Il Grand Tour  era un lungo avventuroso viaggio per l’Europa a cavallo o in carrozza che durava intere settimane ,  mesi o anni . Esso veniva normalmente  intrapreso in genere da ricchi giovani dell’aristocrazia europea a partire dal XVI secolo ,ed era in genere  destinato a perfezionare il loro sapere con partenza e arrivo in una medesima città. Poteva durare da pochi mesi fino a svariati anni, e di solito aveva come destinazione  l’Europa e sopratutto l’Italia . Il particolare tipo di viaggio si diffuse sopratutto e fortemente tra le elite culturali europee .Le nobili famiglie dell’alta aristocrazia europea  tenevano molto a cuore l’istruzione dei loro giovani patrizi destinati a reggere un domani le sorti del loro casato o della loro nazione  e nel  completare gli studi ritenevano molto importante che essi osservassero , sotto la guida di un precettore, i costumi civili , culturali ma sopratutto politici, del restante  continente. Con questo viaggio tra meraviglie dell’antichità classica,  bellezze artistiche e naturali, ed  usi e  costumi di popoli lontani, queste nobili case aristocratiche europee  intendevano quindi meglio formare ed istruire i loro giovani figli  che provavano a diventare adulti.
In passato non esistendo potenti mezzi informatici come internet , grande diffusione di libri , tour operator , crociere e sopratutto soggiorni Erasmus, i giovani rampolli  di aristocratiche famiglie europee  dell’epoca destinati a carriere diplomatiche avevano un solo modo per conoscere il mondo: partire per il Grand Tour ovvero intraprendere un viaggio nei luoghi più significativi d’Europa ed in particolare dItalia .  Il particolare viaggio  era normalmente intrapreso dai giovani di buona famiglia più o meno all’età di 21 anni , per arricchire le proprie conoscenze. Esso venendo  considerato un importante momento di completamento della propria formazione culturale , storica e letteraria. finì  per rappresentare un importante momento  per ognuno di loro, nel passaggio dalla giovinezza al mondo adulto. Durante il viaggio, infatti  il giovane , passando il suo tempo in giro per i vari luoghi turistici aveva modo di conoscere  come oggi succede con l’Erasmus la vita al di fuori della sua famiglia ,migliorando in generale il loro bagaglio culturale di base , imparare nuove lingue, studiare e conoscere l’arte , l’architettura e la storia di antiche gloriose città’ europee  migliorando in assoluto  il loro bagaglio culturale di base

Accompagnati  solitamente da un tutor per i giovani ragazzi  inoltre il Gran Tour era anche   l’occasione  per conoscere il mondo esterno , partecipare a sfarzose feste , mescolarsi alla gente comune e commissionare in piena autonomia , in giro per i luoghi turistici  ritratti , cimeli o acquisti di  alcune opere d’arte secondo i loro mezzi e  possibilità economica .

Erano solitamente ragazzi di buona famiglia destinati ad avere un ruolo importante in società ( futuri governanti ). Accompagnati da un tutor, essi andavano alla scoperta della cultura del loro continente, attraverso le opere d’arte dei secoli passati, i reperti dell’antichità o entrando in contatto con grandi uomini di scienza.
Tra studio e divertimento la meta finale del viaggio era solitamente l’Italia, con le sue innumerevoli tracce di civiltà passate ed il numero impressionante di dipinti, affreschi e opere architettoniche. Le tappe obbligatorie erano Venezia, Roma e Firenze, e sopratutto  Napoli, alla scoperta delle rovine di  Ercolano e Pompei ma c’era chi si avventurava ancor più giù, fino alla Sicilia e ai segni rimasti della antica cultura greca. La Sicilia  offriva la possibilità di studiare l’arte greca senza dover affrontare il viaggio in Grecia, all’epoca dominio turco, con i rischi e le proibizioni che la sua amministrazione comportava ma era un luogo che offriva anche la possibilità di studiare i vulcani e l’arte orientale  nonchè  barocca di cui  l’isola era profonda custode .

Gli spostamenti avvenivano sempre lungo un percorso ben definito dai precedenti viaggiatori: non era consigliabile infatti uscire da questi tragitti, per via dell’alto rischio di brigantaggio. In mancanza di una vera rete di alberghi o strutture turistiche, i viaggiatori tendevano a sostare in locande o case private, segnalate spesso da amici o conoscenti che avevano fatto quell’esperienza prima di loro. Nei diari e nelle note dei viaggiatori si trovano infatti diversi riferimenti alla qualità dell’alloggio in cui hanno pernottato o alla cortesia dei padroni di casa. È proprio dal Grand Tour, del resto, che deriva il termine “turismo” per come lo intendiamo: un modo di viaggiare fine a sé stesso, caratterizzato dal desiderio dei viaggiatori di conoscere cose nuove e scambiarsi opinioni sulla loro esperienza.

La definizione di Grand Tour fece  per la prima volta la sua comparsa nel 1670 sulla guida di Richard  Lassels  The Voyage of Italy dove egli raccolse pubblicandole tutte le  sue osservazioni fatte durante i suoi cinque viaggi in Italia. Oltre che descriverne il patrimonio artistico e culturale, l’autore offriva anche notizie sulle caratteristiche del popolo italiano, e consigli pratici sulle difficoltà del viaggiare. In tantissimi seguirono le sue indicazioni, e per soddisfare la voglia di riportare a casa un ricordo delle emozioni provate durante quest’epico viaggio nacque come vedremo  la pittura da Grand Tour.
A questo libro ne seguirono famosi altri come quello dei pittori inglesi Jonathan Richardson  e suo figlio  Richardson ” An Account of Some of the Statues, Bas-Reliefs, Drawings, and Pictures in Italy ” e del tedesco Johann Wolfgang von Goethe intitolato ” Italienische Reise“.
La prima tappa  nel giro era solitamente Parigi e questo spesso sopratutto per i giovani inglesi significava attraversare la Manica per Calais, in Francia. Per molti giovani, l’attraversata rappresentava già una prova da affrontare, poiché la turbolenta traversata spesso causava il mal di mare ai viaggiatori. Dopo li attendeva  la nuova vita nella capitale francese . Il primo grande momento di qualsiasi giovane che intendeva effettuare il Grand Tour era necessariamente una sosta a Parigi  . Essa serviva sotto l’occhio attento del tutore a procurarsi un nuovo guardaroba completamente francese e alla moda e sopratutto imparare le buone maniere . Il loro comportamento spesso grossolano andava abbandonato ed era importante che loro  adottassero  le buone maniere che li avrebbe poi messi in evidenza nell’alta aristocrazia . Vestito come un francese, e indottrinato  di buone maniere , il giovane rampollo ora era pronto a essere introdotto in società. Parigi insomma serviva per farne un gentiluomo nei modi di fare e nel vestire . La Francia all’epoca  rappresentava il vertice dello stile e della sofisticazione.
L’Italia con la sua eredità della Roma antica, con i suoi monumenti, divenne uno dei posti più popolari da visitare. Oltre alla conoscenza del mondo antico, essi  vennero  a contatto con le opere di Palladio a Venezia e nel Veneto e con il Neoclassicismo a Napoli. Durante il viaggio i giovani potevano visitare le rovine di Roma, di Pompei,  di Ercolano e dei Campi Flegrei che in più offrivano la possibilità di studiare anche i fenomeni naturali legati alla sua attività vulcanica .
Il grande periodo in cui la maggior parte dei giovani europei si dedicò al  Gran Tour fu  durante il XIX secolo . Più tardi questo viaggio divenne alla moda anche per le giovani donne. Un viaggio in Italia con la zia nubile in qualità di chaperon faceva parte della formazione della signora d’alto ceto.
Tra queste ricordiamo  lady Anna Miller, in visita a Napoli nel gennaio 1770. Essa rimase  sedotta e incuriosita dallo sfarzo della nobiltà napoletana, soprattutto durante lo “struscio” di carrozze lungo via Toledo . Di questa strada ella scrisse ……..a volte arrivavano a passarne oltre seicento per le serate di gala. “Sono dipinte e dorate  da oscurare persino le più belle di Parigi. I volantes, i servi che fanno da battistrada, sono agghindati di tutto punto”.
Miss Mary Berry, ricca viaggiatrice inglese, descrisse invece  una giornata trascorsa a seguire alcuno processi in Tribunale definendo la città ricca  di giuristi, con oltre 40 mila avvocati.
Tutte amarono  il San Carlo. Lady Mary Montagu lo appunta sul suo diario personale: “Ieri  sono stata all’Opera per il compleanno della regina Maria Amalia:  Il teatro è di gran lunga il  più bello d’Italia”.
 Mariana Starke, coi suoi vademecum per viaggiatori nelle sue “Letters”, redatte tra il 1792 e il 1798, mette invece in guardai  i futuri viaggiatori dall’uso dell’acqua .Meglio scioglierci 5 gocce di acido solforico prima di berla, perché “trovarne di buona a Napoli è merce rara, a meno che non venga raccolta dalla fontana della Medina a largo Castello, la sola collegata all’acquedotto”.
Chi si avventurava nel Grand Tour (e ogni gentiluomo degno di questo nome doveva compierlo almeno una volta nella vita) voleva e doveva riportare a casa immagini bellissime e pittoresche dell’Italia, attraversata da Nord a Sud durante questo lungo e faticoso viaggio di formazione.
Come oggi farebbe oggi ogni comune viaggiatore attraverso il suo cellulare o la sua macchina fotografica anche allora ognuno voleva portare un’immagine del suo viaggio a casa propria  e  mostrarla magari ai suoi parenti o conoscenti .
Non avendo altri mezzi per captare immagini un momento importante del viaggio divenne  la commissione di un ritratto ad un noto pittore del momento, spesso durante una sosta prolungata a Roma, oppure anche il solo acquisto di vedute del paesaggio italiano. Tra i pittori che avevano questa clientela vi erano Pompeo Batoni, Canaletto, e Piranesi.ma anche numerosi pittori e scultori stranieri che vivevano in Italia ,   beneficiavano economicamente di questa pratica, sia con la vendita delle loro opere che offrendo i loro servizi come guide . Uno stuolo di pittori si specializzò in tal senso. Spesso si trattava di artisti stranieri che, giunti in Italia per sviluppare la loro formazione a contatto diretto con la bellezza e la storia, decidevano poi di rimanervi per anni o per tutta la vita, avvinti dalla bellezza dei monumenti e della natura, dalla luce così diversa rispetto a quella dei paesi natali, e dalla fascinazione di un popolo libero e irruente. Così iniziarono a vendere le loro opere proprio ai connazionali, che negli anni scendevano sempre più numerosi nel nostro paese. 
Visioni rilassanti dei laghi  lombardi  e  delle grandi campagne romane ,  i grandi palazzi veneziani che sembravano sorgere come un sogno dalle acque della laguna, Palazzo Vecchio con la sua austera mole, le rovine di Roma nell’ora incantata del tramonto, le dolcezze dei Castelli romani, Napoli con il suo temibile Vesuvio,  le  misteriose rovine di Pompei ed Ercolano, Portici con il suo famoso Museo Ercolanense , la dolcezza languida della Costiera amalfitana , il Vesuvio,  Paestum ed infine la Sicilia che  con le luci dei suoi limoni , del suo mare  e del suo forte sole appariva  così diversa dalle luci basse e timide  dei paesi del Nord dai quali provenivano i nobili e colti viaggiatori europei.

L’Italia  ricca com’era di reperti archeologici, antichi monumenti,  preziose biblioteche , e meravigliosi paesaggi  era un incredibile museo all’aperto a disposizione del viaggiatore   e la Campania in particolare rappresentava  un patrimonio inestimabile di monumenti, raccolte d’arte e paesaggi invidiati e osannati da illustri personaggi come Montesquieu, Goethe, Lamartine, Stendhal e Charles Dickens . Il Gran Tour in questo senso divenne quindi molto presto  con il tempo  non solo un viaggio per rampolli di nobili famiglie aristocratiche ma incominciò ad essere  un grande momento di cultura anche per affermati, noti scrittori e grandi artisti  che  arrivavano nel nostro Bel Paese per arricchire le proprie conoscenze.Tutto l’insieme delle esperienze e delle conoscenze acquisite durante il tour formavano in maniera indelebile il carattere dei viaggiatori, ed era considerato così importante da far dire al poeta e letterato settecentesco Samuel Johnson: «Colui che non ha viaggiato in Italia soffrirà sempre di un senso di inferiorità perché non avrà visto ciò che ogni uomo dovrebbe vedere»

Napoli , terza metropoli d’Europa divenne una tappa obbligata  del Gran Tour. Sopratutto per gli inglesi era un gran richiamo grazie alla presenza garantista in città di Sir William Hamilton  , rappresentante di sua Maestà Britannica presso il Regno di Napoli,. Egli oltre che gran gentiluomo era anche un grande appassionato di archeologia, precursore di vulcanologia ( esperto del Vesuvio ) , collezionista di opere d’arte ,  autore di molti dipinti con paesaggi, e cosa di non poco conto , anche uno strenuo  sostenitore dei primi scavi di Pompei ed Ercolano. Questi , formarono una delle raccolte più famose al mondo dando vita all’Herculanense Museum, che divenne presto una delle mete privilegiate del Grand Tour oltre che  simbolo della monarchia borbonica. Esso presente nella Reggia di Portici divenne  meta obbligata di studiosi, intellettuali e amanti dell’arte. Nel suo “Viaggio in Italia”, del 1787, Goethe lo definì “l’alfa e l’omega di tutte le raccolte di antichità” I vulcani in eruzione , gli echi delle antiche usanze greco- romane , i magnifici paesaggi ed i numerosi monumenti presenti in città apparivano agli occhi di questi visitatori come un mondo nuovo , completamente diverso dal loro.
Il viaggiatore erudito del ‘700 focalizzava il suo interesse per il Sud, centrando il suo viaggio sopratutto verso Napoli e la sua regione special­mente dopo i ritrovamenti diErcolano del 1738 e quelli di  Pompei  del 1748 attraverso i cui scavi venne riscoperto il gusto per la ‘grecità’ nei templi di Paestum e di Sicilia. Nel corso del secolo il fenomeno del Gran Tour assume proporzioni imponenti coinvolgendo un numero di viaggiatori inaudito e, al tempo stesso, subì un mutamento significativo. Sulla curiosità intellettuale dei protagonisti si innestò la passione antiquaria, a cui presto seguirà l’interesse per la natura e per i costumi popolari, provocando uno spostamento sempre più massivo dell’interesse verso il Meridione. Molti dei viaggiatori inizialmente si fermavano a Napoli, non osando continuare fino a raggiungere la Sicilia, considerata luogo primitivo e pericoloso, e furono le parole di Goethe a far scoprire a molti la bellezza scabra dell’isola e le sue molte emergenze artistiche: «Senza veder la Sicilia, non ci si può fare un’idea dell’Italia. La Sicilia è la chiave di tutto».
Dopo Napoli, inevitabile meta insieme agli scavi di Ercolano e Pompei, si affrontano quindi sempre più frequentemente ricognizioni in Sicilia o nelle regioni più ignote del Sud quali la Puglia e la Calabria; contemporaneamente si organizzano spedizioni in Grecia, Dalmazia, Spalato e Asia Minore per condurre sistematiche campagne di rilievi nei siti archeologici.
Solo la  Rivoluzione francese e Napoleone fecero ridurre il fenomeno . Molti infatti  sconsigliarono sopratutto ai rampolli inglesi di intraprendere avventurosi viaggi sul continente visti i cattivi rapporti Francia\ Inghilterra.
Nel capoluogo partenopeo grazie ai numerosi visitatori stranieri impegnati nel Grand Tour, nacque la famosa scuola Posillipo    in cui molti bravi artisti  dell’epoca come per esempio  Anton Sminck van Pitloo e Giacinto Gigante  abbandonando vincoli accademici e convenzioni  classiche lavorando  all’aria aperta, a contatto con il paesaggio e il sole partenopeo , realizzano piccoli quadri dipinti a scopo talvolta puramente commerciale destinati alla vendita ai forestieri .Gouache, acquarelli e oli luminosi riproducevano i luoghi più affascinanti visitati ed i bellissimi paesaggi del golfo napolatano. Questo divenne una  tappa imprescindibile del Gran Tour , ed uno dei luoghi topici del paesaggismo sei-settecentesco: l’olandese Gaspar Van Wittel ne fu uno dei primi cantori, facendo della città e dei suoi incantati dintorni una delle capitali del vedutismo.
Un incredibile numero di artisti  fece in seguito delle vedute napoletane un commercio ampio e diffuso, che attraverso i viaggiatori raggiungeva tutto il nord Europa. Spesso le richieste dei committenti erano molto convenzionali, e i pittori meno ispirati producevano più souvenir che arte (con la classica veduta panoramica del golfo, il pennacchio del Vesuvio fumante sullo sfondo). Alcuni però riuscirono a rielaborare le vedute più usuali con un sentire del tutto originale, come Jacob Philipp Hackert che le adattò allo spirito neoclassico dell’epoca, mentre il francese Joseph Vernet procedeva con un approccio più pittoresco enfatizzando i fenomeni atmosferici, e lo svizzero Louis Ducros nelle sue vedute sembrava invece preannunciare il romanticismo .

Nel tardo Settecento, in concomitanza col crescente interesse per l’antico e per la natura nei suoi aspetti sublimi, proprio in conseguenza del gran tour e dei meravigliosi racconti che ad esso seguivano si afferma in Europa la tendenza da parte di molti aristocratici committenti  di affidare ad alcuni  artisti il ruolo  di reporter:  cioè documentare in pittura quanto più fedelmente possibile fedelmente monumenti e paesaggi incontrati lungo l’itinerarioI committenti sono in prevalenza aristocratici o intellettuali in viaggio sulle rotte del Grand Tour, che desiderano ottenere fedeli riproduzioni delle tappe del proprio itinerario. Gli  artisti sono raramente pittori di corte, più spesso viaggiano per scelta e interesse personale oppure perché chiamati al seguito dei “granturisti”. Il pittore partecipa a queste spedizioni in qualità di reporter, riempiendo il proprio taccuino – strumento essenziale visibile in molti ritratti di artisti – con disegni realizzati sul luogo e rielaborati più tardi in studio o, al limite, nella locanda in cui si fa tappa. Da tale rielaborazione, che deve filtrare l’immediatezza della “presa diretta” ma non deve modificare con interventi arbitrari la trascrizione iniziale, l’artista ricava dipinti, acquerelli e incisioni. La medesima prassi viene seguita da quei pittori che viaggiano per conto proprio contando sulla possibilità di vendere a occasionali clienti, sempre viaggiatori, le proprie opere . Un esempio di resoconto pittorico spetta ad Antonio Joli, che nel 1759 realizza a Napoli tre vedute di Paestum.Pur eseguite in studio, le vedute sembrano basate su schizzi dal vero dei templi recentemente riscoperti.

Molto della nostra memoria visiva della nostra città  fra ’600 e  ’800 è frutto di questi dipinti e delle numerose gouache pervenuteci  ( la parola francese  gouache, deriva dall’italiano “guazzo” o guàdo).
La gouache è il nome della tecnica pittorica, dove il  quadro viene dipinto tramite una  tavolozza  formata da poca acqua addensata con otto colori ( nero d’avorio, blu cobalto, terra d’ombra naturale, terra di Siena bruciata, rosso cadmio, verde smeraldo, giallo Napoli od ocra giallo bianco di zinco).  Visto da una certa distanza il quadro somiglia ad una pittura ad olio.
Il padre di queste ” gouaches napolitaines  ” è considerato Jacob Philipp Hacke nonostante egli avesse avuto in città illustri predecessori (l’inglese Pietro Fabris ), il francese Pierre Jacques Volaire ), seguito da altri grandi pittori come D’Anna , Della Fatta e Fergola .
La gouache è il nome della tecnica pittorica, un quadro dipinto con acquerello alla gouache, parola francese derivata dall’italiano “guazzo” o guàdo. La tavolozza delle gouache è formata da poca acqua addensata con otto colori: nero d’avorio, blu cobalto, terra d’ombra naturale, terra di Siena bruciata, rosso cadmio, verde smeraldo, giallo Napoli od ocra giallo bianco di zinco. Colori stemperati, collanti vegetali, pigmenti; un intruglio misterioso che ogni autore di questo genere mantiene segreto. Visto da una certa distanza il quadro somiglia ad una pittura ad olio.

 

Pietro Fabris, Il venditore di cocomeri

Pietro Fabris, Vista di Napoli 1776-1779

Filippo Hackert, Il porto di Napoli

Pierre Jacques Volaire (1729-1799) - Foto di Omega - Flickr

Saverio Della Gatta, Il ritorno di Maria Carolina dalla Sicilia a Napoli (1799)

I nomi illustrii che hanno deciso di intraprendere il celebre viaggio sono moltissimi: Montaigne, Montesquieu, Lamartine , Charles Dickens , Stendhal, John Ruskin, il poeta Keats, Thomas Gray  e persino la scrittrice  Mary Shelley, autrice del Frankenstein. Ma quelli che hanno lasciato maggiori tracce del loro passaggio sono forse il celebre scrittore Johann Wolfgang von Goethe e il poeta inglese George Gordon Bryon. I loro Grand Tour avranno itinerari molto diversi e anche motivazioni diametralmente opposte. Se per Goethe si tratta essenzialmente di un viaggio in Italia alla scoperta delle bellezze artistiche e storiche, per Byron si tratta di un viaggio più turbolento, che parte dal Portogallo, passa per Venezia, ma giunge fino alla pericolosa Costantinopoli e alla straordinaria Grecia.

 

 

Per finire è con molto piacere che tengo a trascrivervi parte di quello  che Robert Adam , figlio del  famoso architetto William , annotò durante la sua visita a Napoli e dintorni  che secondo molti determinò gli sviluppi futuri del gusto inglese:

 

……  La mia meraviglia aumentò all’íngresso in città la quale credo sia superiore in numero di abítanti a Parigi e Londra. Le strade sono un continuo mercato, piene di folla. Le carrozze possono a stento passare. Un tipo di animale più gioviale ed allegro abita da queste parti, un tipo di persona più industriosa rispetto ad altri Italiani; questi lavorano fino a sera, poi prendono la chitarra e il liuto, che suonano bene, e gironzolano per la città, in riva al mare a godersi il fresco. Si vedono i loro bambini che saltano nudi e quelli più grandi ballano con le castagnette mentre gli altri suonano il címbalo. Dalle mappe potrete rendervi conto della posizione di Napoli. Si trova sul golfo più bello del mondo ed uno dei mari più tranquilli. Ha molte bellezze oltre quelle della natura. Abbiamo trascorso due giorni in luoghi straordinari intorno alla città, come il golfo di Baia con i suoi resti antichi, il lago di Averno e la Solfatara, l’antro di Caronte ecc. Siamo stati nella cava della Sibilla e molte altre strane cave nel terreno, ma il buco più strano che io abbia mai visto è quello che ho visitato oggi in un posto chiamato Portici (Ercolano) dove Sua Altezza di Sicilia ha una residenza di campagna. Circa un anno fa, mentre stavano effettuando degli scavi, vennero scoperti alcuni resti di edifici, circa trenta piedi sotto il livello stradale. Stanno ancora scavando e hanno fatto un percorso lungo oltre un míglio”.

“Con grande piacere e stupore abbiamo visto molte cose strane che sono state scavate, come statue, busti, affreschi, libri, frutti ed ogni sorta di strumento, dal materasso agli attrezzi chirurgici. Abbiamo attraversato un anfiteatro alla luce delle torce e seguito le fondamenta dei palazzi, i portici e le porte, le divisioni dei muri ed i pavimenti a mosaico. Abbiamo visto vasi e pavimenti di marmo appena scavati, e ci sono stati mostrati alcuni piedi di tavoli di marmo scavati appena il giomo prima. Nel suo insieme la città sotterranea, una volta piena di templi, colonne, palazzi ed altri ornamenti di buon gusto, è come una miniera in cui lavorano schiavi che riempiono stanze e procedono negii scavi andando avanti alla scoperta di altri resti. Ben presto mi sono reso conto che quanto si diceva, e cioè che la città fosse stata inghiottita da un terremoto, fosse una cosa falsa, era stato qualcosa ancora di peggio di un terremoto. Era stata sommersa da un flusso di pietra liquida dal monte Vesuvio durante l’eruzíone, è chiamata lava e quando si raffreddò è diventata dura come il basalto. Si può vedere uno strato spesso dai 50 ai 60 piedi in diversi posti, che era venuta giù così violentemente da travolgere tutte le case e ogni altra cosa che incontrava. Penetrava nelle case attraverso le porte e le finestre come si può vedere dall’anfiteatro di cui ho detto innanzi, del quale, la maggior parte degli ingressi, erano stati come artificialmente riempítí di solida roccia. Temo che non sapranno cosa farsene dei libri che hanno trovato. Sono così neri e distrutti che appena li toccano diventeranno cenere. Un prete ha inventato una macchina che separa i fogli uno ad uno e ne ha ricavato alcune pagine di un trattato scritto in greco, da un certo Bione, in difesa della filosofia epicurea ed un altro trattato contro la musica di un autore sconosciuto. Gli altri rotoli di libri non sono ancora riusciti a dispiegarli e temo che non ci riusciranno mai”.

 

 

 

 

 

 

ARTICOLO SCRITTO DA ANTONIO CIVETTA

 

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