La  chiesa di San Nicola da Tolentino con  il suo convento sorge immersa nel verde della collina di  San Martino , a ridosso del Corso Vittorio Emanuele. Ad essa vi si giunge attraverso  una piccola salita (o attraverso dei gradini ) di Corso Vittorio Emanuele . Salendo un breve tratto di strada oggi percorribile anche in auto perchè asfaltato ma un tempo costituito da soli gradoni  troviamo la chiesa con la sua scenografica  scalinata avvolta nell’incredibile silenzio del luogo che fa da contrasto con il rumoroso traffico di corso Vittorio Emanuele  (una  delle strade più panoramiche della città.) .

 

 

La chiesa, fondata dai Padri Agostiniani  fu costruita tra il 1619 ed il 1631 da  Giovan Giacomo di Conforto su di un terreno precedentemente appartenuto  al nobile Scipione de Curtis e poi  donato ai frati . Dopo  i padri agostiniani ( espulsi nel decennio francese ) , il complesso fu dato in gestione prima ai monaci di San Martino ( padri Certosini )  e, successivamente, ai padri Vincenziani della MIssione che preso possesso del complesso religioso nel 1860 vennero poi espulsi nel 1860   per poi rientrarvi ai primi anni del Novecento .La chiesa è ancora oggi gestita dai padri vincenziani nella figura di  padre Luigi Napoleone .

Tra i vincenziani che abitarono la chiesa, i fedeli ricordano particolarmente San Giustino De Iacobis per il miracoloso episodio avvenuto in occasione del colera del 1836 quando il padre organizzò una processione della Madonna Immacolata della Medaglia Miracolosa e per grazia, il colera cessò.

Il re di Napoli, Ferdinando II di Borbone  per l’occasione fece coniare e diffondere un milione di Medaglie Miracolose in oro, argento e alluminio. La statua della Madonna, è ancora oggi presente in una saletta accanto la Sacrestia

L’interno della chiesa ha subito nel corso dei tempi  una serie di interventi di restauro e di rifacimento tra cui certamente quello  più incisivo fu quello  effettuato da Domenico Antonio Vaccaro nel settecento con  numerosi stucchi e un pavimento di marmo bianco inserito al posto di quello originale maiolicato del 1733, di cui rimane qualche traccia nella seconda cappella di destra. Di  particolarmente prezioso vi è  l’altare laterale dedicato a San Nicola da Tolentino e le pareti del presbiterio che insieme al soffitto sono state dipinte da Saverio Altamura.  L’altare maggiore In marmo è opera dello scultore napoletano Bartolomeo  Granucci . Nella prima cappella a destra troviamo  il dipinto di Giuseppe Castellano  San Giuseppe col Bambino e i Santi Gennaro ed Elmo e, nella prima cappella a sinistra, due tele di  Giuseppe Simonelli  poste ai lati di un crocifisso ligneo seicentesco.

 

La volta venne affrescata nel 1890 da Vincenzo Galloppi, autore anche della decorazione pittorica dell’abside.  Sulla sinistra dell’abside fu realizzata, nel 1875 , una riproduzione della grotta di Lourdes. Dopo le apparizioni  a Lourdes della Madonna fu infatti esposta nella nostra città per volere di  molti fedeli nella chiesa di San NIcola a Tolentino una immagine della stessa Madonna in modo che tutti potessero venerarla.

Da quel momento la chiesa divenne il luogo prescelto dai napoletani per venerare la Madonna di Lourdes . L’immagine di carta dell’Immacolata , ancora oggi custodita nella chiesa , venne poi  poi sostituita da un plastico che mostra la Madonna inginocchiata insieme a San Bernardetta in una grotta  ( il plastico lo si trova, entrando in chiesa sulla sinistra ).

 

Successivamente ,  un gruppo di pellegrini di ritorno da  Lourdes  decise di riprodurre nella stessa chiesa  una grotta simile a quella di Lourdes che divenne di fatto un vero e proprio santuario dedicato alla Madonna  frequentato da numerosi devoti e meta di pellegrini che giungevano da ogni parte di Napoli e provincia per chiedere grazie.

 

 

 

 

 

Nella  grotta  al suo interno troviamo una statua della Madonna proveniente dalla Francia ed una pietra estratta direttamente dalla grotta di Lourdes . In breve tempo, la suggestiva grotta divenne meta di pellegrini che giungevano da ogni parte di Napoli e provincia per chiedere grazie. Pochi anni dopo anche l’altare maggiore, ampliato insieme al presbitero, fu dedicato alla Madonna di Lourdes.

Nel centenario delle apparizioni, fu costruito anche un maestoso organo che costituisce lo sfondo dell’altare maggiore.

 

Ciò che rende caratteristico il santuario, e forse unico tra tutte le chiese d’Italia, sono le pareti ed i pilastri ,( inclusi quella della Sacrestia) , ricoperta quasi per intero da lapidi ex-voto e da una serie infinita di iscrizioni marmoree  che attestano la riconoscenza all’Immacolata di Lourdes. Se ne contano più di tremila e tra le tante lapidi, rientrano anche nomi importanti come quello della famiglia del medico santo Moscati che dopo avere a lungo frequentato il santuario fece apporre nella chiesa una targa marmorea, tuttora visibile, in segno di gratitudine alla Vergine per una grazia ricevuta . Si  racconta in zona che anche lo stesso  Giuseppe Moscati spesso si recasse in questa chiesa prima di andare a fare visita agli ammalati.

Un tempo , prima che il colle di San Martino  incominciasse ad essere preda di una incontrollata  edificazione l’intera area era completamente immersa nel verde ricca di vastissimi terreni con boschi , uliveti , vigne e piante di frutto che arrivavano dalla Certosa di San Martino fino alla  Riviera di Chiaia senza alcuna interruzione, Nel Seicento, come tutte le aree verdi vicine al centro della città, divenne meta ambita per la fondazione di vari istituti religiosi come monasteri, chiese e conventi che  hanno poi avuto un ruolo fondamentale nel processo di trasformazione dell’ intera zona.

Già  a partire dalla fine del Cinquecento, in ossequio alle direttive del Concilio di Trento per una presenza capillare degli Ordini ecclesiastici sul territorio, incominciarono da parte del clero le acquisizioni delle grandi proprietà terriere fuori le mura per  costruire architetture religiose. Nel Seicento poi  la mancanza di controllo governativo produrrà uno sfruttamento intensivo dei suoli che cancellerà ogni residuo spazio pubblico libero. Sui terreni non occupati dalle fabbriche religiose, si concentrò infatti  l’interesse della borghesia meno ‘possidente’, quella, per intenderci, che non poteva ambire alle proprietà in via Toledo, consentite solo ai patrimoni aristocratici in auge.

Il terreno dove oggi sorge la chiesa con il suo maestoso convento apparteneva in quei tempi al nobile Scipione de Curtis, Regio Consigliere e Reggente del Supremo Consiglio d’Italia, (nel 1619 fu decorato col titolo di conte di Ferrantino, oggi Ferrazzano, un  feudo in provincia di Capitanata )  che con generosa carità nel 1613 volle fare donazione ai padri Agostiniani di un suo palazzo con annessa villa vicino alla celebre Certosa di San Martino con la promessa di trasformarlo in un convento di noviziati ( conservò comunque nel palazzo   un appartamento  con il diritto di abitarci fino alla morte insieme  alla  moglie ed a un suo fratello  monsignore ) . Il nobile De Curtis ,aveva già precedentemente  donato ai frati Agostiniani delle sue proprietà in Resina sempre  per la costruzione di un convento. Dopo la terribile  eruzione del Vesuvio del 1631  i frati che avevano sede ad Ercolano furono comunque costretti  a spostarsi da Resina, al colle di San Martino e l’intero complesso venne ampliato e rimaneggiato per meglio soddisfare le nuove esigenze dell’Ordine.  I frati rimasero in città fino al “Decennio Francese” quando furono costretti a lasciare Napoli e la struttura venne affidata ai monaci di San Martino e, successivamente, ai padri Vincenziani della Missione.

Gli  spazi verdi di raccordo con la collina di San Martino e Sant’Elmo e gli orti che delimitano tutta l’area vennero a poco a poco fagocitati da nuove costruzioni. Il territorio quindi cominciò sempre più a popolarsi e i vari  edifici che in origine presentavano un piano unico, nel corso del tempo, vennero sopraelevati fino a cinque piani per far fronte alla carenza cronica di abitazioni per una costante crescita della popolazione . Unica eccezione tutta l’area posteriore al convento ed alla chiesa di San Nicola da Tolentino  che  risparmiate dal cemento conservano ancora oggi giardini , vigneti , orti e antichi terrazzamenti dove oltre che respirare aria salubre si può godere uno dei più belli e suggestivi panorami su tutto il golfo di Napoli. Dalla  terrazza  dell’antico monastero e dai suoi fantastici  giardini posti  ai piedi della collina di San Martino si può infatti ammirare tutta la bellezza del golfo di Napoli .

Il prezioso giardino dell’intero complesso  è dal 2010  con i suoi 5mila metri quadri di verde , stato nominato ” Bene di interesse storico e artistico” e Monumento Nazionale del Ministero dei Beni e Attività Culturali.

 

 

CURIOSITA’ : A metà dell ‘ottocento visto l’importanza sempre più crescente dell’intera zona , fu costruita per volere di re Ferdinando II di Borbone  ( che la chiamò con il nome della moglie ” Corso Maria Teresa “) una strada che invece di passare in basso, tra le case, tagliasse in due la collina al fine di  collegare meglio i due estremi della città dell’epoca (  Chiaia e Capodimonte ) e collegare la città bassa con il crescente Vomero. La strada oggi chiamata impropriamente Corso Vittorio Emanuele si estende per una lunghezza  di circa 650 metri e tagliando la collina, fu di molta utilità per snellire il traffico delle carrozze e delle merci  ( di fatto un primo esempio di tangenziale in Europa ).  La strada che tagliava la collina  divise di fatto  la città in  due  zone , una   bassa ed una alta che  sarà poi trasformata nell’attuale villa Floridiana, in villa Lucia e parco Grifeo.

 

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