne e due persone che le assistevano. La proprietà dell’edificio, quindi, passò al Comune, che avviò il restauro nel 1999.
Il palazzo per anni abbandonato dalle amministrazioni in uno stato di totale degrado solo da poco ha visto una parziale iniziale ristrutturazione della  sola facciata .

Avviamoci ora lungo Via Foria per incontrare dopo poche centinaia di metri alla nostra destra un altro dei tanti bei luoghi di Napoli fondato nel periodo in cui la città partenopea era dominata dai Francesi; si tratta del bel Real Orto Botanico di Napoli fondato nel 1807  recante la firma di Re Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone.

L’  Orto Botanico di Napoli  oggi e’ sede di una struttura universitaria, della facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, ed è sicuramente il più importante in Italia per il numero e la qualità delle specie presenti.

La realizzazione del progetto fu affidata agli architetti de Fazio e Paoletti. Il primo realizzò la facciata monumentale, il cui stile fu uniformato a quello dell’adiacente Albergo dei Poveri, l’edificio del Castello, sede dell’Istituto, e la “Stufa temperata”. Il secondo si occupò della progettazione e della realizzazione della parte inferiore dell’Orto.
Negli anni successivi la collezione dell’ orto arrivo’ ad avere circa 9.000 specie vegetali e la presenza di due stufe ( temperata e calda ) per la crescita di piante esotiche .

Fece seguito un lungo periodo buio alla fine del quale l’ orto versava in uno stato di totale disfacimento . Durante la guerra le strutture in ferro furono divelte per essere destinate ad uso militare e furono introdotte su larga scala coltivazioni di legumi, patate e grano per la popolazione affamata che invase varie volte  l’Orto per trovarvi rifugio e acqua.
I bombardamenti devastarono, al pari della città, anche l’Orto, ma il vero scempio fu compiuto durante l’occupazione delle truppe alleate dove gli Istituti dell’Orto  furono  adibiti a caserma; i prati furono ricoperti con cemento o sterilizzati e utilizzati come parcheggio per gli automezzi militari; parte dell’Orto fu trasformata in campo sportivo.
Nel 1947 la struttura versava in uno stato di totale disfacimento ai quali seguirono quindi lavori di ristrutturazione che interessarono il vecchio e il nuovo istituto
Furono ripristinati i cancelli in ferro e restaurate le serre. I prati furono liberati dalle pavimentazioni in cemento e arricchiti da essenze arboree. La “valletta”, in cui erano riunite piante alpine, fu trasformata in “filicetum”.
Durante l ‘ultimo disastroso terremoto che ha colpito la città furono verificati notevoli danni al Castello, così come all’Orto, che fu invaso per alcuni giorni dalla popolazione in cerca di rifugio e persino da mezzi corazzati che intervennero per un’emergenza riguardante l’adiacente Albergo dei Poveri. Liberato con l’ausilio della forza pubblica, l’Orto fu dotato di un servizio di sorveglianza armata, anche per arginare i continui furti perpetrati ai danni della struttura.
Il Castello, che il sisma aveva parzialmente distrutto fu poi in seguito totalmente restaurato. Il complesso delle nuove serre furono dotate di impianti di riscaldamento e di umidificazione, mentre le piccole serre da lavoro furono ristrutturate.

La rete idrica fu completata, cosicché ogni zona dell’Orto oggi e’ raggiunta dall’acqua di un pozzo artesiano
Attualmente, la superficie totale dell’Orto botanico di Napoli è di quasi 12 ettari, sui quali sono presenti circa 9000 specie per un totale di quasi 25.000 esemplari di 10mila specie diverse provenienti da ogni parte del mondo.

Dopo aver fatto una  rilassante passeggiate nell’orto botanico preparatevi ad una altra passeggiata stavolta ricca di arte e musei .
Lungo Via Foria , alla nostra sinistra , imbocchiamo Via Duomo cioe’  la «Via dell’Arte» o meglio ancora la  «Via dei Musei» come è stata recentemente battezzata; una passeggiata culturale che racchiude ben 8 splendide meraviglie dell’arte napoletana, uno scrigno prezioso che abbraccia simbolicamente chiese e musei con un elevatissimo patrimonio storico e culturale
I poli museali della zona  sono : Museo d’Arte contemporanea DonnaREgina (M.A.D.RE)- Museo Diocesano –  il Museo del Tesoro di San Gennaro – Monumento Nazionale dei Girolamini – Il l Pio Monte della Misericordia – Il Complesso Monumentale di San Severo al Pendino, ed il  Il Museo Civico “Gaetano Filangieri .
Ma incontreremo anche  altrettante  importanti chiese ricche di preziose opere d’arte che non possiamo mancare di vedere come Il Duomo , La chiesa dei Girolamini ,la chiesa di San Giuseppe ai Ruffi e la  chiesa di San Giorgio ai Mannesi .
Inoltre vedremo anche degli importanti scavi archeologici che hanno portato alla luce l’antico complesso termale di San Carminiello ai Mannesi .

Sulla nostra sinistra dopo un po’ incontreremo in una piccola traversa il Museo MADRE.
Il Museo d’Arte contemporanea DonnaREgina (M.A.D.RE ) è il primo museo d ’arte contemporanea situato nel centro storico di una città con  la più interessante collezione d’arte contemporanea d’Italia .  La rivista  Artribune, il noto magazine dedicato al mondo dell’arte contemporanea, nell’articolo “Tutto il meglio del 2015 nel mondo dell’arte” ha premiato il Museo Madre come Miglior Museo d’Italia di arte contemporanea.

Sempre lungo Via Duomo , incontriamo usciti dal Museo MADRE , la bella chiesa di San Giuseppe dei Ruffi la cui facciata a portico fu realizzata in stile barocco da Arcangelo Guglielmelli ( discepolo di Dionisio Lazzari ) ed  il cui interno fu quasi completamente costruito dall’architetto Dionisio Lazzari .
Nel suo interno sono presenti dipinti di Luca Giordano , Giacinto Diano , Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio e Francesco De Mura ( affresco della cupola ).

Usciti dalla chiesa , sulla nostra sinistra , percorrendo il vico Donnaregina possiamo una volta giunti al largo Donnaregina ,di fronte al palazzo Arcivecovile , ammirare la trecentesca chiesa di Santa Maria Donnaregina , frutto del restauro operato tra il 1928 e il 1934,  dall’architetto Gino Chierici .

Si tratta  di due chiese addossate e intitolate a Santa Maria Donnaregina: la vecchia (gotica) e la nuova (barocca), che appaiono unite per le absidi tra le quali un tempo si apriva un percorso oggi non piu’ esistente .

Il primo complesso della chiesa fu costruito in stile gotico , su  disegno di Giovan Giacomo Conforto per volere della regina Maria d’Ungheria, moglie di Carlo II d’Angio’nel 1293 , su  disegno di Giovan Giacomo Conforto , che dono’all’ordine gioielli e rendite provenienti dalla vendita di vino greco prodotto nei possedimenti reali di Somma.
La regina ,  fu madre del francescano Ludovico destinato a divenire vescovo di Tolosa e santo nel 1317  e di Roberto, re di Napoli .
Essa fu molto legata a questa chiesa e alle clarisse che vi dimoravano al punto che alla sua morte , il monastero veniva ricordato nel testamento tra gli eredi principali della sovrana e volle che alla sua morte il suo sepolcro realizzato dallo scultore senese Tino di Camaino e da Gagliardo Primario, fosse deposto proprio nella amata chiesa .
La celebre tomba, ultimata nel 1326, oggi ancora presente nella chiesa è tra le opere più importanti di Tino di Camaino . Il magnifico monumento, con un baldacchino gotico, mostra la regina distesa su un sarcofago retto da virtù che presenta i suoi figli sotto degli archetti .

Nella chiesa , nella quale si accede dalla maestosa scalinata della chiesa barocca sono conservate architetture e opere di grande interesse come il già citato monumento sepolcrale di Maria d’Ungheria ed il  coro delle Clarisse , decorato con il più vasto ciclo di affreschi trecenteschi oggi superstite a Napoli attribuito alla scuola di Pietro Cavallini .
Il suo altare maggiore e’ opera di Giovanni Ragozzino e Giovanni di Filippo : ai lati due grandi dipinti di Luca Giordano ( le nozze di Cana e la moltiplicazione dei pani e dei pesci ) considerate le sue ultime opere.
La facciata seicentesca venne costruita fra gli ultimi mesi del 1625 e la prima metà del 1626 ; il portale marmoreo è opera invece  di Bernardino Landini eseguito nel 1647.
All’ interno della chiesa ha sede IL MUSEO DIOCESANO di Napoli che presenta una ricca collezione di arte sacra consistente in  quattromila metri quadri di esposizione e trecento opere distribuite per aree tematiche diverse.              Prima di lasciare  largo Donnaregina non possiamo non lanciare uno sguardo al Palazzo Arcivescovile ed ai suoi tre portali d’ingresso in piperno che risalgono alla metà del seicento.

Finita la visita alla chiesa , alla nostra sinistra , si erge il  piu’ importante edificio di Napoli che ospita ” o padrone e casa ” cioè il sepolcro di San Gennaro .
Qualsiasi regnante insediatosi a Napoli nel corso dei tempi , prima di entrare in possesso della città’, si e’ recato innanzitutto ad onorare il santo protettore presso il Duomo non mancando di omaggiarlo in segno di devozione di preziosi doni ( opere d’arte, gioielli, argenti ) che nel corso dei secoli hanno contribuito a costituire uno dei tesori più ricchi e importanti al mondo pari a quello della Corona d’Inghilterra  oggi custodito nel  Museo del Tesoro di San Gennaro.
La differenza con altri famosi tesori accumulati ed esposti nel mondo ( compreso quello della Corona d’Inghilterra ) e’ che quello di San Gennaro e’ solo il frutto di donazioni e non di conquiste fatte talvolta con grossi spargimenti di sangue ed eccidi .
I vari imperatori re e regine sia perche’ devoti sia per ingraziarsi il popolo hanno finito per donare al nostro Santo una vasta serie di gioielli che sommato  a un patrimonio di beni popolari ed anche  papali  e’ arrivata a raccogliere una collezione di 21.610 capolavori .
Tra le opere d’arte , piu’ belle e preziose sono da menzionare certamente la splendida mitra gemmata con 3694 pietre preziose realizzata dall’orafo Matteo Treglia ( la mitra, che serviva da copricapo alla statua di san Gennaro durante le processionie) e la leggendaria famosa collana realizzata con 13 grosse maglie in oro massiccio e argento con appese croci tempestate di zaffiri , e smeraldi ( vero capolavoro da fare invidia alla corona inglese ) fatta da Michele Dato nel 1679 . Questa collana e’ stata arricchita fino al 1879 di varie pietre preziose con le donazioni di regnanti di tutta Europa.

Il Duomo in stile gotico  fu  edificato da Carlo d’Angiò nel 1294, nel luogo dove sorgevano due antiche basiliche: Santa Restituta e la Stefania.
Per lasciar posto alla nuova costruzione, quest’ultima fu completamente demolita, mentre la basilica di Santa Restituta fu ridotta al ruolo di cappella laterale.

Il duomo di Napoli ha subito numerose ristrutturazioni nel corso dei secoli a causa dei numerosi terremoti, ma la parte che ha subito più cambiamenti è stata proprio la facciata.
L’originaria facciata trecentesca , angioina fu distrutta, insieme al campanile, dal terremoto del 1349 ; del rifacimento quattrocentesco rimane oggi solo il portale maggiore, opera di Antonio Baboccio da Piperno; a fine ‘700 si mise in opera infatti un ulteriore rifacimento, su progetto dell’architetto romano Antonio Senese, mentre è alla fine dell’ ‘800 che si deve il disegno della facciata attuale, commissionata dal cardinale Sforza ad Enrico Alvino, e inaugurata solo nel 1905.
La facciata che si può ammirare oggi è larga 46,5 metri e larga 50 m; è dotata di tre portali, uno principale e due laterali.
La porta di destra viene aperta soltanto in casi eccezionali: le festività legate a San Gennaro, l’ingresso ad una funzione religiosa da parte di un membro della famiglia reale regnante e il matrimonio di un Capece Minutolo.

La pianta della chiesa è a croce latina a tre navate, nella quale trovano posto numerose cappelle. Le navate si estendono per quasi cento metri con una sequenza di otto pilastri per lato (per un totale di 110 colonne), ognuno dei quali costituito da granito orientale e africano, su cui poggiano gli archi ogivali decorati con stucco e marmo.
Alle pareti della navata trovano posto dipinti di Luca Giordano, mentre sui 16 pilastri della stessa navata, sono sistemate le edicole con i busti dei vescovi della città, scolpiti tra il 1600 e 1700, mentre sulla controfacciata, dal 1599, si trovano i sepolcri degli Angioini per volontà di Domenico Fontana.
Le navate laterali, con le loro cappelle e nicchie, testimoniano i vari passaggi nell’arte e nell’architettura napoletana nel corso dei secoli. Tra le tante cappelle, due si distinguono sopra le altre per dimensione e rilevanza artistica.
La già citata Santa Restituta riveste un particolare interesse storico, quale esempio di architettura paleocristiana inglobata nell’attuale Cattedrale: l’antica basilica voluta dall’imperatore Costantino -rimaneggiata con stucchi e affreschi nel Seicento a seguito di un terremoto- si presenta con tre navate divise da colonne, ed ospita oggi opere di Luca Giordano e sculture trecentesche. A destra dell’abside c’è l’accesso al Battistero di San Giovanni in Fonte, considerato il più antico d’occidente.

Risale invece alla prima metà del XVII secolo una delle principali testimonianze storico-artistiche del Duomo: la Cappella del Tesoro di San Gennaro, realizzata come ex voto con l’impegno di tutto il popolo napoletano, e con il contributo di artisti tra i più importanti della scuola barocca.
La sua fondazione ebbe inizio nel gennaio del 1527, quando, nel corso di una terribile pestilenza, per ringraziarlo della sua intercessione ,gli Eletti della città di Napoli emisero il voto popolare di fare erigere una nuova e piu’ grandiosa cappella per custodire le reliquie del Santo Patrono. Cessata l’epidemia si cominciò a dare compimento al voto.
E’ in questa cappella che tutti gli anni, nel primo sabato di maggio, si attende con ansia il miracolo della liquefazione del sangue del santo.
Il cancello e il pavimento disegnati dal Fanzago, i marmi pregiati, le sculture di scuola berniniana, gli argenti lavorati, l’altare del Solimena, i numerosi affreschi e pitture e le nicchie che custodiscono il busto d’argento e le ampolle col sangue di San Gennaro rendono la cappella una vero e proprio gioiello artistico, un concentrato di capolavori dall’inestimabile valore.

Se ancora non siete completamente soddisfatti ( ne dubito ) del nostro percorso artistico di fronte a noi dal lato opposto della strada potete scorgere e di conseguenza andare a
visitare il Complesso Monumentale dei Girolamini : uno  splendido edificio con annessa  chiesa e chiostro , ma sopratutto con una ricca antica biblioteca ed una magnifica quadreria ricca di opere eccezionali .
Il complesso dei girolamini è tra i più vasti edifici di culto napoletano e una delle più importanti concentrazioni culturali della citta’ .

 

Il complesso fu edificato tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento e deve il suo nome ai religiosi seguaci di san Filippo Neri che ebbero come loro primo luogo di riunione la chiesa di San Girolamo della Carità a Roma .
Il motivo per cui sacerdoti dell’ononimo complesso, vennero soprannominati dai napoletani “Girolamini” era proprio perchè provenivano dalla Chiesa di San Girolamo .
Il complesso comprende  oltre alla monumentale chiesa basilicale , due bei chiostri , una prestigiosa pinacoteca , la famosa Biblioteca statale ( ospitata nell’Oratorio dei Girolamini ) che ha 160 mila volumi religiosi e laici, numerosi manoscritti del Seicento, ventisei “Legature Canevari”, oltre seimila composizioni e opere musicali , la cappella dei Dotti , la cappella dei bambini , e l ‘ oratorio degli artisti ovvero dell’ Assunta.
La pinacoteca  è un piccolo museo con opere di pittori appartenenti alla scuola napoletana come Massimo Stanzione – Luca Giordano – Battistello Caracciolo -Francesco Solimena oltre a opere di Guidi Reni – Sammartino – Ribera e Francesco Gessi .

La chiesa fu eretta nel 1590 su progetto di Giovanni Antonio Dosio , mentre la cupola e la facciata furono opere di Dionisio Lazzari .
La facciata in un secondo momento fu rifatta su disegno di Ferdinando Fuga.
L’ interno di questa chiesa è molto grande e riccamente decorato da affreschi di Luca Giordano – Francesco Solimena – Giovanni Bernardino Azzolino – e Belisario Corenzio mentre ritroviamo sculture del Bernini .
In questa chiesa , non sempre visitabile in quanto sconsacrata , si trova il sepolcro del filosofo Gian Battista Vico

Ritornati in Via Duomo , in un prolungamento della Via Tribunali che incrocia la stessa strada , al numero 253, troviamo il seicentesco edificio del Pio Monte della Misericordia , costituito dalla Chiesa dedicata a S. Maria della Misericordia  e, al primo piano, da una bellissima Pinacoteca che custodisce una delle più importanti raccolte private italiane aperte al pubblico:  circa 150 tele  dei più noti pittori attivi a Napoli, tra cui Luca Giordano, Vaccaro, Stanzione, Caracciolo e Ribera, oltre che la prestigiosa collezione donata dal pittore Francesco De Mura.

Francesco De Mura donò in eredità all’istituzione 180 dipinti da lui eseguiti e destinati secondo il suo volere ad essere venduti all’asta per aiutare il Pio Monte a far fronte alle opere assistenziali da mettere in atto; delle tele donate ne sono rimaste in sede solo 33 grazie ad un divieto assoluto di cessione delle sue opere d’arte sancito dal  Pio Monte nel 1914 .
Ma il vero  vero fiore all’occhiello del complesso e’ uno dei dipinti più famosi del Seicento :”  Le Sette opere della Misericordia di Caravaggio ” ,  il grande quadro dell’altare maggiore eseguito da Caravaggio tra il 1606 e il 1607.

Nelle vicinanze non possiamo mancare di dare uno sguardo all’antico complesso termale di San Carminiello ai Mannesi a Napoli , che sorge  in un’area che si trova  all’incrocio fra Via Carminiello ai Mannesi e Via Duomo.
Si tratta di un meravigliso sito archeologico scoperto per puro caso nel 1943 durante i lavori per la rimozione delle macerie della chiesa di Santa Maria del Carmine ai Mannesi, sventrata e distrutta in seguito ai bombardamenti avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale

La piccola chiesa  venne completamente rasa al suolo durante un’incursione aerea e solo grazie ai lavori di recupero si è scoperto  che i muri e il fondo della chiesa nascondevano i resti di un grosso edificio d’età romana.
I resti ora visibili  portati alla luce dai scavi eseguiti  coprono un’area di circa 700 m2, ma la gran parte del sito  è ancora conservata sotto gli attuali fabbricati .
Lo scavo collocabile cronologicamente fra la fine del I sec. a.C. ed il II sec. d. rappresenta una delle poche strutture di epoca romana visibile  a cielo aperto nell’ambito del centro storico di Napoli.
L’ambiente absidato con pavimento a mosaico bianco e nero era probabilmente parte di un’abitazione privata d’età repubblicana che, in età imperiale, fu inglobata nelle fondazioni di un edificio più grande con ambienti a volta .
La  grande casa privata in età imperiale, dopo il terremoto del 62 e l’eruzione del 79 d.C., fu poi convertita in grande complesso termale di cui  sono state identificate le condutture idrauliche, alcune vasche in marmo ed un mitreo in cui e’  rappresentato  il dio Mitra nell’atto di sacrificare un toro.

Un po’ piu’ avanti ad angolo con Via Duomo si trova l a Chiesa di San Giorgio  ai Mannesi costruita fra la fine del IV e gli inizi  del V secolo d.C su volontà dell’allora Vescovo di Napoli San Severo , le cui spoglie (ritrovate nelle Catacombe della Sanità) furono poi qui traslate e sono custodite ancora oggi, sotto la mensa dell’altare maggiore della chiesa. Insieme ai resti mortali è custodito anche il famoso «Battistero» (impiegato per officiare il rito del Battesimo) considerato il più antico d’Occidente ed il più importante di Napoli.
Grazie al suo fondatore ,  per i primi secoli, la struttura prese il nome di San Severo e venne chiamata “la severiana”, ma bisogna dire che al suo interno esisteva già una cappella dedicata a San Giorgio.
«La Saveriana» durante il IX secolo,fu poi intitolata al grande martire guerriero San Giorgio , una delle figure cristiane più importanti e suggestive, legata al mito fantasioso del «Drago» simbologia dell’eterna lotta del bene contro il male.
Durante questo lasso di tempo, il culto di San Severo molto sentito per lungo tempo  venne a mancare e sostituito nel tempo dal culto popolare dal guerriero San Giorgio.

Per lungo tempo ( tutto il Medioevo ) fu una delle quattro parrocchie di Napoli, insieme a quella di dei Santi Apostoli, di Santa Maria Maggiore e di San Giovanni Maggiore  e  divenne l’edificio di culto e di devozione locale piu’ amato e frequentato da parte del popolo, tra Forcella e Spaccanapoli.
Nel 1640 purtroppo un incendio distrusse buona parte della chiesa, la cui  ristrutturazione fu  affidata a Cosimo Fanzago che in quell’occasione  nel corso dei lavori  invertì l’orientamento della chiesa spostando  l’ingresso principale ( quello attuale ) in quello che in origine era l’abside della primitiva chiesa paleocristiana .

Ma la chiesa subì un’altro sconvolgimento: nella seconda metà del 1800, nel corso dei lavori del “Risanamento di Napoli” per allargare via Duomo, infatti, una delle tre navate fu eliminata( sacrificata )  e le cappelle che si affacciavano su di essa vennero sostituite da altari. Oggi, perciò, le navate sono soltanto due al posto delle tre iniziali.
“La chiesa tagliata “, mutilato della navata di destra, ha conferito alla facciata esterna un’evidente asimmetria visibile da Via Duomo ( che un tempo  risultava essere un vicolo secondario, uguale agli altri vicoli adiacenti ).
Si voleva demolire anche l’abside paleocristiana, ma la forte opposizione di studiosi religiosi e laici di tutta Italia, ebbe la meglio sulla furia demolitrice.
Nella varie cappelle possiamo ammirare affreschi di Francesco Solimena mentre alle spalle dell’altare maggiore possiamo anche ammirare due giganteschi dipinti di Alessio D’Elia (pittore della scuola di Solimena )  che si fronteggiano. Da un lato, a sinistra, troviamo un grande meraviglioso  dipinto di grandi dimensioni , raffigurante San Giorgio che valorosamente combatte contro il drago che occupa da solo circa quaranta metri quadri di parete . Dall’altro lato, invece, a destra, si trova un altro  enorme dipinto di grandi dimensioni che raffigura  San Severo.
Recentemente durante un restauro della parte del coro si è scoperto che la tela di San Giorgio nascondeva un grande affresco di Aniello Falcone,( che in questa chiesa era stato battezzato nel 1607 )  raffigurante San Giorgio, che in groppa ad un bianco cavallo impennato e lancia alla mano, affronta ed uccide il drago liberando una donna.
Una bellissima opera del 1645 che, a differenza di altri affreschi dell’artista, ha mantenuto splendidamente conservati i suoi colori.
Questo capolavoro è visibile in quanto oggi , la sovrastante opera del D’Elia è stata sistemata su un telaio incernierato che è spostabile con una lunga corda al fine di rendere visibile anche il sottostante nascosto affresco del Falcone.

Questi possedeva una bottega a Napoli nella quale accoglieva giovani talentuosi ai quali insegnava le proprie arti  tecniche pittoriche. Tra questi figurano artisti di grande successo quali Luca Forte, Salvator Rosa, Micco Spadaro e Andrea De Lione.
Proprio questi ultimi tre fecero parte, insieme ad Aniello Falcone, ( fece parte del gruppo anche lo stesso Masaniello ) di una compagnia da lui stesso creata e chiamata “Compagnia della Morte“ costituita da abili , animosi , terribili e vendicativi spadaccini .
La compagnia era stata creata da Aniello Falcone per vendicare l’uccisione di un amico di Falcone attraverso lo sterminio di qualsiasi spagnolo presente a Napoli.
La compagnia divento’ un vero incubo per i soldati spagnoli poiche’ i terribili spadaccini non mancavano di uccidere tutti gli spagnoli che gli venissero a tiro .

Vicino alla splendida chiesa possiamo scorgere il Complesso Monumentale di San Severo al Pendino. La chiesa attualmente sconsacrata e’ oggi sede di importanti mostre ed esposizioni e ospita nel suo interno convegni di vario genere.

Nella vicinanze e’ presente il Museo Civico “Gaetano Filangieri” che conserva custodite preziose armature e numerose vecchie armi .Si tratta di un museo privato allestito nel quattrocentesco palazzo Cuomo e dedicato alle arti applicate , alle sculture ,alla pittura e alla conservazione di libri antichi .Sono infatti conservati nella sua biblioteca circa trentamila antichi preziosi volumi.

Il palazzo durante il periodo del risanamento nella costruzione della nuova via duomo doveva o essere abbattuto definitivamente oppure  essere abbattuto e poi ricostruito spostandolo di circa 20 metri dal luogo di origine .

Il principe Gaetano Filangieri proprietario dell’ edificio optò per la seconda ipotesi ricostruendo per intero il vecchio palazzo e recuperando anche la splendida facciata in bugnato . Adibiì poi nel 1888 questa sua dimora a Museo.

 

 

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