In Piazza Riario Sforza, dove ora c’è la guglia di San Gennaro, fino al Medioevo, c’era la statua di un cavallo imbizzarrito di bronzo che si dice fosse scolpita dal mago Virgilio ,con una stregoneria e che tale statua avesse il potere di guarire i cavalli malati.
Il cavallo era posto su un alto piedistallo marmoreo nei pressi della Basilica di Santa Restituta , dove in tempi antichissimi si trovava il Tempio di Apollo eretto in onore del Dio solare e dove poi fu edificato il Duomo . Lì si portavano gli animali malati ornati di ghirlande di fiori e tarallini (simbolo del grano e della fertilità) che, per guarire, dovevano girare tre volte intorno alla statua .
Il colossale cavallo spari’nel 1322 per decisione dell’arcivescovo, il quale mal sopportava tali riti pagani , le credenze e le superstizioni attorno a quella scultura .
La statua poi fu fusa perché tali riti pagani erano invisi alla chiesa. Il corpo, si dice, servì per forgiare le campane del Duomo. C’è chi racconta che quando suonano, tendendo l’orecchio si sente il nitrito del cavallo di Virgilio.
Il cavallo aveva per i napoletani un grosso significato in termini di orgoglio e liberta’ poiche sessantanove anni prima , in occasione della conquista della città da parte di Corrado IV; questi aveva fatto mettere al cavallo un freno che lo imbrigliava , in segno di dominio sul popolo napoletano.
In tal modo il cavallo divenne simbolo della città di liberta’ e orgoglio .
La storia è diventata leggenda intrecciandosi alle vicende della testa di cavallo un tempo nell’atrio del palazzo di Diomede Carafa, Duca di Maddaloni, ai Decumani e oggi esposta nelle sale del Museo Archeologico Nazionale (una copia è nella stazione Museo della Metropolitana di Napoli e un calco di terracotta, in cattive condizioni, è nello stesso atrio). Il colossale cavallo sfrenato fu fuso integralmente, ma una certa corrente, nel corso dei secoli, ha condotto una mistificazione dei fatti, narrando che fosse stata risparmiata la testa, e che fosse quella presente nel palazzo Carafa in via San Biagio dei Librai .
Del Corsiero del Sole ( il cavallo di bronzo ) non esiste più alcun pezzo e la testa di proprietà di Diomede Carafa è tutt’altra scultura, realizzata a Firenze da Donatello .
La Testa di cavallo è menzionata per la prima volta in una lettera del 1471 in cui Diomede Carafa, conte di Madaloni, personalità di spicco della corte aragonese a Napoli ringrazia Lorenzo il Magnifico per avergli inviato in dono la scultura da Firenze. Da allora il bronzo rimase nel cortile di Palazzo Carafa (poi Santangelo), edificato nel XV secolo sull’attuale via San Biagio de’ Librai, in una zona corrispondente alla antica città greco-romana. L’immane scultura era circondata da vari pezzi scultorei, altrettanto degni di ammirazione, per la maggior parte antichi.
La Testa di cavallo di Napoli dovrebbe essere parte di un monumento equestre che Donatello avrebbe iniziato per Alfonso V d’Aragona, re di Napoli dal 1442 al 1458. Il monarca ambiva ad ottenere un monumento equestre a lui dedicato, simile a quello che Donatello stava concludendo a Padova per il Gattamelata, per collocarlo al centro dell’arco superiore dell’immane portale di ingresso a Castel Nuovo a Napoli, una delle opere più imponenti e ambiziose del primo Rinascimento italiano.
Desideroso da tempo di avere Donatello a Napoli per impegnarlo nella realizzazione del portale di Castel Nuovo, iniziato nel 1453, Alfonso riuscì a raggiungere l’artista grazie all’appoggio del mercante fiorentino Bartolomeo Serragli, agente di tante commissioni ad artisti fiorentini per committenti napoletani e di acquisti sul mercato antiquario per collezionisti di Firenze.
Nel febbraio del 1453 il Serragli inviò un proprio intermediario a Padova per stipulare un accordo con Donatello e pagargli un anticipo per “un cavallo di bronzo ancora da fare”.Nell’autunno del 1456 il Serragli effettuò altri pagamenti all’artista, che doveva aver portato a buon punto la parte superiore del monumento. Motivo ispiratore dell’opera fu probabilmente la Testa di cavallo antica che Donatello aveva visto a Firenze nel giardino di Palazzo Medici.
Di lì a poco però lo scultore dovette abbandonare l’opera bronzea non riuscendo a far fronte alle troppe commissioni, e nel 1457 andò a Siena, per poi tornare a Firenze solo nel 1461. Nel frattempo nel 1458 morirono sia re Alfonso che il Serragli. Il monumento di Donatello per Castel Nuovo rimase incompiuto, anche perchè il successore sul trono di Napoli, Ferrante I, non aveva l’interesse e il denaro per portare avanti i lavori dell’immane portale, ripresi solo nel 1465 e conclusi nel 1471.
Nel 1466 morì anche Donatello e l’opera a quel punto , seppure incompleta , fu inviata a Napoli da Lorenzo de’ Medici nel 1471, proprio nell ’anno in cui fu compiuta la conclusione del portale.
Ferrante d’Aragona, successore di Alfonso, decise di donare la testa , oramai inutilizzabile per l’Arco, a Diomede Carafa, illustre rappresentante della corte aragonese in città.
Quando il palazzo passò dai Carafa al marchese Santangelo, la testa di cavallo del cortile fu trasferita al Museo Nazionale al quale fu donata dai principi di Colubrano che erano sul punto di vendere lo storico Palazzo . Il Santagelo ne fece eseguire una copia in terracotta dipinta, collocandola sul piedistallo originale
Da quel momento la sostituita copia in terracotta ha continuato ad essere per due secoli l’attrazione di quel cortile. Impossibile non affacciarsi almeno una volta a contemplarla. Ma anche la copia col tempo , esposta alle ingiurie del tempo e delle intemperie si è deteriorata e ad evitare il peggio è intervenuto un provvidenziale restauro .

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