La splendida Villa dei Misteri di Pompei , ricca di meravigliose decorazioni pittoriche che rivestono le pareti ed i suoi pavimenti e’ situata fuori dall’area archeologica cittadina di Pompei , esterna alla cinta muraria della antica Pompei , ed è famosa e conosciuta in tutto il mondo sopratutto per gli affreschi con i ‘misteri dionisiaci’ riportati nella sua stanza centrale.
Alle pareti di questa stanza e’ riportata una cerimonia dionisiaca, descritta momento per momento, che è considerata oggi una delle più grandi pitture antiche esistenti conservate al posto originario in quanto le altre trovate sono tutte conservate al Museo Archeologico di Napoli.
Fu costruita nel II secolo a.C. ed ebbe il periodo di massimo splendore durante l’età augustea quando fu notevolmente ampliata ed abbellita. In origine era una villa d’otium, cioè una villa residenziale patrizia per il riposo a pochi passi dal mare , disposta su due piani e dotata di ampie sale e giardini pensili che guardando il mare , godevano di una vista incantevole sul golfo .
La costruzione subì varie modifiche per trasformarsi, nel periodo finale, in un’azienda agricola. Gli ultimi padroni di casa ( Istacidii ? ) era gente benestante e abile nello sfruttare i suoi possedimenti agricoli ampliando le funzioni della Villa che oltre ad avere ben 75 ambienti destinati all’agiata vita quotidiana, venne dotata anche di una zona “rustica”, dove si immagazzinavano raccolti e si produceva vino.
L’iniziale trasformazione avvenne in seguito al terremoto del 62 d.C. dove dopo un’ iniziale abbandono fu recuperata e poi trasformata in villa rustica con l’aggiunta di diversi ambienti per la lavorazione agricola ed in particolare del vino , grazie ai quali divenne un importante complesso agricolo e produttivo .
Successivamente anch’essa subi” la devastante e drammatica eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei nel 79 d.C
Non conosciamo il proprietario di questa residenza. Sappiamo soltanto che, in età augustea, la villa era custodita da un guardiano (procurator) di nome Lucio Istacidio Zosimo. Secondo altri invece pare che la villa sia appartenuta forse alla famiglia degli Istacidii, fra le più importanti della Pompei di età augustea .
La Villa dei Misteri é forse l’edificio più noto ed ammirato di Pompei, sia perché é il più bello e completo esempio di una grande villa suburbana, sia perché i suoi vari ambienti sono decorati con pitture di alto livello artistico, in particolare la sala tricliniare dove e’ presente il grandioso fregio figurato che ha dato il nome alla villa .
La villa infatti deve il suo nome al famoso fregio dipinto nel triclinio a sinistra dell’atrio .
La grande grande sala con dieci scene figurate sul cui significato si discute ancora , rappresenta oggi l’attrazione principale dei numerosi turisti .
L’interpretazione di queste scene è in realtà piuttosto problematica. Si è pensato alla rappresentazione di uno spettacolo di mimi o al ricordo dei preparativi per il matrimonio di una fanciulla , da identificare con la giovane seduta raffigurata sulla parete di destra. Non si è ancora raggiunta una soluzione definitiva anche se attualmente la maggior parte dei storici concordano nel riconoscere che le dieci scene figurate , rappresentino riti di iniziazione ai misteri dionisiaci che noi per quel poco che sappiamo ( dello svolgimento delle cerimonie per iniziati ) , dovevano terminare con la sfrenatezza causata dal vino e da sostanze allucinogene.
Le scene dipinte a grandezza naturale pare quindi che riguardino i “misteri” del dio Dioniso, Bacco per i romani, e per il mondo femminile.
Nella stanza centrale , la cerimonia dionisiaca, appare descritta sequenza per sequenza .
Considerando che il ciclo abbia inizio dalla parete nord, accanto alla porticina, nella prima scena é la lettura del rituale sacro, eseguita da un fanciullo ad una nuova adepta che ammantata , ascolta , sotto la guida di una matrona seduta .
Quindi il rito si svolge in una scena di sacrificio e di offerta e con un gruppo pastorale ove un Satiro suona la lira ,una sacerdotessa allatta e una donna manifesta un forte sconvolgimento per gli “strani” riti, quindi vediamo un altro satiro che mostra una maschera, il dio Dioniso adagiato su Arianna, un personaggio che scopre il fallo mistico, (oggetto di culto) , mentre lungo l’altra parete una figura alata flagella una donna raggomitolata che si rifugia in cerca di riparo sulle ginocchia di una matrona seduta ed appresso una baccante ignuda danza in preda all’esaltazione orgiastica. Infine la sposa si abbiglia portando a compimento il rito ed a chiusura del ciclo essa é rappresentata seduta e nobilmente ammantata, ormai iniziata e mistica sposa del dio.
Il fascino di questa pittura sta nell’atmosfera che essa riesce a creare con le figure che occupano tutte le pareti della stanza, alternandosi in una serie di sequenze che ha qualcosa di cinematografico
Esse narrano una “storia” drammatica, con severa compostezza il cui culmine della tensione narrativa è raggiunto nella scena rituale in cui una donna inginocchiata scopre il fallo, mentre un personaggio alato è intento alla flagellazione rituale.
Il fatto che qui si sia voluto realizzare un tale ciclo pittorico può spiegarsi con la circostanza che in quel momento la signora della villa era una iniziata e ministra per l’appunto di quel culto .
La splendida villa di rara bellezza fu scoperta tra il 1909 e il 1910 dallo stesso proprietario del terreno che ne effettuò poi lo scavo, e passò allo Stato Italiano solo nel 1930 a seguito dell’esproprio. Originariamente fu chiamata Villa Item e vi fu rinvenuta la statua di Livia in abiti da sacerdotessa oltre a numerosi resti umani.
Fin dal primo momento la scoperta suscitò il più vivo interesse, anche se nel corso dello scavo non fu recuperata molto suppellettile, né oggetti di lusso, come ci si sarebbe aspettati da una dimora tanto signorile. Ciò ha indotto gli studiosi a supporre che il settore padronale della Villa non fosse abitato al momento dell’eruzione, forse a causa dei lavori di ristrutturazione che vi si stavano eseguendo.
Questo dato è stato confermato anche dal ritrovamento di scheletri umani ( molto probabilmente si trattava di personale di servizio ) tornati alla luce proprio nella parte servile della casa. All’ ingresso della villa fu ritrovato il corpo di una giovinetta che forse aveva cercato di uscire di casa per tentare una via di scampo attraverso i campi, ma era stata soffocata dalla nube di cenere e gas sprigionatasi dal vulcano nelle ultime fasi dell’eruzione. Il corpo di un uomo fu invece ritrovato nello stanzino, ove si era rifugiato sperando di ripararsi dalla tempesta di ceneri e lapilli che imperversava fuori. Durante lo scavo fu effettuato il calco dell’uomo: attraverso il vuoto lasciato dalla decomposizione del corpo nella cenere solidificata, venne colato del gesso liquido che una volta rappreso ha restituito l’immagine della vittima. Altre tre donne si erano rifugiate nelle stanze del piano superiore del vestibolo. Sotto il peso dei lapilli le scale erano crollate, lasciando le sventurate tagliate fuori da ogni possibilità di fuga. In seguito l’intero pavimento della stanza crollò ed i corpi precipitarono nell’ambiente sottostante dove furono ritrovati dagli scavatori. Infine altri quattro corpi furono trovati nel criptoportico della Villa.
Muovendosi nei 2500 mq della villa, i visitatori possono trovare oltre i calchi di due vittime, la copia fedele di un torchio vinario.

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Negli ultimi decenni del II sec. a.C. prese il via la moda, da parte dell’aristocrazia romana, di costruirsi lussuose ville in Campania. Lungo tutta la costa, dai Campi Flegrei a Punta della Campanella, i più importanti personaggi storici di Roma vennero a costruire le loro ville: da Scipione l’Africano che possedeva una villa a Liternum, alla figlia Cornelia, che nella villa di Miseno educò i suoi figli, i celebri Gracchi, a Mario, Silla, Pompeo, Cesare, Bruto, Cicerone.

Una accanto all’altra, prima sulle colline, poi sempre più vicine al mare, e infine nel mare stesso, grazie alla scoperta di una malta idraulica che permetteva di costruire nell’acqua, sorsero ville lussuosissime, ove i ricchi romani potevano godere del meritato riposo dopo le fatiche della città. Queste ville erano tutte dotate di giardini e fontane con scenografici giochi d’acqua, piscine “olimpioniche”, ricchi settori termali, statue ornamentali e fastose decorazioni parietali e pavimentali. Per quanto numerosi siano i resti archeologici, essi non sono in grado di dare l’idea della ricchezza architettonica e decorativa di queste ville.
Ma accanto a queste ville di villeggiatura, chiamate dai Romani, “ville di ozio” (otium) esisteva un altro tipo di villa, definita rustica, che era destinata alla produzione agricola. L’eccezionale fertilità del territorio campano, il clima mite che permetteva diversi raccolti durante l’anno, determinarono il proliferare anche di questo tipo di villa. Nell’area circostante Pompei (Boscoreale, Boscotrecase, Scafati, Angri, Terzigno), sono state scoperte un centinaio di antiche fattorie, molte delle quali sono state nuovamente sepolte dopo essere state private degli oggetti e delle pitture che contenevano. Le ville rustiche erano generalmente di medie proporzioni, distinte in un quartiere residenziale per il proprietario (pars urbana), e un quartiere servile (pars rustica) con le stalle, gli impianti produttivi, le abitazioni dei servi. Le ville rustiche potevano essere abitate direttamente dal proprietario, ma più spesso la conduzione della tenuta era affidata a un colono (vilicus).
La manodopera era costituta prevalentemente da schiavi, ma non mancava anche personale di condizione libera. Il vino era il prodotto principale delle numerose aziende agricole sparse nel territorio dell’antica Pompei. Estesi vigneti esistevano sulle pendici del Vesuvio, sulle colline adiacenti e nella stessa città. Gli autori antichi ci tramandano i nomi dei maggiori vitigni dell’area vesuviana: l’Aminea, caratterizzata da grossi grappoli, la Pompeiana, la Holconia, la Vennuncula. Abbondante era anche la produzione di olio, frutta e cereali, e l’allevamento del bestiame. In alcuni casi una proprietà agricola poteva comprendere anche ambienti residenziali di lusso, mentre una villa al mare poteva essere circondata da terre produttive, e attrezzata con tutto il necessario per sfruttarne le risorse agricole. La Villa dei Misteri a Pompei costituisce uno dei migliori esempi di queste ville suburbane, signorili e rustiche insieme, che sorsero numerose nel territorio vesuviano, unendo la parte residenziale lussuosa, ad una zona produttiva.

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