Il Ducato di Napoli durò circa cinque secoli diviso in due periodi. Nel primo periodo fu una provincia bizantina sotto il forte potere dei vescovi mentre nel secondo periodo fu un vero e proprio stato autonomo governato da un Duca.

Nel primo periodo, come già detto, fu una vera e propria provincia bizantina ma lentamente divenne uno stato autonomo grazie all’instaurarsi di una classe dirigente (con alla testa il duca) costituita da funzionari civili e militari i quali oramai governavano da soli (senza dichiarazioni di indipendenza dall’Impero bizantino). Fu in effetti una indipendenza di fatto che si espresse principalmente attraverso la nomina del duca che non avveniva attraverso un atto dell’Imperatore ma per volontà del popolo o meglio i capi di esso.

L’ Impero Romano d’Oriente, d’altronde trovava difficoltà nel gestire e difendere la provincia periferica di un così vasto territorio e tollerava di buon grado questa pseudo- indipendenza in quanto formalmente non cessò mai di essere un territorio bizantino.

All’inizio e per quasi un secolo la città fu gestita dal forte potere dei vescovi (il papa andava assumendo sempre di più una sorte di protezionismo su Napoli). L’autorità laica era esercitata dal giudice bizantino, coadiuvato dal duca per gli aspetti militari ma la supremazia era dei vescovi che dopo la scomparsa dei giudici assunsero anche i poteri civili.

Nel 638, decaduta la potenza dei vescovi, il duca che prima aveva solo poteri militari associò agli stessi anche quelli civili, diventando il capo assoluto alle dirette dipendenze dello stratego di Sicilia.
Iniziò così il ducato napoletano che durò per circa cinque secoli dove si successero 37 duchi. Possiamo considerare l’inizio del periodo autonomo vero e proprio con la nomina a duca di Sergio I, conte di Cuma che donando molte delle sue ricchezze a favore dei cittadini bisognosi acquisì tra il popolo grande popolarità.

Ritratto di Sergio, Duca di Napoli

Fu lui a dichiarare ereditaria la successione del ducato e da quel momento Napoli divenne un vero e proprio stato autonomo.
Il duca aveva tutto il potere di un sovrano assoluto: dichiarava la guerra e concludeva la pace senza consultare nessuno, imponeva ed aboliva le tasse, dettava leggi, arbitrava liti, sceglieva e nominava i funzionari e i magistrati.

Per quasi tutto il periodo ducale Napoli fu oggetto di desiderio dei Longobardi che a partire dal VI secolo cercarono in tutti i modi di impossessarsi di Napoli, considerata il loro potenziale naturale sbocco della loro potenza sul Tirreno e sul Mediterraneo.

I tentativi di conquistare Napoli da parte dei Longobardi di Benevento furono nel tempo continui ed incessanti. Ci furono ripetuti e poco riusciti tentativi di invasione; gli attacchi furono progressivamente sempre più continui e violenti e talvolta i napoletani furono più volte costretti a chiamare in loro soccorso la flotta saracena con cui intrattenevano buoni rapporti commerciali. L’alleanza con i saraceni minacciava comunque di accrescere la potenza degli stessi sul mediterraneo e a questo punto il duca Sergio unendo alle sue navi quelle di Gaeta, Amalfi e Sorrento mosse loro guerra sconfiggendoli a Punta Licosa.

La minaccia Araba comunque non si arrese facilmente e occupando Ischia pensò di aggirare Napoli puntando su Sorrento ma vennero di nuovo sconfitti dalla flotta napoletana ed i suoi alleati.
I saraceni puntarono allora su Ostia, risalirono il Tevere e saccheggiarono Roma, Fondi e Formia. Una volta giunti nel golfo di Gaeta si ritrovarono di nuovo di fronte la flotta napoletana sotto il comando di Cesario console (il figlio del duca Sergio) che li obbligò a ritirarsi.

Tre anni dopo, nel 849, fu costituita una nuova Lega navale costituita principalmente da Napoletani, Romani e Bizantini, il cui comando fu affidato al Console Cesario.

La flotta in una famosa battaglia a Gaeta sconfisse definitivamente i Saraceni; le scene di questa battaglia sono state immortalate dal grande Raffaello sulle pareti del Vaticano.

Il duca Sergio ebbe 4 figli; Cesario a cui e’ dedicata una strada a Napoli (per la citata vittoria sui saraceni), Stefano che fu vescovo di Napoli, Atanasio anch’egli vescovo (costruì chiese e un ospedale per i pellegrini) e Gregorio.

Il figlio di quest’ultimo, il duca Sergio II, fu di nuovo favorevole ai Saraceni e si pose contro lo zio Atanasio facendolo imprigionare ed esiliare.
Sergio II fu  infine arrestato e accecato da suo fratello Atanasio II che lo inviò prigioniero a Roma dal papa.
Atanasio II, in seguito, temendo il ristabilirsi del dominio Bizantino ritorna ad allearsi con i saraceni che si accampano nel Campo Moricino (così detto proprio per la presenza nel campo dei mori). I saraceni stabilitisi nel Campo Moricino (oggi attuale Piazza Mercato) ben presto con i loro atti vandalici incominciano a preoccupare il duca che decise quindi di allontanarli muovendogli di nuovo guerra.

Altro duca meritevole di attenzione ma stavolta in senso negativo è certamente Gregorio IV che temendo di essere invaso dai saraceni fece radere al suolo per meglio difendersi il Castrum lucullanum.
Giungiamo infine al famoso Sergio IV che spianò la strada ai Normanni. Questi dovette inizialmente fuggire da Napoli per riparare esule a Gaeta per sfuggire a Pandolfo IV.

Ma iniziamo con ordine: Nel 1029 il principe longobardo Pandolfo IV, signore di Capua per vendicarsi del duca di Napoli che aveva dato asilo ad un suo rivale, occupò la città di Napoli e costrinse il duca Sergio IV a fuggire per Gaeta.

Napoli, come detto in precedenza, non era mai stata occupata dai longobardi e tale impresa stavolta riuscì al principe di Capua solo perché voluta e favorita dallo stesso popolo napoletano che in quel periodo erano malcontenti del loro duca.

Rifugiatosi a Gaeta, Sergio IV incontrò Rainulfo Drangot che si trovava di passaggio in quel tratto di mare.

Rainulfo di Drangot era a capo di un gruppo di guerrieri normanni che spinti dalla loro natura avventurosa veleggiavano nel mediterraneo offrendo il loro braccio mercenario a chiunque lo richiedeva.

Sergio contratto il suo aiuto ed il normanno con i suoi guerrieri riuscì, sempre con l’aiuto dei napoletani a fargli riconquistare la città (i napoletani avevano infatti compreso nel frattempo di non averci guadagnato nulla nel cambio).

In compenso dell’aiuto, Rainulfo ebbe da Sergio la povera borgata di Aversa ed il titolo di Conte. Essendo a metà strada tra Napoli e Capua, la borgata occupata dai normanni poteva costituire nelle intenzioni di Sergio un valido baluardo tra lui e il suo nemico.

Affresco di Pietro Cavallini, 1300

I calcoli di Sergio però si rivelarono ben presto inesatti. Rainulfo dopo aver circondato Aversa di fossati ed averla munita di mura e torri facendone una vera e propria fortezza, incominciò a chiamare altri compatrioti a popolarla allettandoli con promesse di facili conquiste e decantando l’amenità dei luoghi.

Aversa divenne così, in poco tempo, il centro dell’espansione normanna che dilagò in Campania, Lucania, Capitanata, e Sicilia, spazzando via tutte le Signorie locali ed in poco più di due decenni, nel 1530, i nuovi venuti erano padroni di quasi tutta l’Italia Meridionale che per la prima volta era unita sotto un solo sovrano.

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